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Sto caricando le informazioni... Il crollo (1958)di Chinua Achebe
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Traduzione italiana di un libro del ’58, forse allora originale e innovativo, oggi piuttosto scontato. Racconta, con linguaggio semplice piano, la storia di un villaggio della Nigeria al tempo della colonizzazione. La prima parte restituisce la vita del villaggio, con i suoi ritmi, i suoi usi e costumi, attraverso le vicende di un personaggio chiave che fa da perno al racconto. Nella seconda parte è raccontato l’arrivo dei missionari e l’impatto devastante del conseguente, e inevitabile, scontro di civiltà. Lettura interessante anche se non una pietra miliare.
In conclusion, it is easy to see why ‘Things Fall Apart’ has sustained the reputation it has so far. It is easy to see why, despite the simplicity of narration and language, it continues to retain the reverence of some of the most prominent writers and critics, as well as readers from around the world. Set in the late 19th century, at the height of the "Scramble" for African territories by the great European powers, Things Fall Apart tells the story of Okonkwo, a proud and highly respected Igbo from Umuofia, somewhere near the Lower Niger. Okonkwo's clan are farmers, their complex society a patriarchal, democratic one. Achebe suggests that village life has not changed substantially in generations. The first part of a trilogy, Things Fall Apart was one of the first African novels to gain worldwide recognition: half a century on, it remains one of the great novels about the colonial era. [Achebe] describes the many idyllic features of pre-Christian native life with poetry and humor. But his real achievement is his ability to see the strengths and weaknesses of his characters with a true novelist's compassion. È contenuto inÈ una risposta aHa come guida di riferimento/manualeHa uno studioHa come commento al testoHa come guida per lo studenteHa come guida per l'insegnanteElenchi di rilievoSchecks Bücher (71) Torchlight List (#174)
First published in 1958, this novel tells the story of Okonkwo, the leader of an Igbo (Ibo) community who is banished for accidentally killing a clansman. The novel covers the seven years of his exile to his return, providing an inside view of the intrusion of white missionaries and colonial government into tribal Igbo society in the 1890s. Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
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Google Books — Sto caricando le informazioni... GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)823Literature English & Old English literatures English fictionClassificazione LCVotoMedia:
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Però come sempre le visione manichee eliminano i dettagli che ci aiutano a farci un’idea più chiara della complessità delle situazioni: Achebe inizia mostrandoci il funzionamento della società ibo attraverso uno dei suoi membri più in vista e rispettati, Okonkwo, un uomo molto ambizioso che gode della stima del suo villaggio, conquistata a fatica a partire da una condizione familiare di svantaggio.
Okonkwo, però, non è il tipico personaggio positivo per cui ci viene spontaneo fare il tifo: affogato nel suo bisogno di affermare la sua mascolinità a tutti i costi per smarcarsi dall’ombra del padre, un uomo lontano dell’ideale guerriero ibo, è difficile provare simpatia per lui mentre maltratta il figlio, che vorrebbe più simile a lui, e picchia le mogli.
Achebe lo ha reso un esempio perfetto della società ibo nel momento i cui l’uomo bianco è arrivato: una società niente affatto idilliaca e non una mitica età dell’oro precoloniale alla quale aspirare a tornare, ma una società come tante altre, con i suoi pregi e i suoi difetti. Sicuramente una società bisognosa di un cambiamento, un bisogno che diviene drammaticamente evidente a tuttз nel momento in cui la religione cristiana manifesta tutta la sua attrattiva sullз abitanti del villaggio.
La tesi di Achebe è che entrambe le culture si siano dimostrate rigide e si siano rifiutate di lasciarsi contaminare l’una dall’altra, vedendo nella contaminazione solo la corruzione della propria purezza e non una preziosa evoluzione. Alla fine la cultura inglese è diventata quella colonizzatrice (e distruttrice) solo perché la sua potenza offensiva in quel contesto era maggiore, non perché fosse culturalmente superiore: non c’è nessuna superiorità morale nell’essere solo il bullo più forte. ( )