Sebastian Faulks
Autore di Il canto del cielo
Sull'Autore
Sebastian Faulks is the author of Where My Heart Used to Beat, which made the New Zealand Best Seller List 2015. (Bowker Author Biography)
Fonte dell'immagine: Sebastian Faulks, September 5, 2008
Serie
Opere di Sebastian Faulks
Opere correlate
The Dylan Companion: A Collection of Essential Writing About Bob Dylan (1990) — Collaboratore, alcune edizioni — 96 copie
Forgotten voices of the secret war : an inside history of special operations during the Second World War (2008) — Introduzione, alcune edizioni — 80 copie
Etichette
Informazioni generali
- Nome legale
- Faulks, Sebastian Charles
- Data di nascita
- 1953-04-20
- Sesso
- male
- Nazionalità
- Groot-Brittannië
- Nazione (per mappa)
- England, UK
- Luogo di nascita
- Donnington, Berkshire, England, UK
- Luogo di residenza
- London, England, UK
France - Istruzione
- Wellington College
University of Cambridge (Emmanuel College)
Elstree School - Attività lavorative
- novelist
journalist - Premi e riconoscimenti
- Order of the British Empire (Commander, 2002)
British Book Award (1995)
Royal Society of Literature (Fellow) - Agente
- Gillon Aitken Associates Ltd
Utenti
Discussioni
Group Read, February 2014: Birdsong in 1001 Books to read before you die (Aprile 2014)
Recensioni
Liste
THE WAR ROOM (2)
Best Spy Fiction (1)
Unread books (1)
Women in War (1)
BBC Big Read (1)
Books I've read (1)
Folio Society (1)
Allie's Wishlist (1)
BBC Big Read (1)
Backlisted (1)
1990s (1)
A Novel Cure (1)
Favourite Books (1)
My TBR (1)
Premi e riconoscimenti
Potrebbero anche piacerti
Autori correlati
Statistiche
- Opere
- 37
- Opere correlate
- 11
- Utenti
- 19,688
- Popolarità
- #1,106
- Voto
- 4.2
- Recensioni
- 603
- ISBN
- 473
- Lingue
- 16
- Preferito da
- 62
La storia, sin dalla trama, mi aveva attirata subito e mi aveva spinto a comprare il libro, mentre vagavo nell’aeroporto di Manchester, aspettando il mio volo: la psichiatria, i primi passi della neurologia e tutto ciò che, in sintesi, riguarda lo studio della mente umana, sono argomenti di incredibile interesse per me.
Lo sono anche, evidentemente, per l’autore, che nel parlare dei passi avanti fatti da queste discipline inserisce alcuni dei passaggi più interessanti del libro; tuttavia, è proprio questo amore preponderante per la materia di studio che, in parte, ha affossato un poco il romanzo. Infatti, per quanto piuttosto ben delineati, i personaggi sembrano “succubi” della materia, e non in modo positivo: ovvero, questa “dipendenza” non porta ad un loro approfondimento, ma solo ad un approfondimento della materia stessa. Mi spiego meglio: per quanto uno sviluppo caratteriale dei personaggi ci sia, visto che il romanzo li segue dall’infanzia alla vecchiaia, è una crescita “bidimensionale”, che non porta ad affezionarsi in modo particolare a loro e che, in sintesi, serve all’autore più per dare sostegno alle teorie sulla psichiatria e sulla neurologia da lui narrate, piuttosto che fungere da “impalcatura” per l’imbastimento di personaggi a tutto tondo.
Thomas e Jacques, infatti, sono personaggi tratteggiati, ma che sembrano non riuscire a raggiungere totalmente il lettore; e tutti coloro che li circondano, di conseguenza, risultano anche più difficili da cogliere. Non che non ci siano le basi – come ho detto, non sono totalmente piatti – semplicemente, non fanno “il salto di qualità”. Un chiaro esempio di questo è Sonia, sorella di Thomas, che riesce a spiccare negli ultimi capitoli del romanzo ma, per il resto, sembra sempre un po’ troppo “scialba”; o l’Abbé Henri, che avrebbe potuto essere una grande figura di mentore.
Gli unici punti in cui ho trovato personaggi completi e tridimensionali sono nelle prime pagine dedicate a Thomas, legate alla sua infanzia, e nelle ultime, legate alla sua senilità (che mi hanno colpita molto, davvero); poi, alcune pagine riguardanti i primi passi nell’età adulta di Jacques (ad esempio, gli studi alla Salpêtrière – famoso ospedale di Parigi) e le ultime pagine del libro, legate a Sonia Midwinter. Non ho invece apprezzato lo sviluppo di Jacques da circa pagina 600 in poi – io l’ho interpretata come crisi di mezz’età più che come lotta contro il dolore, quindi forse è per questo che non ho apprezzato moltissimo la svolta. Anche l’entrata in scena di Kitty, paziente di Jacques, mi è sembrata parecchio forzata.
Inoltre, il rapporto tra Jacques e Thomas è sondato in maniera non del tutto soddisfacente – certo, non è sempre idilliaco, ha alti e bassi, cresce e si sviluppa seguendo il loro percorso psicologico e lavorativo, eppure… Vi dirò la verità, non so spiegare come mai la descrizione di questa amicizia mi abbia lasciata così poco convinta. Forse perché, in un punto particolare del libro (che non descriverò per non rovinare la lettura altrui) ho trovato un cambiamento repentino troppo poco credibile.
Altra cosa che non mi ha fatto impazzire sono i cambi di scenario. Come si evince dalla quarta di copertina, i nostri viaggeranno in diversi luoghi – tra cui l’Africa e la California. Ebbene, scenari così intriganti e perfetti per stuzzicare la curiosità del lettore sono trattati un po’ banalmente. Della traversata africana leggiamo molte cose, ma non “vediamo” nulla; almeno, io non sono riuscita a “vedere” la Rift Valley, né la savana. Stessa solfa per quella californiana. Invece, la descrizione della campagna inglese, della Parigi dei tempi (o meglio, dei sanatori della città) e dei monti tedesco-austriaci mi è piaciuta – mi è parsa più sentita e sono riuscita, appunto, a “vedere” ciò che veniva descritto.
Tuttavia, c’è da dire che queste mancanze si notano solo quando si pensa al libro a posteriori: durante la lettura, infatti, lo stile di Faulks assorbe quasi totalmente l’attenzione e porta chi legge, con grande pacatezza, nei meandri degli studi psichiatrici – argomento non facile, come si può immaginare. In questo va il mio plauso, quindi, all’autore, che in questo senso (contrariamente a quanto ho scritto prima, riguardo ai paesaggi) mostra grandi capacità descrittive, bilanciando informazioni più storico-tecniche e considerazioni più attinenti allo svolgersi della trama; eppure, non basta per risollevare del tutto il romanzo, anche perché in due occasioni viene lasciato troppo spazio al discorso scientifico-tecnico che, per quanto interessante, risulta alla lunga pesantuccio (soprattutto quando viene posto sotto forma di discorso diretto, anzi, di vero e proprio monologo).
Ma tornando alle cose che mi sono piaciute, devo dire che ho adorato il capitolo scritto secondo il punto di vista di Olivier (il fratello di Jacques), anche se all’inizio mi ha mandato davvero in confusione, e ho apprezzato anche la capacità dell’autore di descrivere il dolore, la sofferenza dovuta alla perdita, sia di persone care, sia della fiducia in quello che ci attende. Sono parti toccanti che, come ho già detto, testimoniano la bravura stilistica di Faulks, che si destreggia tra periodo piuttosto lunghi (come potrete notare dalle citazioni in fondo) con una grazia ammirevole.
Ciò che questo libro lascia, sostanzialmente, è un interessantissimo approfondimento sulla psichiatria e sulla neurologia, una montagna di concetti su cui riflettere molto a lungo perché legati a dubbi che, sul finire, legano lettore e protagonisti e appartengono all’umanità intera; ma il tutto si protrae troppo, tra l’altro portando in scena troppi personaggi (qui si che sarebbe valso il detto “meglio pochi ma buoni”).
Se questa recensione vi è sembrata confusa è perché, mannaggia, lo sono anche io; avevo molte aspettative, lo ammetto, e ora non so bene cosa mi rimane, dentro, di questo libro. Ho riflettuto davvero a lungo sul voto da assegnargli, perché oscillo continuamente tra le due e le tre stelline, con un voto che in decimali cambia solo di mezzo punto. Alla fine, con la promessa di leggere altro di Faulks – per gustare ancora il suo stile, per vedere se i difetti qui notati sono un’eccezione o la regola – mi ritrovo ad assegnare solo due stelline, nella speranza che l’autore sappia stupirmi piacevolmente in futuro!… (altro)