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Recensioni

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Ho per Stefano Benni una vera simpatia ed ho preso in mano questo suo classico con interesse. Ma già dalla quarta di copertina ho capito che per me la lettura sarebbe stata complicata, non è più il tempo per giochi di parole nella fantascienza, la lettura deve per forza di cose diventare selettiva, devo liberare tempo, non farmene perdere. E così dopo una cinquantina di pagine interrompo la lettura, inutile andare avanti, il gioco dei personaggi di Benni di un mondo futuribile non mi appassiona. Anzi, mi annoia.
 
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grandeghi | 8 altre recensioni | Nov 7, 2023 |
I romanzi di Stefano Benni sono come dei sonetti. Ironia, satira tagliente, fantasia sfrenata, paradossi e contraddizioni, giochi di parole. Più che la trama conta la scrittura e la creatività debordante dello scrittore.
Mai banale Stefano Benni usa la metafora come arma, la metafora di un mondo reale che sempre di più assomiglia al mondo surreale dei suoi racconti. E così anche il personaggio principale, il nostro mago Baol, viene messo in discussione nella sua stessa essenza. Gradevole alla lettura. Sublime.... per gli innamorati di Stefano Benni, forse non per tutti.
 
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GabrieleSc | 3 altre recensioni | Nov 7, 2022 |
Fresco, facile, a volte divertente, a volte si ripete. Se non hai voglia di pensarci troppo sopra Benni piace sempre... o quasi.
 
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Fernando-Dellachaux | 6 altre recensioni | Jul 18, 2022 |
Stefano Benni sfida il racconto di genere e apre la porta dell’orrore. Lo fa con ironia, lo fa attingendo al grottesco, lo fa tuffandosi nel comico, lo fa tastando l’angoscia, lo fa, in omaggio ai suoi maestri, rammentandoci di cosa è fatta la paura. E finisce con il consegnarci una galleria di memorabili mostri.
E allora ecco gli adolescenti senza prospettiva o speranza, ecco il Wenge – una creatura misteriosa che semina panico e morte –, ecco il plutocrate russo che vuole sbarazzarsi di un albero secolare, ecco una Madonna che invece di piangere ride, dolcemente sfrontata, ecco il manager che vuole ridimensionare un museo egizio sfidando una mummia vendicativa.
Con meravigliosa destrezza Stefano Benni scende negli anfratti del Male per mettere disordine e promettere il brivido più cupo e la risata liberatoria. E in entrambi i casi per accendere l’immaginazione intorno ai mostri che sono i nostri falsi amici, i nostri veleni, le nostre menzogne.

La paura è una grande passione, se è vera deve essere smisurata e crescente. Di paura si deve morire. Il resto sono piccoli turbamenti, spaventi da salotto, schizzi di sangue da pulire con un fazzolettino. L’abisso non ha comodi gradini.
 
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kikka62 | 1 altra recensione | May 7, 2020 |
Avete mai sognato di partecipare al Campionato Mondiale di pallastrada, organizzato dal Grande Bastardo, protettore degli orfani di tutto il mondo? Memorino, Lucifero e Alì sì, molte volte, e per realizzare il loro sogno architettano una fuga dall'orfanotrofio dei Celestini. Subito don Biffero, il priore Zopilote, don Bracco e il giornalista Fimicoli, in coppia con il fotografo Rosalino, si lanciano all'inseguimento. Tutto intorno, una folla di personaggi bizzarri, stravaganti e coloratissimi nella tradizione del miglior Benni. Ma su questa variegata compagine aleggia un'oscura e crudele profezia, che appare sui muri di un palazzo e che sembra destinata a spazzare via tutto e tutti. È impossibile prevedere cosa succederà.
 
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kikka62 | 9 altre recensioni | Apr 25, 2020 |
Quali sono le ventisette azioni dell’uomo civile? Lo scoprirete a Montelfo, il paese più magico e fantastico del mondo. In un romanzo di sfrenata comicità. Stefano Benni monta un grande circo di creature indimenticabili.
 
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kikka62 | 6 altre recensioni | Apr 25, 2020 |
 
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ScarpaOderzo | 1 altra recensione | Apr 13, 2020 |
 
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ScarpaOderzo | 6 altre recensioni | Apr 13, 2020 |
 
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ScarpaOderzo | Apr 13, 2020 |
Ritiro fuori questa raccolta di Stefano Benni, ritrovata nei libri di Ascea che prima o poi meriteranno ordine e catalogazione. Sono 27 racconti, alcuni molto brevi, in cui Benni propone una ironica lettura del mondo a modo suo. Benni scrive bene ed ha una grande fantasia. Alcuni racconti sono geniali, quello del libraio che parla con i libri e li vende solo se il volume apprezza il potenziale lettore; o quello del venditore intergalattico che confonde un potenziale lettore con una cabina telefonica. Da ragazzo apprezzavo moltissimo Benni; con l’età continuo a leggerlo con piacere, ma ne vedo i limiti, non riesce ad andare oltre sé stesso, troppo condizionato da una cultura popolare che lo rende, spesso, uguale a sé stesso. Comunque, la lettura è piacevole, ma non entusiasmante.
 
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grandeghi | 1 altra recensione | Feb 13, 2020 |
Il libro è gradevole. E' un racconto fantastico arricchito da disegni, fumetti, mappe che, nel solito stile di Benni, parla di un altrove che è il nostro quotidiano. Riesce però solo parzialmente nell'intento. I personaggi sono gradevoli ma non memorabili come in altri libri. La storia è esplosiva, fin troppo per le poche pagine del libro e appare come un dolce non perfettamente lievitato. E forse non centra l'obbiettivo. Non è un libro per adulti, non è un libro per ragazzi (alcune allusioni a sfondo sessuale). Insomma, lo consiglio sono a chi ha già letto altro di Benni.
 
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LoScintillio | Nov 2, 2018 |
A Montolfo, paese immaginario, che a me piace immaginare collocato sulle colline emiliane, va in scena il decamerone di Benni; ventisette azioni dell’uomo civile raccontate sotto forma di fiabe moderne, con personaggi immaginari, alla fine deputati a difendere il bar sport, simulacro della difesa dell’umanità e delle tradizioni, dall’assalto scoordinato del progresso, impersonificato dalla costruzione di un grande centro commerciale. La capacità di scrittura e di immaginazione di Stefano Benni sono il sale di questo romanzo satirico organizzato, come detto, sotto forma di racconti brevi. Al solito scontato la componente politica e ideologica dell’autore, in fin dei conti un po' rozza, strabordante di piccoli luoghi comuni, tra cui la piccola eterna guerra contro il male dei mali, impersonificata dal mai citato, ma troppo presente Berlusconi e il berlusconismo. Pane e tempesta, come dicono spesso i protagonisti immaginari di questo romanzo è il companatico della gente, noi mangiavamo pane e tempesta, siamo cresciuti a pane e tempesta; e allora questo libretto diventa una sorta di ricetta salvifica e anche un po' ottimista per interpretare la crisi morale dell’Italia 2.0. Il libro si legge che è una bellezza, come detto qualche luogo comune di troppo, ma alla fine una lettura sicuramente piacevole.
 
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grandeghi | 6 altre recensioni | May 6, 2018 |
Notevole, altro che idee finite: visione del futuro, umanità, umorismo e ricercatezza linguistica. Uno dei suoi migliori.
 
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giuliopk | 9 altre recensioni | Jan 11, 2018 |
oddio...non so... Adoravo Benni, ma...che razza di finale! c'è qualcosa che non quadra più nella sua vena. il libro è spassoso, ha alti momenti di coinvolgimento...ma poi sembra quasi l'abbia scritto un'altra persona. bah
 
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ShanaPat | 9 altre recensioni | Aug 24, 2017 |
(Come inizia:) " La prima volta che la vidi avevo quindici anni. Avevo lasciato la scuola e non ci volevo tornare. Se dovevo perdere tempo, avrei deciso io come. Perciò passavo i giorni e le notti a farmi male, con la sacra stupidità della giovinezza. Leggevo solo libri di suicidi, frequentavo balordi, bevevo di tutto, dagli amari allo stravecchio, fumavo e mi gloriavo di un catarro da ottantenne..."
(pag. 64) " ... Cerchiamo di dimenticare giocando che c'è un gioco più grande di noi, e a questo gioco molti di noi hanno perso qualcosa, o tutto. Ma qualcosa ci fa tornare qui , ci tiene insieme. Un sogno. Chi pensa di vincere una piccola scommessa, alle carte, ai cavalli, al biliardo. Chi immagina di giocare una partita di cui vantarsi... ogni notte ci portiamo dietro questo brandello di speranza. Così il dolore, a volte, non ci uccide ..."
(pag.82) " ... Il mare profondo è l'ultimo posto dove puoi ancora incontrare qualcosa che ti lascia senza fiato. Quando hanno tirato su col tramaglio quel pesce mai visto, lungo e trasparente che sembrava avesse ingoiato una luminaria di Natale ..."
(pa.106) " ... Oppure Aixi, all'ultimo momento, fa una capriola da delfino e torna nuotando a riva. Non vuole più morire e si butta esausta sulla spiaggia, troppo stanca per piangere. Il sole si alza e la scalda. Il mare le lambisce i piedi. Loro sono grandi, ma si accorgono anche di una cosa piccola come lei."
 
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circa2000 | Jun 12, 2016 |
Questo, come invece potrebbe far pensare la quarta di copertina, non è un romanzo di viaggi nel tempo. Non parla di mirabolanti avventure in epoche andate o ancora a venire, e di certo non ha un incredibile protagonista che sa saltellare attraverso le maglie del tessuto spazio-temporale.
Saltatempo è un meraviglioso miscuglio di mille generi: è un romanzo storico, un romanzo rosa, un romanzo di formazione e un romanzo introspettivo, in cui la possibilità del protagonista di poter "vedere" cosa succederà è solamente un pretesto narrativo, secondo me, per poter parlare dell'Italia di quegli anni, dell'adolescenza nel '68, della difficoltà di crescere senza abbandonare sè stessi alla corrente del fiume.

L'inizio, personalmente, è stato un po' stentato. Parte con una prosa fulminante, al limite dell'assurdo, quasi troppo particolare: legata alla natura ancora infantile del piccolo Lupetto, inconsapevole nel suo mangiare "schizzozibibbi" (o, come la conosciamo noi, uva) del fatto che presto incontrerà una divinità. Una divinità che, come le molte altre presenze che avranno la loro parte durante l'arco narrativo, è legata all'infanzia del protagonista, alle montagne, alla natura, alla semplicità e ad una sorta di "sporco buono"; gli donerà un orobilogio, un orologio interno che funziona in modo decisamente diverso dal nostro. Io l'ho inteso come una specie di "orologio biologico dell'anima", che può far compiere dei salti in avanti o indietro a Saltatempo, così da vedere come finiranno certe persone e certi posti, oppure incontrare di nuovo degli spiriti del passato. Ma, come vi ho detto prima, questo non vuol dire che questo sia un romanzo di fantascienza: la capacità di questo fantastico adolescente è un pretesto. Quando lui vede il futuro ottiene lo sprone per combattere, quando vede cosa ne sarà di un amico, o un rivale, riflette. La possibilità di relazionarsi a due diversi orologi (quello interno che ognuno di noi possiede, legato al presente, e il suo orobilogio per il passato ed il futuro) gli conferisce una capacità d'analisi del mondo che è quasi impossibile da trovare nel mondo reale, semplicemente perchè è come se Saltatempo possedesse due anime. Quella che vive ora, e quella che conosce il resto.

Tutto questo mentre Saltatempo cresce, diventando un po' adulto e rimanendo un po' bambino, e insieme a lui si sviluppa anche lo stile di Benni, che mi è sembrato "riordinarsi" e farsi più chiaro, piacevole, mantenendo nonostante tutto quella vena fuori dagli schemi che dà ai suoi libri un'aria forte, indomita si potrebbe dire, e quella comicità sui generis che proviene dalle persone, dalle situazioni (che, anche quando sembrano assurde e mal riposte, mostrano un loro splendido perchè), e soprattutto dalle parole.
L'adolescenza del protagonista, che ci accompagnerà per un buon tre quarti del libro, si rivela così come il miglior campo dell'autore, perchè Benni conosce l'adolescente, e conosce la realtà di quegli anni: sa come raccontare l'amore, la rabbia, la libertà, la speranza, la delusione, la duplicità e l'indecisione di questa nostra età assurda.
Riesce a raccontare della prima cotta, delle prime esperienze, senza risultare eccessivo o volutamente spinto, sa raccontare l'esperienza del primo amore senza per questo cadere nel sentimentalismo e sa raccontare anche le sofferenze del cuore quando questo sembra scivolare via, e tu rimani impotente a guardarlo.
Sa essere commovente perchè il dolore è reale, non se ne esce indenni ma si prova a tirare avanti lo stesso e perchè le scene di dolore collettivo, l'espressione della comunità in lutto (davvero molto forte e palpabile) riesce a portare, come nella vita vera, quel fondo di speranza che ci ha permesso di arrivare fin qui; e questa proviene dal tono lieve della narrazione, che non sminuisce però la portata tragica degli eventi. Semplicemente, permette che questi pesi diventino più leggeri, e che si posino sull'anima senza romperla.

Riprendendo un termine che ho usato poche righe più sopra, vorrei sottolineare anche la meravigliosa galleria di personaggi, la comunità appunto, di questo paese di collina/montagna che Benni sembra conoscere bene: ci si affeziona a tutti, nessuno escluso. In tutti ho onestamente ritrovato un tratto tipico del paesano, senza per questo ritenerle macchiette ad uso e consumo della storia. Ognuno ha le potenzialità per essere un personaggio vero e dignitoso, di cui ci vengono date solo alcune immagini, e ho apprezzato moltissimo questo particolare perchè rende tutta la narrazione più reale, più vicina al lettore, che crea così un legame tra sè e questo paese senza nome, come Saltatempo.

Inoltre viene trattata una tematica difficile, che è il '68 e tutto ciò che l'ha causato; tuttavia viene mostrato ed analizzato come scalino della crescita del protagonista e, per fortuna, non con fini moralizzatori (del genere "convertiamoci tutti all'ideologia sessantottina"), anzi. Sebbene sia assolutamente palese che l'autore ha delle simpatie ben radicate, probabilmente anche risalendo ad alcuni ricordi, io non vi ho trovato alcun accenno alla propaganda politica. Solo, come ho cercato di scrivere in questa recensione, il racconto di una storia.
Gli eventi presi in considerazione assumono così un gusto reale che li fa apprezzare di più a chi, come me, non era presente, e vengono anche usati per riprendere il motivo, già ampiamente presente nelle pagine dedicate al paese, che inizia a essere preso di mira da sfruttatori senza scrupoli, della decadenza dell'uomo: il passaggio, lento ma inesorabile in questi ultimi anni, dal bosco col suo ritmo dolce all'ingiustizia dello sfruttamento becero e frenetico, teso con tutte le sue forze verso il denaro, questo dio davvero sporco che si contrappone agli dèi di Saltatempo: anche loro sporchi, come ho scritto prima, ma di terra buona e muschio.

Saltatempo mi ha lasciato tanti pensieri su cui riflettere, una bella storia, emozioni intense e un personaggio che penso non sia possibile dimenticare. Cosa si può chiedere di più, da una storia?
 
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Dasly | 7 altre recensioni | Feb 18, 2014 |
devo scusarmi ma qui sono di parte. adoro questo scrittore. tutta la sua scrittura, come lo è anche in questo libro secondo me squisito, costellata di saggezza ironia dramma leggerezza e tanta tanta profondità. sembrano dei paradossi ma non è così.... è la bellezza dello scrivere allo stato puro
 
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raix | May 7, 2013 |
Sluggiucchaito qua e là, con una costante sensazione di déjà vu e molta malinconia per qualcosa che è stato bello in passato, ma adesso è poco più che patetico.½
 
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gianoulinetti | 6 altre recensioni | Feb 6, 2013 |
veramente troppo deprimente...
 
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sereq_ieh_dashret | 4 altre recensioni | Jan 4, 2013 |
L'ho letto così tante volte che ho rotto la copertina... Tutte le storie sono esilaranti, ma quelle ambientate a Sompazzo (paesino immaginario dell'Emilia Romagna) sono particolarmente surreali. Memorabile la gara a insulti per la conquista di una bici da corsa e la storia in cui si forò il sole.
 
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sereq_ieh_dashret | 6 altre recensioni | Jan 4, 2013 |
I tre demoni e il maestro di arti marziali sono troppo forti...
 
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sereq_ieh_dashret | 2 altre recensioni | Jan 4, 2013 |
Benni ormai mi sembra ripetitivo, la storia è molto simile alle vicende di Saltatempo, e oltretutto il libro non ha un buon equilibrio: dalla seconda parte sembra solo una cucitura di racconti, perde un po' il susseguirsi degli eventi. Certo, ha sempre una gran fantasia nell'inventarsi personaggi mirabolanti, ma poi tutto si riduce come al solito ad una predicuccia contro gli speculatori.
 
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ShanaPat | 6 altre recensioni | Jul 19, 2012 |
Non m'è piaciuto molto, capisco l'ironia e la caricaturialità di Benni, ma stavolta non gli son stata dietro..
Ho apprezzato il primo monologo (Beatrice) per l'allegria che emergeva e quello dell'Attesa, perchè presentava scorci che mi han fatto riflettere.
Un'altra cosa buona di questo libro è nel frontespizio, la dedica che m'ha fatto l'autore.
 
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rosie.cotton | 2 altre recensioni | Apr 23, 2012 |
Un romanzo, un viaggio, un divertimento scatenato. è l'anno 2156: da una Parigi sotterranea e da un mondo ghiacciato dalle guerre nucleari, parte un'incredibile corsa spaziale, verso una nuova terra più vivibile. Contro la Proteo Tien, la scassatissima astronave sineuropea, e il suo ancor più scassato equipaggio, scendono in campo due colossali imperi: l'Impero militare samurai, con una miniastronave su cui un generale giapponese guida sessanta topi ammaestrati, e la Calalbakrab, la reggia volante del tiranno amerorusso, il Grande Scorpione. Intanto a terra, per risolvere un mistero legato alla civiltà inca, si affrontano Fang, un vecchio saggio cinese, e Frank Einstein, un bambino di nove anni genio del computer. La chiave del mistero inca del "cuore della terra" è anche la chiave del viaggio nello spazio. La discesa nelle viscere della montagna peruviana di Fang ed Einstein apparirà ben presto legata in modo magico e oscuro al viaggio della Proteo negli orrori e nelle allucinazioni dei Pianeti Dimenticati. Storie parallele e profezie, streghe astronaute e uomini serpente, geroglifici e slang spaziali, indovini e pirati, minestre misteriose e rivolte rock, sirene e computer con l'esaurimento nervoso si intrecciano in questo romanzo che fa invadere dagli eroi della vecchia avventura lo scenario della nuova avventura tecnologica. La scienza, la fantasia, la filosofia si arrestano davanti al mistero di una civiltà antichissima, e sfidano i potenti di un mondo guerriero. Riusciranno i nostri eroi ad aprire le quindici porte? Riusciranno a raggiungere il pianeta della mappa Boojum? Riusciranno a trovare, per la seconda volta, la Terra?
 
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Cerberoz | 8 altre recensioni | Mar 22, 2012 |
Un cane troppo fedele che torna sempre come un boomerang dal padrone che lo vuole abbandonare; un potentissimo manager pronto a tutto pur di riunire i Beatles per un concerto; un terzino fantasioso e romantico su uno spelacchiato campo di periferia; un arrogante e irredimibile uomo d'affari; un frate che sceglie il silenzio per sentirsi più vicino a Dio ma viene vinto dalla bellezza di una muta; una perfida vecchietta divorata dall'invidia e dal livore sono solo alcuni dei protagonisti di questa raccolta di racconti, nella quale Benni mostra il lato più curioso, imprevedibile e misterioso della vita.
Quanto è diventata amara l'ironia di Benni!
No, non mi dite che è sempre stato uno scrittore "denso", che le sue storie hanno sempre avuto un risvolto non solo cinico ma anche doloroso. È vero, ma solo in parte. Qualcosa in lui è certamente cambiata (sarà forse una questione d'età, sarà che a furia di guardare il mondo si diventa pessimisti) e i suoi racconti si sono fatti più bui, più feroci, umoristici ma molto amari, appunto.
Sono storie di atroci solitudini, di disperazione, di morte.
Si sorride sì, ma alla fine il sorriso si scioglie nell'acido, assieme alle esistenze difficili che Benni ci racconta. E sembra dirci, in questi brevi ritratti, che gli uomini a volte guardano il cielo e cercano Dio, ma lui non guarda mai giù.
Un vedovo rimasto solo con il suo cane arriva a odiarlo così tanto da suicidarsi.
Uno "sfigato" spende tutti i suoi soldi per telefonini che non gli serviranno mai a nulla perché nessuno lo chiamerà. E decide di chiamarsi da solo, ma l'euforia di questa novità non gli basterà per tenere lontana la tragedia.
Solo, anzi, solissimo è anche lo scienziato alla ricerca vana dell'uomo più solo del mondo: gira gira non si accorge che non vive sui monti, né all'Artico ma sta a casa sua.
Totalmente abbandonata una novella Alice sedicenne alla ricerca di un luogo dove dormine nel Paese delle Meraviglie che tanto meraviglioso non è.
E parlando di favole anche l'Orco cattivo può ritrovarsi solo e indifeso, magari proprio nelle mani di quella ragazzina bionda che voleva aggredire.
Si prosegue così, da un racconto all'altro per chiudere con una storia commovente sulla vecchiaia e la morte.
Un po' Rodari (basti citare la bella favola delle Lacrime, quasi una Torta in cielo) e un po' Calvino - con i tanti Marcovaldo che si aggirano in queste pagine -, Benni ci racconta la vita, ci fa guardare la realtà, ci fa anche sorridere ma soprattutto rabbrividire .
 
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Cerberoz | 4 altre recensioni | Jan 29, 2012 |