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Sto caricando le informazioni... Il giovane Holden (1951)di J. D. Salinger
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Da qualche settimana, da quando ho finito il giaguaro delle neve, mi ritrovo a pensare al ritorno. Questo lungo monologo proprio in questo momento si è sovrapposto a questi pensieri e ne è venuto fuori un mix strano di ritorno all’adolescenza. E poi quelle foto di me da studente universitario vestito quasi come sono vestito adesso, soltanto con una djellaba. Ritorno. Ma sono davvero mai partito? Sono passati più di sessant'anni da quando è stato scritto, ma continuiamo a vederlo, Holden Caufield, con quell'aria scocciata, insofferente alle ipocrisie e al conformismo, lui e tutto quello che gli è cascato addosso dal giorno in cui lasciò l'Istituto Pencey con una bocciatura in tasca e nessuna voglia di farlo sapere ai suoi. La trama è tutta qui, narrata da quella voce spiccia e senza fronzoli. Ma sono i suoi pensieri, il suo umore rabbioso, ad andare in scena. Perché è arrabbiato Holden? Poiché non lo si sa con precisione, ciascuno vi ha letto la propria rabbia, ha assunto il protagonista a "exemplum vitae", e ciò ne ha decretato l'immenso successo che dura tuttora. Torna, in una nuova traduzione di Matteo Colombo, il libro che ha sconvolto il corso della letteratura contemporanea influenzando l'immaginario collettivo e stilistico del Novecento. Ragazzo di 16anni, che viene espulso da scuola, (nuovamente) che decide di lasciare all'istante la scuola. Vaga per New York, non sa nemmeno lui bene dove andare, chiama diversi amici, conoscenti, perche passino insieme a lui la serata...Depresso vaga, da un appuntamento all'altro, rivanga il passato, odia il mondo e le persone che lo circondano, si sbronza..Fin quando inizia ad avere nostalgia della sua sorellina, Phoebe.. Il dialogo che ne esce con questa ragazzina è stupendo.....Il finale ripaga della trama quasi inesistenza del libro... Da restarci secco Tenero Holden!!! Ma alla fine dove vanno le anitre di Central Park, d'inverno, quando quel dannato laghetto è gelato ?? Credo siano pochi i libri in cui il protagonista è così invadente, così iconico da travalicare la storia concepita dall’autore e dare il via a una vita propria. In questo senso, il titolo italiano mi sembra quasi più adatto dell’originale – il centro nevralgico di tutto è Holden, ed è impossibile abbozzare un qualunque commento senza riconoscere questo dato di fatto. Holden è giovane, come dice il nostro titolo, e come tale si comporta; anzi, sembra incarnare alcuni dei difetti più irritanti dell’adolescenza. Spaccone, finge di non curarsi dell’opinione altrui, inventa storie per non doversi giustificare con nessuno, talvolta è vigliacco, spesso non fa quel che vorrebbe, e fa quel che non vuole; il punto, però, è che lui stesso se ne rende conto. Holden è il primo a riconoscersi tutti i difetti di questo mondo, ad attribuirseli e a dolersene, anche se in una maniera un po’ sbruffona, come se tentasse così di allontanarli; e nasconde allo stesso modo la malinconia che permea la sua anima, una sensazione con radici profonde che nel corso del romanzo si affaccia sempre più spesso nelle riflessioni del nostro protagonista. E’ una caratterizzazione che reputo valida ed emotivamente vicina anche ai giovani di oggi – tant’è che mi sono intravista in alcuni tratti (e in molti altri ho visto difetti e convinzioni che spero di aver lasciato indietro, insieme ai miei 16 anni). Ci sono alcuni commenti di Holden che sono evidentemente figli degli anni ‘40-‘50, ma ad eccezione di queste credo che si possa vedere in lui una figura di giovane che trascende il suo determinato tempo storico. A dirla tutta, però, penso che se lo conoscessi nella vita reale finirei per litigarci; penso anche che berrei volentieri due dita di whiskey con lui, ci parlerei e proverei ad ascoltarlo. Nessuno, in questo libro, sembra davvero ascoltare Holden, in parte perché lui stesso non sa ancora bene come esprimere il turbamento che lo smuove, in parte perché nessuno si prende davvero la briga di farlo: abbandonano quello che a loro sembra un guazzabuglio, quando basterebbe dargli un poco di vera attenzione per aiutarlo a mettere in ordine il suo subbuglio interiore. Il libro, così, sembra andare avanti di episodio in episodio (tant’è che è quasi impossibile riassumerne la trama – ne è esempio il mio misero tentativo). Ci sono solo brevi incontri, in cui Holden cerca di comunicare e l’interlocutore lo rigetta, consapevolmente o inconsapevolmente. Suscita pena e una sorta di desiderio di aiutarlo, almeno finché non ci si rende conto che rigetterebbe tutto questo con qualche parola sborona. Holden cerca qualcuno che lo comprenda e che lo accolga, senza compassione. L’unica persona che sembra riuscire a dargli questo è Phoebe, la sua sorellina minore. La vecchia Phoebe, come direbbe lui, è un personaggio che non appare molto ma che viene spesso richiamata attraverso i ricordi di Holden, così come i suoi due fratelli, D. B. e Allie. C’è un forte senso di vicinanza, di sostegno reciproco, quando Holden parla di loro: anche chi non c’è più sembra essere in qualche modo presente. Phoebe risulta senza dubbio la più tenera e la più vicina, a livello affettivo, al nostro protagonista. Credo che Salinger sia riuscito a descrivere bene anche il suo atteggiamento: non è facile rendere realistico il comportamento di una bambina di dieci anni. Mi è piaciuta particolarmente una scena in cui tiene il muso a Holden – perché è un momento vero del rapporto tra fratello e sorella. Mi sarebbe piaciuto poter vedere anche Allie, in azione: purtroppo, ci si deve accontentare delle reminiscenze di Holden. Il suo guantone da baseball è un oggetto dai forti connotati simbolici, che mi ha colpita per l’aura di serenità che sembra portare con sé. Volendo tirare le somme, credo di aver capito perché a tanta gente non piace questo libro: è tutta una questione di simpatia o meno nei confronti di Holden. Proprio per la sua centralità così pervasiva, l’empatia nei suoi confronti diventa fondamentale per apprezzare il libro: se manca, diventa impossibile. Prima di leggerlo pensavo fosse il linguaggio l’ostacolo più grande, dato che tutti parlano della tendenza del protagonista a esprimersi con determinati modi di dire e con un ritmo narrativo particolare, ma in realtà credo che sia una particolarità a cui ci si abitua in poche decine di pagine; personalmente, una volta entrata nel meccanismo, mi ha reso molto più facile l’empatia con Holden e mi ha permesso di vivere questa lettura come se fosse un’effettiva conversazione con lui. A tal proposito, la traduttrice Adriana Motti si merita solo applausi e complimenti, perché la resa in italiano dev’essere stata davvero ostica, tra i vattelapesca, i colloquialismi e il gergo americano. E ovviamente merita i giusti complimenti anche il primo creatore di questa parlata, ovvero Salinger: all’epoca la sua fu una scelta particolare e d’impatto, che si riverbera senza alcun dubbio su parte della narrativa odierna. La conclusione lascia una forte malinconia e, allo stesso tempo, l’impressione di essere sull’orlo di un momento più felice, di un cambiamento dettato finalmente dal confronto. Eppure non voglio chiudere il mio commento con una nota triste, perché Holden è riuscito a farmi sorridere; quindi, permettetemi di sdrammatizzare con un suggerimento e un’affermazione. Il suggerimento è quello di vedere i video di John Green su questo libro (qui e qui): dato che in America questo libro è un classico riconosciuto, la sua analisi è molto più approfondita della mia e si rifà a letture e analisi di livello universitario – oltre a essere davvero piacevole e simpatica da ascoltare, come tutte le lezioni del canale Crash Course e, in generale, i video di John e di Hank Green. L’affermazione è questa: Holden, rivaluta Addio alle armi. So che hai scritto che non ti è piaciuto, ma secondo me gli devi un’altra chance.
“Holden Caulfield is supposed to be this paradigmatic teenager we can all relate to, but we don’t really speak this way or talk about these things,” Ms. Levenson said, summarizing a typical response. At the public charter school where she used to teach, she said, “I had a lot of students comment, ‘I can’t really feel bad for this rich kid with a weekend free in New York City.’ ” "Some of my best friends are children," says Jerome David Salinger, 32. "In fact, all of my best friends are children." And Salinger has written short stories about his best friends with love, brilliance and 20-20 vision. In his tough-tender first novel, The Catcher in the Rye (a Book-of-the-Month Club midsummer choice), he charts the miseries and ecstasies of an adolescent rebel, and deals out some of the most acidly humorous deadpan satire since the late great Ring Lardner. Holden's story is told in Holden's own strange, wonderful language by J. D. Salinger in an unusually brilliant novel. This Salinger, he's a short story guy. And he knows how to write about kids. This book though, it's too long. Gets kind of monotonous. And he should've cut out a lot about these jerks and all at that crumby school. They depress me. Appartiene alle Collane EditorialiBlackbirds (1992.2) Delfinserien (24) Grote Beren (41) — 15 altro Keltainen kirjasto (358) Meulenhoff editie (503) Penguin Modern Classics (1248) Rainbow pocketboeken (265) Reclams Universal-Bibliothek (19810) rororo (851 / 23539) Signet Books (S1001) 白水Uブックス (51) È contenuto inHa un sequel (non seriale)Ha uno studioHa come commento al testoHa come guida per lo studenteHa come guida per l'insegnantePremi e riconoscimentiГеном русской души (18) MenzioniWhitcoulls Top 100 Books (60 – 2008) Whitcoulls Top 100 Books (59 – 2010) Elenchi di rilievoGreatest Books algorithm (#16) Hungarian Big Read (42) Newsweek's Top 100 Books: The Meta-List (No. 15 – 2009) Waterstones Books of the Century (No 6 – 1997) Голямото четене (35)
Risorse esterne che parlano di questo libro
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Descrizione del libro |
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Riassunto haiku |
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3 edizioni di questo libro sono state pubblicate da Hachette Book Group.
Edizioni: 0316769487, 0316769177, 0316769533
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