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Sto caricando le informazioni... Amsterdam (originale 1998; edizione 2005)di Ian McEwan
Informazioni sull'operaAmsterdam di Ian McEwan (1998)
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Iscriviti per consentire a LibraryThing di scoprire se ti piacerà questo libro. Attualmente non vi sono conversazioni su questo libro. ET Ciò che rimane impresso di questo romanzo, dopo averlo finito, è la sensazione di sorpresa. Tutto ciò che accade in questo libro, infatti, porta al lettore la percezione di trovarsi sempre di fronte ad uno sviluppo inaspettato; ovviamente, questo non fa che accrescere la mia ammirazione nei confronti di McEwan, che aveva già dato prova di sé, per quanto mi riguarda, con il magnifico Espiazione. Inoltre, avendo letto questo libro in lingua originale, ho potuto immergermi completamente nella poetica dell'autore, che utilizza un inglese non troppo difficile per quanto riguarda la sintassi, ma che si rivela particolarissimo quando si parla di ritmo, cambi di tono, passaggi di narrazione. E' qualcosa che si sente, quando si legge un libro di McEwan, anche in italiano (sebbene, com'è ovvio, il testo originale conservi quel "non so che" in più); e questo è merito di chi traduce, che riesce a trasportare la cadenza particolare dell'autore nella nostra lingua. Complimenti, quindi, a Susanna Basso, la traduttrice, che tra l'altro si è occupata anche di altri ottimi autori, oltre ad aver pubblicato un libro sul suo mestiere. Ma ora torniamo ad Amsterdam. Amsterdam è un romanzo breve, che tuttavia condensa i momenti più importanti della vita di diverse persone e rapporti che durano, tra alti e bassi, da una vita; la "scusa" che mette in discussione questi legami, creandoli o distruggendoli, è Molly Lane, deceduta per una malattia degenerativa. E' una donna di cui, in fondo, McEwan ci dice poco o niente, perché lascia che siano i ricordi degli altri protagonisti a dipingercela: il lettore così ottiene diversi ritratti di lei, uno per ogni punto di vista. Tuttavia, come dicevo, Molly è più che altro una scintilla, il primo ingranaggio del complesso meccanismo narrativo: un catalizzatore che dà inizio alle reazioni ma che poi non arriverà a farne davvero parte. Quelli che si potrebbero definire "protagonisti principali" della storia sono tre: Clive, Vernon, e Julian Garmony, politico molto legato a Molly. Dico "potrebbero" perché in realtà sembra quasi che ogni personaggio proposto sia contemporaneamente la figura principale del libro e un personaggio secondario molto ben caratterizzato: ognuno ha il suo momento di gloria e ognuno si deve fare da parte, quando la sequenza narrativa porta il narratore onnisciente a spostare la propria attenzione su un altro personaggio. Tutto ciò, grazie all'abilità di McEwan nel destreggiarsi tra vari punti di vista, porta anche ad avere una caratterizzazione molto particolare, che ci fornisce di ognuno un ritratto che si muove su due binari: come si vede il soggetto e come viene visto il soggetto. Ci consente di conoscere tutti attraverso varie sfaccettature e li rende vivi, reali, non stereotipati; allo stesso modo, ovviamente, le dinamiche tra di loro vengono approfondite. Tutto questo, unito agli avvenimenti che questi personaggi condividono, porta anche a riflessioni su alcuni degli aspetti etici più vicini alla sensibilità umana: il diritto ad essere ciò che si vuole, alla privacy, all'informazione. Il diritto di agire o non agire, il diritto di morire, il diritto di scegliere. La forza dei sentimenti, dell'arte, della paura. Temi che ci vengono proposti senza calcar la mano, ma insinuando il dubbio. E' senza dubbio il segno della grandezza di McEwan, sia a livello di letteratura (per come il tema viene proposto, sotto forma così intrigante), sia a livello umano (perché, secondo me, inserendo queste domande ataviche McEwan ci mette a conoscenza di ciò che lui stesso, come ogni uomo, si domanda). Ovviamente queste domande sono quelle che si pongono i protagonisti: ad esempio Clive, che è un musicista molto conosciuto, in procinto di affrontare un incarico molto importante, in una scena incarna perfettamente l'indecisione tra l'agire e il rimanere fermi. E' riflessivo, segue l'attimo che lo ispira, appare talvolta dubbioso; lo sento molto vicino a me, come persona, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Vernon, invece, così cinico e alla ricerca del successo, è più distante da me: parlando a livello generale, devo ammettere che, durante il dipanarsi della trama, mi rendevo conto di "tifare" più per Clive che per Vernon, nonostante avessero entrambi le loro buone ragioni. Garmony invece mi suscita una sorta di ambivalenza: all'inizio è odioso, ma poi, svelando le sue debolezze, non può che far riflettere, rivelandoci un lato umano che non ci si aspettava. Questo passaggio avviene soprattutto grazie alla moglie, Rose Garmony, personaggio più defilato che ho trovato magistrale. E' presente, in totale, in una ventina di pagine circa, e mi ha colpita con un'intensità incredibile. Il discorso che fa in queste pagine, il punto di vista che mostra al lettore, sono, insieme al finale, alcuni dei momenti di maggior forza e bellezza del romanzo. Il finale, appunto. La quarta di copertina avverte il lettore: "And why Amsterdam? What happens there to Clive and Vernon is the most delicious climax of a novel brimming with surprise". Solo che solitamente si sa che non sempre queste sono veritiere o ben scritte, quindi ci si dà poco conto; e invece, per una volta, ha avuto pienamente ragione. Perché, come in un crescendo musicale, la fine è la nota più alta e perfetta di questo romanzo: ci si arriva con tensione, incredulità (nel senso buono, ovvio) e una sorta di presentimento. Non si può fare a meno di sgranare gli occhi e stupirsi, anche se si sospettava qualcosa, anche se forse il nostro inconscio aveva già raggiunto la giusta conclusione; insomma, un ottimo colpa di scena. Un libro di Ian McEwan diverso da quello che avevo già letto in precedenza, ma che conferma le sue ottime capacità di narratore e romanziere, oltre che la sua abilità nella creazione di momenti incredibilmente lirici; a tal punto che sicuramente mi procurerò altri suoi libri da leggere!
Because Booker prize deliberations go on behind closed doors, we'll never really know what led the judging panel to Ian McEwan's Amsterdam. Naturally, that makes it all the more tempting and intriguing to speculate. What discussions were there? What compromises were made? Who stuck the knife into poor old Beryl Bainbridge? Were there displays of taste and erudition from Douglas Hurd and Nigella Lawson? How was the case made for Amsterdam? Were there compromises, or just a fuzzy consensus? Did anyone dissent? Did anyone actually try to suggest that this isn't a very good book? On the latter question, we must assume that the answer was "no" – or that the person making the case against the book was roundly ignored. As I shall now attempt to show, a point-by-point debunk of the novel can be carried out in around five minutes – even less time than it takes to read the thing. Amsterdam is an intricate satirical jeu d'esprit and topical to the point of Tom Wolfeishness. It is also funnier than anything McEwan has written before, though just as lethal. ''Amsterdam'' is very British and, despite its title, takes place mainly in London and the Lake District. On the scale of nastiness, it gets high grades as well. But it is less unsettling than McEwan's earlier solemn-gory fables since its humorous dimension is everywhere apparent -- granted that the humor is distinctly black. Its tone overall, as well as part of its theme, reminded me more than once of the excellent 1990 Masterpiece Theater production ''House of Cards,'' in which Ian Richardson plays a sinister Tory cabinet minister. What readers tend to remember from McEwan's fiction is its penchant for contriving scenes of awful catastrophe: human dismemberment in ''The Comfort of Strangers''; a confrontation between a woman and two deadly wild dogs in ''Black Dogs''; the tour de force balloon disaster that brilliantly opens ''Enduring Love.'' Nothing in ''Amsterdam'' quite measures up to these events. Instead, the tribulations of its two main figures -- a composer, Clive Linley, and a newspaper editor, Vernon Halliday -- are treated in a cooler, more ironic manner, even as they move toward disaster. This chilliness is an extension of McEwan's habitual practice of damping down the sensational aspects of his imagined encounters by narrating them in a precise, thoughtful, unsensational way. It may, in fact, make the violence, when it occurs, seem that much more natural and inescapable. Appartiene alle Collane EditorialiÈ contenuto inPremi e riconoscimentiMenzioniElenchi di rilievo
On a chilly February day, two old friends meet in the throng outside a London crematorium to pay their last respects to Molly Lane. Both Clive Linley and Vernon Halliday had been Molly's lovers in the days before they reached their current eminence: Clive is Britain's most successful modern composer, and Vernon is a newspaper editor. Gorgeous, feisty Molly had other lovers, too, notably Julian Garmony, Foreign Secretary, a notorious right-winger tipped to be the next prime minister. In the days that follow Molly's funeral, Clive and Vernon will make a pact with consequences that neither could have foreseen. Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
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