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Sto caricando le informazioni... La fiera delle vanità (1848)di William Makepeace Thackeray
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Quanto mi sono divertita a leggere La fiera delle vanità! È stato proprio un ottimo libro per entrare nel mood delle letture da calura estiva che, per quanto mi riguarda, comprende romanzi poco impegnativi perché il mio cervello va in pappa oltre una certa temperatura afosa. Quindi ben vengano queste ottocento e passa pagine di vanità umana, che sarà anche effimera e tutta apparenza, ma quanto tempo ci perdiamo, magari nascondendoci dietro questioni di principio e morale. Se, infatti, la società nella quale viviamo non è quella inglese dell’Ottocento, la vanità che Thackeray mette in scena è ben lungi dall’essere un ricordo del passato. Anzi, oggi invece di averla confinata nei salotti e nei luoghi dabbene, ce la ritroviamo sempre davanti grazie – si fa per dire – ai social. E allora ecco le persone vanesie che si sono ambientate perfettamente, quelle arriviste che si sono adattate, quelle goffe che suscitano risa e compatimento, quelle virtuose che vengono ignorate… È ancora la stessa fiera: difficile non subire il fascino del romanzo di Thackeray. Mi risulta evidente come a Dickens potesse rodere il culo davanti al successo de La fiera delle vanità: l’attrattività di una storia piena di personaggi tridimensionali e realistici non può che essere maggiore rispetto a una con personaggi che mirano a essere dei modelli. Niente da eccepire sul talento di Dickens – ci mancherebbe! – ma la soddisfazione che deriva dal leggere un romanzo che non ha paura di affrontare le ipocrisie della società è impareggiabile. Né Rebecca né Amelia, le protagoniste del romanzo, possono essere annoverate tra i perfetti modelli di donna cattiva e donna buona. Sono due donne con caratteri, background e obiettvi molto diversi e non sono né buone, né cattive, ma persone che ogni tanto si comportano bene e a volte si comportano male (okay, Rebecca tende più a comportarsi male, ma non può comunque essere definita una persona cattiva tout court). Il fascino de La fiera delle vanità è tutto qui: pare poco, ma chi vuole leggere di donne di alta levatura morale quando può leggere la storia di quella bricconcella di Rebecca Sharp che si inventa storie strappalacrime e alla fine l’ha sempre vinta? La trama del libro presenta vari personaggi, delle più alte sfere sociali come delle più basse ma due spiccano sugli altri: Rebecca (Becky) Sharp e Amelia Sedley. La prima è la figlia di un pittore e di una ballerina francese, decisa e pronta a tutto pur di conquistarsi un posto al sole nell'aristocrazia inglese; la seconda invece è figlia di borghesi benestanti, dolce, remissiva, il cui unico interesse è sposarsi con George Osborne, un giovane a cui è stata promessa fin dalla più tenera età Considerato a ragione uno dei capolavori della letteratura vittoriana, ci offre un ritratto ironico e disincantato della società inglese della prima metà dell' ottocento Come dice il sottotitolo, si tratta di un "romanzo senza eroe": nessuno agisce spinto da grandi ideali, piuttosto tutti sono alle prese con le piccole meschinità di ogni giorno. Proprio per questo nessun personaggio è mai completamente positivo o negativo, a cominciare dalle due protagoniste: la buona e dolce Amelia è in fondo una donna debole e scialba; Becky è ambiziosa e opportunista, ma grazie alla sua vitalità e intelligenza è anche l'unica ad innalzarsi dalla mediocrità che regna sovrana. I personaggi secondari sono altrettanto sfaccettati e ben riusciti, l'autore riesce con poche pennellate a dare loro profondità e spessore. E' un romanzo monumentale e ricchissimo di contenuti, che si dipana per oltre un ventennio tra le situazioni più disparate, dai saloni da ballo ai campi di battaglia; ogni tanto assume toni moraleggianti e predicatori, ma per fortuna lo humor è sempre presente e contribuisce ad alleggerire l'atmosfera. Uno dei romanzi che ho riletto più spesso e ogni volta scopro qualche sfumatura nuova che me ne fa inamorare ancora di più. Appartiene alle Collane EditorialiAirmont Classics (CL138) Amstelboeken (100-101-102) — 34 altro Dean's Classics (20) Everyman's Library (298) I grandi scrittori stranieri [UTET] (138-139) Leisure Hour Library (107) Limited Editions Club (S:2.10) Penguin Clothbound Classics (2013) Penguin English Library, 2012 series (2012-07) The Pocket Library (PL-750) Signet Classics (CQ134) Winkler Weltliteratur Dünndruckausgabe (Thackeray) World's Greatest Literature (Volume 2) Zephyr Books (38, 39) È contenuto inThe Count of Monte Cristo; The Canterbury Tales(3); Vanity Fair (The 100 Greatest Books Ever Written) di Alexandre Dumas 90 Masterpieces You Must Read (Vol.1): Novels, Poetry, Plays, Short Stories, Essays, Psychology & Philosophy di Various The World's Greatest Books Set di Arthur Mee (indirettamente) ContieneÈ rinarrato inHa l'adattamentoÈ riassunto inHa uno studioHa come commento al testoHa come guida per lo studentePremi e riconoscimentiMenzioniElenchi di rilievo
Classic Literature.
Fiction.
HTML: Vanity Fair: A Novel without a Hero is William Thackeray's celebrated satirical novel of 19th century British society. Vanity Fair follows the rags-to-riches tale of the captivating and ruthless Becky Sharpe as she navigates her way through London society with fearsome determination and ambition. .Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
Discussioni correntiNessunoCopertine popolari
![]() GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)823.8Literature English English fiction Victorian period 1837-1900Classificazione LCVotoMedia:![]()
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Il romanzo offre una satira mordace e ironica della società borghese dell'epoca, mettendo in luce le sue ipocrisie e contraddizioni. I personaggi principali sono Becky Sharp, una giovane donna ambiziosa e scaltra che cerca di scalare la scala sociale, e Amelia Sedley, la sua amica d'infanzia, ingenua e votata alla rispettabilità.
Attraverso le loro vicende, Thackeray dipinge un affresco vivido e disincantato della Londra vittoriana, senza eroi positivi ma piuttosto una galleria di personaggi opportunisti, avidi ed egocentrici.
L'autore adotta uno stile ironico e perforante, intervenendo spesso in prima persona per commentare e giudicare i suoi personaggi. Nonostante la lunghezza e la complessità della trama, il romanzo risulta avvincente e di piacevole lettura, grazie anche alla vivacità del linguaggio e alla profondità dell'analisi psicologica.
Alcuni critici hanno definito La fiera della vanità "un romanzo senza eroe", in quanto non presenta un protagonista positivo e virtuoso a cui il lettore possa identificarsi. Tuttavia, per altri il vero eroe del romanzo è il personaggio di Dobbin, fedele e generoso amico di Amelia.
Nel complesso, La fiera della vanità è considerato un capolavoro della narrativa ottocentesca, che offre una rappresentazione lucida e disincantata della società vittoriana.
Il messaggio principale che William Makepeace Thackeray vuole trasmettere ne "La fiera della vanità" è una critica mordace e disincantata della società borghese vittoriana e delle sue ipocrisie.
Attraverso la storia di Becky Sharp e Amelia Sedley, Thackeray mette in luce i temi dell'ambizione, della corruzione, dell'ipocrisia e della superficialità che caratterizzavano la società del suo tempo.
L'autore utilizza uno stile ironico e satirico per smascherare le vanità e i vizi dei suoi personaggi, senza presentare eroi positivi a cui il lettore possa identificarsi.
Piuttosto, Thackeray crea una galleria di personaggi opportunisti, avidi ed egocentrici, che riflettono i difetti e le debolezze della classe borghese vittoriana.
In questo senso, il romanzo può essere considerato "un romanzo senza eroe", in quanto non presenta un protagonista virtuoso, ma piuttosto una critica lucida e disincantata della società del suo tempo.
L'autore adotta uno stile ironico e perforante, intervenendo spesso in prima persona per commentare e giudicare i suoi personaggi. Attraverso l'ironia, Thackeray mette in luce i difetti e le debolezze della classe borghese vittoriana, senza risparmiare nessuno.
L'ironia dissacrante dell'autore colpisce con precisione, evidenziando l'ambizione, la corruzione, l'ipocrisia e la superficialità che caratterizzavano la società del suo tempo. Dominato da un garbato sarcasmo che a tratti si trasforma in un'ironia più feroce, il romanzo sconvolse la società letteraria vittoriana.
Thackeray crea una galleria di personaggi opportunisti, avidi ed egocentrici, che riflettono i difetti della classe borghese. L'accento che pone l'autore sull'ipocrisia e sull'avidità dei vari personaggi è a volte eccessivo, ma serve a smascherare le vanità e i vizi della società.
In questo senso, l'ironia diventa uno strumento centrale per criticare la società senza risultare didascalici. Attraverso l'umorismo, Thackeray evidenzia le ipocrisie sociali in modo sottile ma efficace, offrendo un esempio di come la satira possa essere utilizzata per mettere in luce i difetti della società.
Si possono individuare diversi aspetti della società moderna che sembrano riflettere le dinamiche descritte ne "La fiera della vanità" di William Makepeace Thackeray:
Ambizione, ipocrisia e superficialità
Così come nella società vittoriana descritta da Thackeray, anche il mondo contemporaneo appare dominato da un'eccessiva ambizione, ipocrisia e superficialità. La ricerca del successo e dello status sociale a tutti i costi, spesso a discapito dei valori morali, sembra ancora essere una caratteristica diffusa nella società odierna.
Critica della classe borghese
Thackeray offre una critica mordace e disincantata della classe borghese del suo tempo, mettendone in luce i difetti e le contraddizioni. Analogamente, la società contemporanea è stata spesso oggetto di critiche simili, con l'emergere di fenomeni come il materialismo, l'avidità e l'egocentrismo tipici della borghesia.
Assenza di eroi positivi
Il romanzo di Thackeray è stato definito "un romanzo senza eroe", in quanto non presenta personaggi virtuosi a cui il lettore possa identificarsi. Questa assenza di figure positive sembra riflettere anche una certa mancanza di modelli etici e morali nella società odierna.
Uso dell'ironia e della satira
L'autore utilizza in modo magistrale l'ironia e la satira per smascherare le ipocrisie e le vanità della società vittoriana. Analogamente, l'ironia e la satira rimangono strumenti efficaci per criticare i difetti della società contemporanea, come dimostrato da numerose opere letterarie, cinematografiche e giornalistiche.
Le dinamiche di ambizione, ipocrisia e superficialità descritte da Thackeray nel suo romanzo sembrano ancora purtroppo attuali e applicabili alla società moderna, suggerendo che la "fiera della vanità" non si sia ancora conclusa. (