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Simona Vinci

Autore di Dei bambini non si sa niente

22+ opere 303 membri 7 recensioni

Sull'Autore

Comprende il nome: Simona Vinci

Opere di Simona Vinci

Come prima delle madri (2003) 26 copie
Stanza 411 (2006) 23 copie
La prima verità (2016) 22 copie
Parla, mia paura (2017) 22 copie
Sei fuori posto: storie italiane (2010) — Autore; Autore — 19 copie
Strada provinciale tre (2007) 17 copie
Brother and sister (2003) 12 copie
Matildacity (1998) 10 copie
rovina (2007) 7 copie

Opere correlate

Alice nel paese delle meraviglie: attraverso lo specchio (1865) — Prefazione, alcune edizioni25,505 copie
Special (2002) — Traduttore, alcune edizioni125 copie

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Informazioni generali

Data di nascita
1970
Sesso
female
Nazionalità
Italy
Premi e riconoscimenti
Premio Dessì (2008)

Utenti

Recensioni

E' un romanzo? E' un saggio? E' un libro di cronaca? E' tutti e tre forse. Scritto abbastanza bene ma troppo troppo femminile (due personaggi su una trentina sono maschi, anche se il co-protagonista è un bambino), troppo non chiaro nella sua stesura fra passato remoto, passato prossimo e presente.
Se lo vedo come esperimento di scrittura, che mischia vari generi fra loro, è sicuramente un bel libro. Forse poteva essere un po' più lungo, più aperto, più sempice nella sua stesura: che in alcuni punti accelera troppo, come se ci fosse una spinta a chiudere il capitolo, il capoverso, il libro sempre in fretta.… (altro)
 
Segnalato
sbaldi59 | 1 altra recensione | Mar 18, 2019 |
Autobiografia di un forte disagio: attacchi di panico, ansia, dismorfofobia. Ha il valore di una testimonianza.
 
Segnalato
gianoulinetti | Dec 10, 2017 |
Incipit
”Un lettino di ferro con le sbarre bianche e un corpo nudo, quello di una bambina tra il sette e dieci anni. Che è una femmina, si capisce solo del taglio tra le gambe unite e tenute ferme da una cinghia di contenzione. Anche le braccia sono legate alle sponde con due strisce di tela e tutto il peso del corpo si regge sui gomiti. Dietro la schiena, un cuscino macchiato e sotto il sedere, una tela cerata. Nell’angolo il fondo a destra si intravede un materasso a righe.
Poi c’è il buio.”

Un libro che parla di manicomi, di repressione di malati (ma anche di politici), di torture e di sofferenze.
Gli ambienti sono diversi: per gran parte la storia è ambientata nell’isola di Leros, dove, per lungo tempo, fino agli anni ‘70, furono internati, in un lugubre edificio, i “matti” di tutta la Grecia e, dopo il colpo di Stato dei colonnelli, nel 1969, anche gli oppositori politici. Tra questi il poeta Yannis Ritsos, al quale si ispira uno dei personaggi del libro.
Un altro luogo è Budrio, dove il rapporto con i “matti”, seppure meno drammatico, è frequente e colpisce la fantasia dei bambini. A Budrio c’erano due istituti psichiatrici: il San Gaetano e Villa Donini, con un totale di circa 600 ricoverati.
Infine, l’ultimo luogo raccontato nelle pagine finali del libro è Freetown in Sierra Leone: si tratta dell’ospedale psichiatrico Kissy Mental, che era l’unico in tutto il Paese.

Questo libro mi ha colpito perché condivido con l’autrice l’interesse per la storia dei manicomi e delle tante vite legate a queste istituzioni. C’è sempre in questi luoghi qualcosa di misterioso, di segreto e di vergognoso, come se fossero luoghi sotterranei. Per questo siamo attratti nel desiderio di esplorarli e affascinati dalla ricerca del segreto, anche se, spesso, alla fine, ci troviamo davanti a vicende banali, di “ordinaria follia” e non riusciamo raggiungere una comprensione maggiore di quella dalla quale eravamo partiti.
Ho segnato un pezzo che mi ha colpito, che riguarda la passione per le ricerche negli archivi e per lo scavo nei faldoni, la curiosità che ci spinge, come dei “minatori”, a cercare tra le storie delle risposte:

“Questa stanza nel seminterrato di un edificio di un’isola sperduta nell’Egeo, con i suoi veli di ragnatele che sembravano millenarie, lo strato di polvere oleoso che ricopriva ogni cosa, per lei era un sogno … Una fila di faldoni scoloriti e in disordine. Registri annuali, cartelle di pazienti, fotografie, tutto affastellato senza un ordine cronologico, quasi scompigliato di proposito, come se conoscere la storia di quel posto e delle persone che ci erano finite dentro dovesse risultare impossibile a chiunque avesse osato metterci le mani in mezzo … Forse, pensò Angela, dietro non c’era niente di strano o misterioso, niente che valesse la pena di essere indagato, davvero doveva trattarsi solo di incuria e disinteresse, perché in effetti le vite di quelle persone erano irrilevanti. Erano irrilevanti i loro nomi, le loro facce, le diagnosi a loro riferite, irrilevante la durata del loro passaggio in questo posto in particolare e, in generale, del loro passaggio sulla terra. Decine, centinaia, migliaia di disadattati, psicopatici, cerebrolesi, deficienti, handicappati, casi umani tutti diversi, ma in fondo tutti uguali”
(Pagine 64 65)

Dunque “irrilevanti”, da nascondere, da tenere lontani (non a caso i manicomi erano costruiti sempre lontani dalle città e addirittura nelle isole chiusa). Ma questo disordine dell’archivio corrisponde bene al disordine del “mondo di sopra”, dove si aggirano i “matti”, lasciati a se stessi, tra la sporcizia, oggetti di semplice custodia o peggio di contenzione, e mai di cura.
… (altro)
½
 
Segnalato
ren47 | 1 altra recensione | Mar 1, 2017 |
Forse mi ha solo fatto paura
Come mi è capitato altre volte, attribuisco un voto basso ad un libro che merita di essere letto.
L'autrice è senza dubbio molto brava, descrive benissimo lo sfondo, ti fa toccare con mano le anime ferite delle persone che davanti a quello sfondo camminano, s'incontrano, sopravvivono.
Ma la prima parte del libro è tutta descrittiva del paesaggio, non succede nulla, e a me un centinaio di pagine tutte così annoiano.
Poi succedono un sacco di cose, ma sono strette, strozzate in quel che rimane del libro.

Forse quel che non mi è piaciuto è soprattutto il fatto che sembra un film, non un libro.
Quando guardi un film non c'è spazio per l'immaginazione, te ne stai lì passivo a ricevere immagini pensate da altri.
Strada provinciale 3 è così, ti scorre davanti agli occhi e tu non puoi farci niente, probabilmente a causa della bravura della Vinci a descrivere.
Ma mi ha obbligata a vedere la vita con i suoi occhi, e il suo modo di vedere non mi è piaciuto.
C'è solo desolazione, e solitudine, e sofferenza, e sembra che ogni vita, anche quella che si reputa "normale", sia inutile, squallida, senza senso, imprigionata come quella di un criceto che gira sulla ruota.
Ed io non sono d'accordo, neanche un po'.

O forse mi ha solo fatto paura.
Aug 26, 2008
… (altro)
 
Segnalato
lillilupe | Jul 31, 2012 |

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