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28+ opere 214 membri 17 recensioni

Recensioni

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La prima parte della saga spaziale ‘Terminal war’, intitolata ‘Juggernaut’, lascia parecchio a desiderare e l’avvicinamento aL secondo volume è avvenuto con una certa prudenza. Il responso è stato più positivo del previsto: non sta tra queste pagine l’Altieri migliore, ma il racconto si snoda senza le confusioni del predecessore fino a un finale aperto che la morte dello scrittore congela per sempre a meno che la terza puntata, ‘Maelstrom’ sià già stata scritta - o quantomeno abbozzata come la ‘Poodle spring story’ del nostro. Sono proprio i capitoli più connessi alla fantascienza a farsi apprezzare. Su una Terra ormai morente e che ha abbandonato da tempo i viaggi spaziali, viene rimessa in sesto la Magellan, un’astronave che consente i salti nello spazio-tempo: un equipaggio di sette persone viene così inviato nella costellazione del Serpente alla ricerca di una probabile vita extraterrestre. Il meccanismo di salto non è semplice e viene disturbato da una forte interferenza, ma in qualche modo si arriva a destinazione. Qui si scopre che una civiltà antica ed evoluta è stata sterminata da una feroce orda – dotata di maschere che rendono tutti i membri uguali, un po’ come ‘Guerre stellari’ (ma di citazioni ce ne sono come di consueto a pacchi, molte delle quali esplicite) - che sembra collegata in un unico organismo senziente: entrata nella Magellan, per sconfiggerla sarà necessario un alto tributo di sangue: uno solo non ci rimette la pelle per scoprire con orrore chi si nasconde dietro la maschera. Che un simile superuomo – uno che sopravvive a lunghe immersioni nel liquido di raffreddamento dell’elaboratore di bordo, per dire – si chiami Karl Adrian Dekker non sorprende chi sia abituato all’immaginario dell’autore milanese: serve ad aumentare il rimpianto per non poter sapere come Altieri avesse immaginato l’avventura conclusiva unendo la sconvolgente rivelazione con l’ingombrante passato (letterario) che un tale nome evoca. Definiti i personaggi e le ambientazioni – siano esse le mille ombre della Magellan o le misteriose architetture aliene – inizia la guerra del titolo e cominciano pure le debolezze: non tanto perché i compagni di Dekker vanno nessuno escluso incontro a una bella morte (incluso quell’antipatico del borioso comandante), quanto perché un terzo di romanzo fatto di nemici che esplodono e vengono falciati in massa finisce per essere un po’ pesante: d’accordo che l’estetica della violenza è stata un’assidua caratteristica altieriana, ma la sensazione di ripetitività fa capolino più di una volta. Così, paradossalmente, la tensione cala proprio laddove dovrebbe raggiungere il culmine, solo in parte riscattata dal colpo di reni del finale: malgrado l’insieme sia in buona misura coinvolgente (e a volte travolgente), la soddisfazione complessiva ne risulta pur sempre diminuita.
 
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catcarlo | Jan 17, 2018 |
Riemergere dal fuoco, dall’acqua (putrida) e dal metallo dell’isola di Katawan non è stato facile neppure per uno con la tempra di Russell Brendan Kane: il finale di ‘Victoria cross’ è talmente definitivo che Altieri ha impiegato quindici anni per recuperare il suo indistruttibile Sniper e cucirgli addosso la quarta avventura aggiornata agli orrori di questo inizio di Ventunesimo secolo, tra mercanti d’armi, aerei inclusi, senza scrupoli e una letale minaccia batteriologica. Ne valeva la pena? Dal punto di vista dell’appassionato, la risposta non può essere che affermativa: l’adrenalina scorre a fiumi, il nostro allunga il suo elenco di imprese mirabolanti (guida per chilometri in discesa un fuoristrada a motore spento, si salva da un’esplosione che spazza via un quartiere, ‘gioca al tirassegno’ da distanze siderali con un grossissimo calibro facendo ovviamente centro e così via), i cattivacci di estrazione latina – il filippino e soprattutto l’italiano – sono dei sadici depravati, le donne si innamorano e l’antagonista Cross tende a filosofare fra una carognata e l’altra. Il tutto raccontato con le consuete frasi secche e incalzanti (non si potrebbe abbandonare l’inglese?) che sanno lasciare il lettore con il fiato sospeso per poi colpirlo sotto la cintura al momento giusto in ambientazioni opprimenti come Manila assediata dallo smog oppure che regalano lo sgomento del Lago d’Aral prosciugato o dei deserti dell’Australia meridionale in cui brilla una distesa infinita di velivoli da combattimento abbandonati. Aggiunto che, nella capitale delle Filippine, Kane fa tempo a fare squadra per alcuni capitoli con Chance Renard – il Profesionista creato da Stephen Gunn alias Stefano di Martino – bisogna ammettere che la soddisfazione non è completa: sarà anche colpa del formato forzato di Segretissimo per cui il libro è uscito e per la quale trecento pagine sono già un’esagerazione, ma la trama sembra privilegiare in modo eccessivo l’azione a discapito della coerenza interna finendo per mostrare qualche rammendo di troppo. In fondo, uno delle specialità dell’autore milanese è quella di imbastire complesse vicende in cui numerosi fili disparati si vanno via via legando insieme: qui, per la fretta, qualcuno viene lasciato a penzolare – la dottoressa Fontana e tutto il lato russo, la stessa Alexandra Nemes – e poco consola che sia stato annunciato per l’anno prossimo un capitolo conclusivo, visto che uscirà per la medesima collana. A proposito di Nemes, si ripresenta qui la tendenza dello scrittore a costruire ponti fra le proprie saghe e lo si intuisce sin dal secondo nome della donna (Rowena), con però la curiosa considerazione che, a parte l’inatteso ritorno in un luogo maledetto, visti i parallelismi tra personaggi verrebbe da pensare che in questo universo sia giunto una sorta di doppio: un ulteriore garbuglio dal quale svincolarsi in un quinto romanzo che si annuncia non facile, ma uno come Altieri ce la può fare.
 
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catcarlo | Aug 29, 2016 |
Los Angeles, California: una megalopoli tenebrosa e devastata, una terra di nessuno martoriata e sanguinante. In questo mastodonte urbano, sopravvissuto alla propria apocalisse, Alan Jericho Wolf, capitano della Serious Crime Unit, è l'ultima carta che le autorità possono giocare per contrastare il crimine dilagante. Poliziotto esperto di ogni forma di guerriglia, veterano di tutte le guerre, Alan è l'unico uomo che possa affrontare quell'abisso di violenza che assedia la città, dove i banzai runners, fulminati dal crack, duellano a morte con gli interceptors, dove regnano incontrastati i Brigadiers, micidiale e sanguinaria banda di criminali e dove l'unica legge è l'assenza di legge.
 
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bblibri | Feb 28, 2016 |
Quandoque bonus dormitat Homerus. L’uomo che ha raccontato l’apocalisse nella Germania del Seicento, nelle Highlands scozzesi o ancora sulla disperata isola di Katawan con un’efficacia che ha pochi eguali inciampa proprio sul più bello, cioè quando l’ambientazione fantascientifica dovrebbe consentirgli di sbrigliare la fantasia per scendere ancor più a fondo negli abissi dell’umanità. Chissà, forse erano proprio i limiti dati dalla Guerra dei Trent’anni e dal groviglio spionistico nella seconda metà del Novecento a rendere così potenti le immagini degli altri romanzi: i tratti distintivi sono tutti al loro posto anche qui, ma l’arma – anche se state-of-the-art prodotta dalla Gottschalk-Yutani – fa a sorpresa cilecca. La Terra su cui è ambientato ‘Juggernaut’ fa sembrare quella de ‘La strada’ quasi un paradiso: guerre, contaminazioni e una pestilenza epocale l’hanno ridotta in un postaccio dove piove sempre (come in Turingia) e la società è divisa tra riccastri e miserabili. Nell’eterno monsone si muove una serie di personaggi con una percentuale molto alta di disperazione e/o di follia germinate tanto per cause interiori quanto a causa di agenti chimici esterni: l’avidità (di denaro o di potere) è sempre il motore principale e il destino dei più deboli è quello di finire schiacciati. Altieri affronta queste tematiche, a lui così congeniali, con la consueta lingua stilizzatissima e tagliente, ancor più scarnificata rispetto alle sue opere precedenti: il ritmo è martellante nel suo incedere per frasi brevi che, nella loro semplicità, nascondono spesso mondi oscuri. D’ogni tanto si rifiata con gli estratti enciclopedici che consentono di fissare le coordinate del nuovo mondo (come nell’asimoviano ciclo della Fondazione), ma sono soli brevi momenti in ogni caso assai poco rilassanti: la somma di tutti i fattori crea un ambiente claustrofobico che calza a pennello a quella che pare la madre di ogni distopia. Di quando in quando spunta così la sensazione che ad avere la meglio sia la maniera (il barocco e Altieri sono meno lontani di quanto si possa immaginare), ma non è questo il problema: il guaio vero è che la storia non decolla mai, con gli effetti speciali (anche linguistici) che ricoprono una trama, esile eppur contorta, incapace di guizzi appassionanti. Riassumendo, il romanzo racconta la scelta di chi mandare in missione nello spazio tra due professionisti delle operazioni sporche: l’irregolare, drogato Skinner – una versione futuribile del Tuco protagonista in ‘Il buono, il brutto, il cattivo’ – e l’ascetico Karl Dekker, che riprende molte caratteristiche dal ciclo di Russell Kane e, soprattutto, da quello di Magdeburg (si vedano il nome, l’armamento nonché la tendenza a parlare per frasi allo stesso tempo apodittiche e imperscrutabili). Tra depravati satrapi orientali e fanatici religiosi, a tirare le fila della faccenda è la Gottschalk e un po’ dispiace che la corporation scenda in campo in prima persona invece di rimanere sullo sfondo a metà strada tra Spectre e Acme. Quando, dopo il consueto macello al sangue modello Tarantino incattivito, la scelta è fatta così che la missione Magellan può partire, ci manca poco che compaia la scritta ‘Continua…’ per rimandare il lettore al secondo volume in uscita a giugno 2015: un seguito che si spera torni all’altezza della bravura del suo autore, visti anche gli ultimi capitoli più a fuoco di questo non certo trascendentale romanzo.
 
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catcarlo | Mar 10, 2015 |
E’ stato necessario pulire: la caligine, il sangue, la merda, il fango, varie secrezioni corporee ed anche liquido seminale (eh, principe Reinhardt, stiamoci un po’ attenti…). Poi è stata la volta dell’umidità: il gelo, la neve e il disgelo della selva di Turingia, la pioggia incessante della Sassonia, tutto affrontato con ripari di fortuna e miseri fuochi. Non parliamo poi delle purificazioni, per combattere il pernicioso morbo sempre presente. Uscire dalla guerra dei trent’anni, dopo quasi novecento pagine e un mese e mezzo di lettura non è stato facile: perché Altieri è bravo, la sua scrittura ti strappa da dove stai amabilmente spaparanzato a leggere e ti trascina fra i suoi personaggi nel loro tempo buio e tempestoso. Citazione semplice e voluta, perché il libro è tanto zeppo di rimandi, letterari e cinematografici in gran parte, che si potrebbe fare un concorso su chi ne ha trovati di più. Essi si vanno ad innestare sulla solita lingua pesante e rimata, adatta ad una storia senza sorrisi: qualche volta all’autore scappa la mano – come quando fa parlare il Dekken di rotismi – ma la scorrevolezza è assicurata. I dialoghi poi sono la vera forza trascinante di molti capitoli, meccanismi serrati che solo qua e là diventano retorici. Complessivamente, il libro risulta però un gradino sotto alla prima puntata: dopo qualche pagina in cui per forza l’autore deve riannodare i fili del discorso, fino a circa metà strada il romanzo mantiene la struttura delle piste parallele già conosciuta ne ‘L’eretico’. In seguito, i personaggi si avvicinano l’uno all’altro (sono sempre una moltitudine, ma alla fine subiscono una certa sfoltita): il racconto ci guadagna in linearità ma perde un po’ di fascino. Ovviamente, trattandosi del tomo centrale di una trilogia, la storia non finisce e al lettore, già sorpreso per l’accelerata delle ultime cento pagine, non resta che attendere il volume finale.
 
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catcarlo | 1 altra recensione | Oct 8, 2014 |
Il libro è la prima parte di un racconto fiume di oltre 1200 pagine che ci porta nel cuore d’Europa all’epoca della guerra dei 30 anni. Una lunga ‘introduzione’ serve per descrivere i vari personaggi e per immergere il lettore in un clima cupo, violento e sanguinoso che sarà il motivo conduttore dell’intero ciclo. Tutto il romanzo è ambientato goticamente in un novembre piovoso e freddo, non solo nella desolata Germania che ne è la protagonista, ma anche nell’Italia centrale di un corrottissimo Stato Pontificio, e solo lentamente emergono le figure degli antagonisti, il crudele difensore della fede Von Dekken e il misterioso Wulfgar, rinato in Oriente fra tatuaggi e arti marziali. Insomma, di tutto e di più, in linea con lo stile ad accumulazione di Altieri, di cui ricordavo con piacere l’inattendibile ma pirotecnico ‘Città Oscura’: malgrado la miriade di personaggi e la varietà di situazioni ed ambienti, il racconto prosegue appassionante e chi legge fatica a staccarsi dalla pagina. Nella seconda parte, quando le esigenze della storia prendono il sopravvento su quelle dell’ambientazione, la collezione di stupri e violenze assortite si assottiglia e il lettore, specie se impressionabile, può tirare il fiato; poi arriva il finale che, ovviamente, non ‘finisce’ nulla, ma rimanda alle puntate successive di questa cavalcata nel tempo dei ‘Promessi Sposi’ raccontato con tanto sudore, tante lacrime e tanto, ma tanto, sangue.
 
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catcarlo | 5 altre recensioni | Oct 8, 2014 |
La terza passeggiata nel delirio del ‘secolo di ferro’ è, tanto vale dirlo subito, un gradino sotto alle precedenti: di conseguenza il primo volume resta inarrivabile. Ad appesantire un po’ questo tomo contribuiscono qualche lungaggine e ripetizione – per chiudere il libro alla pagina 666? – ed il dover incanalare i mille rivoli della storia verso un finale non proprio imprevedibile: per arrivarci, si passa per qualche snodo ingarbugliato o poco chiaro (a meno che sia io ad essermi perso, intontito dagli ammazzamenti vari). Ciò non toglie che il libro si faccia leggere con la consueta impazienza, trascinati dalla prosa ritmata di Altieri: la trilogia finisce un attimo prima che diventi stucchevole, ed è ancora una volta adattissima a narrare il vuoto morale e materiale creato da una ‘guerra eterna’. L’impressione è che all’autore interessino- più che le gesta e le psicologie dei personaggi - la genesi, lo svolgersi e le conseguenze del Sacco di Magdeburg: un crescendo tarantiniano di sangue e violenza per quello che oggi definiremmo come ‘crimine contro l’umanità’. L’attenta documentazione storica e la maniacale descrizione delle conseguenze di un colpo inferto con qualsiasi arma (convenzionale o meno) sono utilizzate con perizia per suscitare l’orrore nei confronti di ogni battaglia e di ogni guerra, e se di guerre buone e giuste non ce ne sono, è certo che quelle di religione – come fu quella dei Trent’anni – raggiungono livelli di ferocia e follia difficili da eguagliare. Perché ‘la guerra è l’inferno’ e trasforma gli uomini in demoni.
 
Segnalato
catcarlo | Oct 8, 2014 |
Russell Brendan Kane è uno che, per dire, James Bond al confronto è una mezza sega. E’ un uomo d’acciaio fuori e torturato dai demoni dentro, fantasmi del passato magari meno devstanti di quelli del suo gemello della Guerra dei Trent’anni Wulfgar, ma sempre abbastanza da incrinarne la figura monolitica: quella di uno scozzese, ufficiale delle britanniche SAS, che di mestiere fa il cecchino (da cui il titolo della trilogia che lo riguarda, detta dello ‘Sniper’) cercando di portare la sua arte – chiamiamola così - al massimo dell’efficacia. L’uomo prova sempre a perseguire una sua linea di giustizia, il che lo porta inevitabilmente a districarsi tra doppi e tripli giochi in un mondo dominato dal potere corrotto, dai soldi e - ça va sans dire – da una spietata, a volte allucinante violenza. Quelle di Kane sono storie dure per uomini (e donne) duri scritte in un linguaggio adeguatamente duro, fatto di brevi frasi, dialoghi taglienti e parole come macigni: insomma, roba che fa crescere il testosterone e che è ormai un marchio di fabbrica dello scrittore milanese, come pure la minuziosa descrizione di armi ipertecnologiche (la Gottschalk-Yutani è una specie di Acme oscura) e di luoghi misteriosi – e chissenefrega se esistono o no. In fondo, l’esagerazione fa parte del gioco in questi romanzi che sono dichiaratamente di genere, ma dove l’intrattenimento è sempre di ottimo livello. Sotto il titolo di ‘Sniper extreme’, Segretissimo (ri)manda in edicola i primi due romanzi del ciclo per un viaggio sulle montagne russe di un serratissimo thriller d’azione: in più, per gli amanti della citazione, il piacere aggiuntivo della caccia ai rimandi che Altieri dissemina fra le sue pagine.
1. Campo di fuoco
Eliminati i colombiani, dal Messico il Cartello di Palenque vuole inondare di cocaina gli Stati Uniti e il mondo occidentale. Kane, affiancato dalla statunitense Ellen Grant, viene spedito a cercare di farne fuori il capo Xavier Hurtado: dopo aver affrontato la vegetazione delle sierras, nere cortine di pioggia e sole calcinante, qualcosa va storto e solo lo Sniper riesce a cavarsela dopo aver fatto fuori, pur in perfetta solitudine, uno sproposito di avversari. Al ritorno, sua sarà la vendetta e, per arrivarci, qualsiasi prova verrà affrontata, compreso metter le mani – e un’arma da fuoco a scelta - nei nidi di vipere che ci sono sia tra i ‘buoni’, sia tra i ‘cattivi’: nel frattempo, il nostro riesce ad abbattere un aereo, a sopportare virilmente una scomoda prigionia, a rifare il percorso della prima missione in compagnia della sorella di Ellen e pure far la levatrice in un pezzente campo di guerriglieri zapatisti.Se la parte ambientata nella foresta pluviale riporta in mente la giungla vietnamita, i luoghi degli scontri con il cartello stanno tra Peckinpah – soprattutto il finale de ‘Il mucchio selvaggio’ – e il western all’italiana, però con un tasso di defunti da far impallidire Tarantino. Trascinante la prima parte con il suo montaggio alternato dei flashback della prima missione con la sanguinosa e contrastata via che porta alla seconda, più lineari i capitoli finali in cui i nodi si sbrogliano e i tradimenti non restano impuniti. Infine un avvertimento, specie per gli amanti del bricolage: dopo questo libro, è inevitabile guardare con occhi diversi un trapano a pressione.
2. L’ultimo muro
Kane non può mancare l’appuntamento con una delle piaghe più infette del pianeta, il conflitto tra Israeliani e Palestinesi, ma la storia prende le mosse da lontano. Oltre che nel deserto del Negev, ci si muove infatti tra Irlanda del Nord e Ucraina, zona Cernobyl: una delle specialità di Altieri è partire da fili separati che poi vengono avvicinati per essere infine annodati assieme e qui, dopo un bel po’ di capitoli, ci si ritrova tutti quanti in Israele con lo scopo di sventare i piani di un gruppo di estremisti sionisti (con agganci insospettabili) che vogliono minare un tenue tentativo di pace a colpi di plutonio ex sovietico fornito da un terrorista della Provisional IRA. Detto che questo Declan Michael Cross, sanguinario e spietato, assomiglia parecchio al Dekken di ‘Magdeburg’ – e non è solo una suggestione creata dal comune biondo dei capelli – per il resto l’autore combina con la consueta abilità i segmenti narrativi creando una storia più complessa di quella del precedente ‘Campo di fuoco’, ma che si rivela altrettanto adrenalinica. Tra le mirabolanti imprese dello Sniper si segnalano questa volta il riuscire a sopravvivere a una serie di scosse elettriche che spaccano la sedia su cui sta seduto, una camminata di molte miglia sotto il sole del deserto, un intervento di chirurgia d’urgenza e un paio di sberle date al Primo Ministro britannico (che nell’amaro finale non risulta neppure essere l’unico o il peggiore dei burattinai) ma va anche detto che lo scrittore gli mette al fianco un ottimo cast di contorno, che popola i campi dei buoni e dei cattivi con precise figure sia maschili sia femminili. Così il nostro finisce pure per innamorarsi, sia pure nel suo modo un po’ ruvido: niente paura, comunque, perché in ‘L’ultimo muro’ l’azione si succede all’azione e il sangue scorre a ettolitri tenendo il lettore incollato alle pagine mentre Altieri varia quel tanto che basta con qualche tocco di umorismo (nero, of course) e con un bello scioglimento che lascia l’amaro in bocca.
 
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catcarlo | Oct 8, 2014 |
Una raccolta di racconti in origine scritti per volumi diversi – a parte l’iniziale ‘Dry thunder’, scritto appositamente - non è la base migliore su cui fondare un giudizio, ma qui il signor solamente Kane assomiglia parecchio al Wulfgar della Trilogia di Magdeburg. O forse è l’Eretico che riprende i tratti del Cecchino che a sua volta ne riflette alcuni aspetti estremi: un uomo solo, apparentemente senza sentimenti, che pratica una giustizia sbrigativa in un mondo morente. Come il protagonista, anche la lingua sembra ripartire da quella dell’escursione nella guerra dei trent’anni, solo ancor più asciugata, quasi stilizzata: costruita con periodi brevi ed essenziali, la scrittura rende bene l’atmosfera malsana e senza speranza di cui l’autore è maestro. Per rendere ancor più claustrofobico il tutto, Altieri ripete ossessivamente vocaboli o modi di dire: se gli aggettivi che raccontano la degenerazione o la minuziosa descrizione degli armamenti - come in Magdeburg – sono spesso funzionali, il frequente ricorso allo slang inglese lascia un po’ il tempo che trova (la maggior parte delle battute sarebbe stata efficace anche ‘doppiata’ in italiano). L’impressione è che, spesso, lo stile prenda il sopravvento sul contenuto: i momenti migliori si possono trovare in ‘Monsone’ o nell’omaggio al noir hollywoodiano e alle dark ladies di ‘Joshua tree’. Altrove la storia è abbastanza scontata e a prevalere è al maniera, così da ridurre la potenza narrativa di cui l’autore è senza dubbio capace.
 
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catcarlo | Oct 8, 2014 |
‘Segretissimo’ manda in edicola una nuova edizione della terza e, al momento, definitiva avventura dell’uomo d’acciaio Russell Brendan Kane in una veste riveduta e corretta – da parte dell’autore che la definisce ‘director’s cut’: qualcuno aveva messo mano al ‘montaggio’ delle precedenti versioni? – nonché integrata con nuove scene ed episodi. ‘Definitiva’ è un aggettivo che si attaglia a questa storia e non pare un caso che, pur girandoci in qualche modo attorno accennandone qua e là, Altieri non sia riuscito a darvi un seguito anche se l’uscita originaria risale ormai a oltre dieci anni fa: il libro chiude un ciclo percorrendo tutta la discesa senza speranza nell’orrore umano per giungere a un fosco (e bellissimo) finale di fuoco, acqua e metallo dal quale sarebbe molto difficile ripartire evitando stucchevoli ripetizioni. L’intreccio è tipico dell’autore milanese: dietro alla follia e al fanatismo delle masse si muovono potenti burattinai che, spinti da interessi economici, non si fermano neppure davanti agli ettolitri di sangue per perseguire i propri interessi. A sbrogliare la matassa della violenza vengono spediti Kane e gli uomini del SAS (tra i quali il principe ereditario) con una spedizione dall’esito tragico che richiederà una tremenda vendetta. Il protagonista la persegue dopo aver riconsegnato il distintativo in un ingenuo tentativo di tornare alla vita normale che (per non farsi mancar nulla) lo costringe a un confronto con il proprio passato: nella lontana isola di Katawan, da qualche parte tra le Filippine e il Mar di Sulu, i morti si contano a decine di migliaia, ma anche la Scozia finisce per pagare un pesante tributo. Se l’avvio è forse un po’ lento nel lungo dipanarsi dell’addestramento riservato agli sniper britannici – per la serie: come ti costruisco una macchina letale – il ritmo cresce in maniera costante e implacabile aumentando sempre più il coinvolgimento del lettore: la scrittura serrata di Altieri si allinea come al solito alla durezza delle situazione, ideale sia per raccontare il susseguirsi delle azioni violente, sia per descrivere i desolati paesaggi post-apocalittici delle scheletriche Highlands o della scabra e martoriata Katawan. Il risultato è un solidissimo – oltre che testosteronico – romanzo d’azione che non fa nulla per nascondere il suo essere prettamente di genere, secondo una scelta stilistica precisa che, del resto, lo scrittore ha sempre perseguito in tutti gli ambiti letterari che ha frequentato: numerose svolte della storia non si può dire siano inattese, i personaggi vengono riproposti (anche se più sfumati, con l’eccezione del biondo antagonista principe Declan Cross e, anche se si tratta di una immane corporation, della sempre mirabolante Gottschalk-Yutani), le donne stanno ai margini fungendo più che altro da vittime sacrificali (una notevole differenza rispetto alle puntate precedenti) e numerose azioni e situazioni risultano volutamente esagerate, ma tutto funziona come meglio non si potrebbe costringendo il lettore a girare le pagine in modo compulsivo.
 
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catcarlo | Oct 8, 2014 |
Non mi è piaciuto per niente. Troppa violenza gratuita, esagerata! Bella però l'ambientazione gotica, tetra.½
 
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zinf | 5 altre recensioni | Jun 24, 2008 |
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