John Updike (1932–2009)

Harry "Coniglio" Angstrom, ex campione di basket del liceo, abbandona la moglie e il figlio piccolo spinto da un impulso improvviso. Harry ha ventisei anni, è immaturo ed egoista, un adulto bambino incapace di prendersi le sue responsabilità. Ma, nella sua erratica fuga da una vita mediocre, lo guida un profondo desiderio di libertà. E la sensazione, radicata e perturbante come una fede, di essere nel giusto, che qualcosa di piú grande vigili su di lui, destinandolo alla salvezza. E sono questo desiderio e questa certezza a farcelo sentire simile come un fratello e a fare di lui un simbolo dell'America. Torna, in una nuova versione, il capolavoro che ha rivelato John Updike come uno dei piú importanti scrittori del XX secolo… (altro)

“Andare da Nathan Zuckerman a Coniglio Angstrom significa, letteralmente, percorrere dall’A alla Z la storia dell’America negli anni del secondo dopoguerra”. Così si legge nella recente biografa di Philip Roth e questo è stato per me un invito ad avvicinare Updike, incoraggiata anche dalla recente ripubblicazione di questo romanzo con prefazione di Julian Barnes. L’impatto è stato però deludente per non dire sgradevole.
Il fatto che il protagonista e la sua famiglia mi suscitino cordiale antipatia non vorrebbe di per sé dire nulla, come è ovvio. E’ la scrittura che mi annoia e perché la trovo inutilmente minuziosa e non avvincente. Ho interrotto la lettura dopo un centinaio di pagine. Mi pare chiaro che il Franzen di 'Correzioni' si è ispirato ad Updike o, almeno, ne è stato fortemente influenzato, ma, come talvolta avviene, l’allievo risulta migliore del maestro. Comunque di famiglie americane (repubblicane) ne ho abbastanza, dopo il buon Franzen, dopo la detestabile 'Famiglia americana' dell’insopportabile (e presuntuosa) Joyce Carol Oates e dopo questo fallito tentativo di avvicinamento a John Updike.… (altro)

"La vecchiaia è una brutta bestia."

Ho trascinato stancamente questo libro per mesi. Continuavo a ripetermi che non mi piaceva, che era lento, noioso e ripetitivo... e che poi in fondo io ero ancora giovane!
Già, perchè era proprio questo il problema: riconoscere nei meccanismi mentali che muovevano i personaggi gli stessi meccanismi che sentivo pian piano innescarsi nella mia mente.
Non è facile accettare il tempo che passa, e tutto va bene finchè non te ne accorgi, semplicemente non ci pensi!
Ma quando doloretti che prima non c'erano si fanno sentire sempre più frequenti, quando la sera sei così stanca che non riesci più a tirar tardi a leggere perchè crolli sul cuscino con il libro aperto tra le mani dopo poche righe, quando parti in quarta per far le cose e ti areni dopo dieci minuti, ma soprattutto quando ti accorgi che sempre più spesso ti ritrovi a guardarti indietro con nostalgia verso un passato che ora ti sembra sempre più lontano, allora si, cominci a pensarci, ed il futuro nel quale riponevi tante speranze ti appare sempre più come una cosa che non ti appartiene, perchè improvvisamente ti rendi conto che non avrai il tempo di fare tutte le cose che hai sempre desiderato fare e che, per un motivo o per l'altro, hai sempre rimandato.
La vita comincia a sfuggirti piano piano dalle mani ed hai senpre più la sensazione di non averla vissuta e non lo accetti, e ti aggrappi istintivamente a tutto quello che in qualche modo ti "convince" di essere ancora giovane, di avere ancora tempo, di poter ancora vivere a pieno la tua vita.
E non è facile, credetemi, ammettere che ti piaccia un libro che invece ti dice apertamente in faccia: - Guarda che stai invecchiando anche tu!-… (altro)