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Non ci sono solo le arance è il libro che dovete leggere se non siete convintə del potere delle storie. Si tratta di un romanzo autobiografico dove Winterson racconta della sua esperienza di ragazza lesbica cresciuta in una famiglia (e in una comunità) pentecostale e sottoposta al feroce bigottismo della madre. Per sapere cosa c’è di vero e cosa di rielaborato, vi consiglio poi la lettura di Perché essere felice quando puoi essere normale? che io da brava rincoglionita ha letto per primo, perdendomi tutti i riferimenti a Non ci sono solo le arance.
Purtroppo molta dell’omofobia raccontata in questo romanzo è accaduta davvero, ma non è l’aspetto si cui si focalizza Winterson. O meglio, certamente occupa una parte importante in Non ci sono solo le arance, ma il focus è sulle storie, sulla loro importanza e sul loro potere. Winterson ci racconta di come alcune grandi storie, come quelle bibliche, siano diventate ormai sacre e intoccabili, cristallizzate nella loro interpretazione religiosa tanto da diventare delle vere e proprie prigioni, dalle quali evadere espone al rischio di terribili punizioni.
Non aspettatevi perciò il classico romanzo dove la ragazza lesbica riesce a liberarsi della famiglia bigotta e oppressiva grazie all’amore. Il punto di Winterson rimane sempre la dimostrazione del potere delle storie: di quelle che finiscono per fare del male perché contribuiscono alla perpetrazione di un sistema di valori ormai così avulso dalla realtà da piegare le vite delle persone in pochi modelli e ruoli stabiliti; ma anche di quelle che fanno del bene, che ti raccontano che va tutto bene, che oltre il canone della normalità ci può essere la quadratura del cerchio che stai cercando, che le possibilità non sono esaurite da una singola raccolta di storie.
Le storie sono potenti perché raccontandoti rendono reale quel groviglio di identità che ti sembra così alieno e pericoloso che solo a nominarlo ad alta voce sembra poter inghiottire la tua vita per intero. Invece no, non è niente di spaventoso: è il tuo confine, il punto di partenza della tua identità che ti permette di navigare con tranquillità, curiosità e rispetto sulle storie deə altrə. E quando poi dalla tua barchetta in mezzo al mare ti volti a guardare le vecchie storie della tua adolescenza, le trovi tragicamente grottesche nella loro pervicacia di fare del male in nome del loro appiattimento su un unico modo di essere.
Non ci sono solo le arance è un inno al potere salvifico delle storie che raccontano la diversità, che confondo i confini e che fanno esplodere le possibilità. Per questo ə estremistə sono così ossessionatə dai libri femministi e queer e non vedono l’ora di bannarli e denigrarli, lamentandosi della loro esistenza e piagnucolando del loro successo. È ovvio che i giardini deə vicinə, più verdi e pieno di fiori colorati, messi a confronto con i loro orticelli pieni di erbacce faccia loro perdere consensi, seguaci e potere: il vero peccato capitale del quale si macchia ogni minoranza che si rifiuti di stare confinata nel silenzio e nella negazione. ( )
Narratively, Oranges Are Not the Only Fruit is built on a particular irony - a contradiction in which it takes some sly delight....The novel may be a story of self-liberation for a secular age, but it recalls a traditional sense that a person's story is made significant by reference to the Bible. Why should any individual's story matter, after all? Because it follows the pattern of God-given precept and God-directed narrative. All the early heroes and heroines of the English novel - Defoe's Robinson Crusoe, Richardson's Pamela and Clarissa - make sense of their peculiar lives by reference to the Bible
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'When thick rinds are used the top must be thoroughly skimmed, or a scum will form marring the final appearance.' From The Making of Marmalade by Mrs Beeton.
'Oranges are not the only fruit.' -- Nell Gwynn
Dedica
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For Gill Saunders and Fang the cat
TO PHILLIPPA BREWSTER WHO WAS THE BEGINNING
Incipit
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Like most people I lived for a long time with my mother and father. My father liked to watch the wrestling, my mother liked to wrestle; it didn't matter what. She was in the white corner and that was that.
Oranges Are Not the Only Fruit was written during the winter of 1983 and the spring of 1984. (Introduction)
Citazioni
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Everyone thinks their own situation most tragic. I am no exception.
Going back after a long time will make you mad, because the people you left behind do not like to think of you changed, will treat you as they always did, accuse you of being indifferent, when you are only different.
Of course that is not the whole story, but that is the way with stories; we make them what we will. It's a way of explaining the universe while leaving the universe unexplained, it's a way of keeping it all alive, not boxing it into time. Everyone who tells a story tells it differently, just to remind us that everybody sees it differently.
She was Old Testament through and through. Not for her the meek and paschal Lamb, she was out there, up front with the prophets, and much given to sulking under trees when the appropriate destruction didn't materialise. Quite often it did, her will or the Lord's I can't say.
I didn't know quite what fornicating was, but I had read about it in Deuteronomy, and I knew it was a sin. But why was it so noisy? Most sins you did quietly so as not to get caught.
Whelks are strange and comforting. They have no notion of community life and they breed very quietly. But they have a strong sense of personal dignity. Even lying face down in a tray of vinegar, there is something noble about a whelk. Which cannot be said for everybody.
Uncertainty to me was like Aardvaark to other people. A curious think I had no notion of, but recognized through secondhand illustration.
I have a theory that every time you make an important choice, the part of you left behind continues the other life you could have had.
The priest has a book with the words set out. Old words, known words, words of power. Words that are always on the surface. Words for every occasion. The words work. They do what they're supposed to do; comfort and discipline. The prophet has no book. The prophet is a voice that cries in the wilderness, full of sounds that do not always set into meaning. The prophets cry out because they are troubled by demons.
In those days, magic was very important, and territory, to start with, just an extension of the chalk circle you drew around yourself to protect yourself from elementals and the like. It's gone out of fashion now, which is a shame, because sitting in a chalk circle . . . is a lot better than sitting in the gas oven. Of course people will laugh at you, but people laugh at a great many things, so there's no need to take it personally. Why will it work? It works because the principle of personal space is always the same, whether you're fending off an elemental or someone's bad mood. . . .
The training of wizards is a very difficult thing. Wizards have to spend years standing in a chalk circle until they can manage without it. They push out their power bit by bit, first within their hearts, then within their bodies, then within their immediate circle. It is not possible to control the outside of yourself until you have mastered your breathing space, it is not possible to change anything until you understand the substance you wish to change. Of course people mutilate and modify, but these are fallen powers, and to change something you do not understand is the true nature of evil.
Walls protect and walls limit. It is in the nature of walls that they should fall. That walls should fall is the consequence of blowing your own trumpet.
Families, real ones, are chairs and tables and the right number of cups; but I had no means of joining one, and no means of dismissing my own; she had tied a thread around my button, to tug when she pleased.
Ultime parole
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‘This is Kindly Light calling Manchester, come in Manchester, this is Kindly Light.’
Purtroppo molta dell’omofobia raccontata in questo romanzo è accaduta davvero, ma non è l’aspetto si cui si focalizza Winterson. O meglio, certamente occupa una parte importante in Non ci sono solo le arance, ma il focus è sulle storie, sulla loro importanza e sul loro potere. Winterson ci racconta di come alcune grandi storie, come quelle bibliche, siano diventate ormai sacre e intoccabili, cristallizzate nella loro interpretazione religiosa tanto da diventare delle vere e proprie prigioni, dalle quali evadere espone al rischio di terribili punizioni.
Non aspettatevi perciò il classico romanzo dove la ragazza lesbica riesce a liberarsi della famiglia bigotta e oppressiva grazie all’amore. Il punto di Winterson rimane sempre la dimostrazione del potere delle storie: di quelle che finiscono per fare del male perché contribuiscono alla perpetrazione di un sistema di valori ormai così avulso dalla realtà da piegare le vite delle persone in pochi modelli e ruoli stabiliti; ma anche di quelle che fanno del bene, che ti raccontano che va tutto bene, che oltre il canone della normalità ci può essere la quadratura del cerchio che stai cercando, che le possibilità non sono esaurite da una singola raccolta di storie.
Le storie sono potenti perché raccontandoti rendono reale quel groviglio di identità che ti sembra così alieno e pericoloso che solo a nominarlo ad alta voce sembra poter inghiottire la tua vita per intero. Invece no, non è niente di spaventoso: è il tuo confine, il punto di partenza della tua identità che ti permette di navigare con tranquillità, curiosità e rispetto sulle storie deə altrə. E quando poi dalla tua barchetta in mezzo al mare ti volti a guardare le vecchie storie della tua adolescenza, le trovi tragicamente grottesche nella loro pervicacia di fare del male in nome del loro appiattimento su un unico modo di essere.
Non ci sono solo le arance è un inno al potere salvifico delle storie che raccontano la diversità, che confondo i confini e che fanno esplodere le possibilità. Per questo ə estremistə sono così ossessionatə dai libri femministi e queer e non vedono l’ora di bannarli e denigrarli, lamentandosi della loro esistenza e piagnucolando del loro successo. È ovvio che i giardini deə vicinə, più verdi e pieno di fiori colorati, messi a confronto con i loro orticelli pieni di erbacce faccia loro perdere consensi, seguaci e potere: il vero peccato capitale del quale si macchia ogni minoranza che si rifiuti di stare confinata nel silenzio e nella negazione. ( )