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Paesi tuoi (1941)

di Cesare Pavese

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Paesi tuoi è un libro dal sapore antico: ci riporta indietro in un tempo in cui campagna e città erano davvero i due mondi inconciliabili de Il topo di città e il topo di campagna di Esopo.

Berto e Talino si sono incontrati in prigione: il primo è un torinese avvezzo alla vita cittadina, mentre il secondo è un contadino. Già nella descrizione del loro comportamento all'uscita dal carcere avvertiamo la dicotomia città/campagna. Talino è palesemente impacciato davanti alle dinamiche cittadine così familiari a Berto, che, nei suoi pensieri, non fa che compatire l'ignoranza del compagno.

La situazione, però, si capovolge dal momento in cui Berto si lascia convincere ad andare a casa di Talino, allettato da un lavoro certo. Le dinamiche della campagna e, in particolare, della famiglia di Talino disorientano Berto – e, insieme a lui, anche noi lettori siamo sconcertati da ciò che avviene in quella famiglia.

La prosa di Pavese, infatti, nella sua scarna essenzialità, si riempie di allusioni sessuali, di mele addentate e sguardi segreti, e questo gioco di dire-non-dire finirà per nascondere, o perlomeno per rendere “ignorabile”, il lato oscuro di questa famiglia contadina.

Infatti, se da un lato Berto (e noi lettori con lui) non può che condannare la violenza, sia verbale sia fisica, che si scatena tra le mura della casa paterna di Talino, dall'alto non è in grado di affrontarla. La sua mente cittadina e civilizzata non riesce a inquadrata e metabolizzare la brutalità di Talino e quindi decide di ignorarla, di ascriverla al rassicurante regno del fraintendimento.

L'epilogo, devastante nella sua insensata ferocia, costringerà Berto a vedere la realtà ancestrale di un mondo senza umanità: gli occhi di Talino diventano quelli di una cane braccato e i suoi familiari, così assuefatti alla violenza da considerarla inevitabile, tornano alla vita quotidiana con una rapidità incomprensibile a Berto, che, benché capace di inorridire di fronte alla brutalità, si è rivelato altrettanto incapace dal cercare di evitarla. ( )
  lasiepedimore | Sep 1, 2023 |
odio Pavese, ma ancor più odio la campagna! odio le storie di incesto e trucchetti meschini neorealistici...il protagonista, uscendo dal carcere, si associa ad un compagno contadino che se lo porta al paesello. lì si innamora di una delle sorelle. tragedia finale
  ShanaPat | Oct 10, 2017 |
Berto accetta, appena uscito dal carcere, di seguire al paese il suo compagno di cella, Talino. In campagna Berto viene a conoscenza del reato commesso da Talino: l'uomo ha incendiato la cascina di un rivale che aveva corteggiato la sorella di cui egli stesso è stato un amante incestuoso.

Berto, innamoratosi di Gisella, scopre le violenze del fratello, di cui la ragazza porta segni indelebili. Un eccesso di gelosia, un impeto incontenibile di animalesca libidine, spinge Talino all'orrendo omicidio della sorella: le infila un tridente nel collo, facendola morire dissanguata. Berto, sconvolto, decide di andarsene di fronte alla bestialità di un mondo che lo sbigottisce.

Berto vive la tragica fine di Gisella ossessionato dalla consapevolezza di una morte annunciata, che avrebbe potuto essere evitata, se solo egli ne avesse avuto la convinzione. Talino è soltanto il simbolo, l'esecutore materiale di una responsabilità che coinvolge tutti. E' il risultato di una vita di miseria, stenti e brutalità, in cui la rabbia sfocia in follia. E' il simbolo della crudeltà priva di senso, dell'incomprensibile e primitiva potenza distruttiva. I personaggi sono spesso descritti nei loro tratti bestiali, fotografati nei gesti più animali e nei comportamenti più primitivi, nella loro elementarità riescono a rendere l'essenza umana. E' la campagna che degrada l'uomo allo stato animale.

Il confronto tra l'operaio Berto e il contadino Talino mette in scena il conflitto esistente in Pavese tra mondo cittadino e quello contadino. Berto rappresenta il mondo urbanizzato, l'individuo svincolato e privo di senso di appartenenza che si trova a confrontarsi con un mondo arcaico e distante, fatto di fatiche e di antichi riti, nel quale non può trovare integrazione. E' messa in scena tutta la diversità esistente tra il cittadino e la gente del luogo, descritta come rozza e segnata moralmente e fisicamente dal duro lavoro contadino.

Il suo atteggiamento nei confronti del mondo rurale è fatto di sentimenti ambivalenti e contraddittori. Mentre desidera essere assorbito dal mondo naturale che lo attrae con tutta la sua carica di sensualità e di umori, prova ripugnanza e sgomento per la bestialità propria di questa realtà.

Berto si trova ad agire in un mondo estraneo e distante, dominato da riti primordiali e selvaggi, ai quali reagisce con il raccapriccio dell'uomo civile davanti all'esplosione delle forze oscure e incontrollabili.

Talino, invece, incarna l'essenza brutale e rozza della realtà contadina, l'ignorante astuzia, la crudeltà insensata, l'istinto primario e incestuoso.

Anche il linguaggio di Paesi tuoi riproduce la dualità e il conflitto tra i due piani: Berto è costretto a vivere uno sdoppiamento linguistico, per comunicare con una realtà profondamente dialettale come quella contadina; si trova a fare da tramite tra i due mondi divenendo così proiezione dello stesso scrittore, che attraverso l'uso metaforico del linguaggio riesce a dotare la vicenda di un carattere simbolico.

Paesi tuoi è considerato il romanzo di Pavese in cui le influenze americane sono più visibili; la letteratura d'oltreoceano gli fornisce le suggestioni legate al mito della natura selvaggia, simbolo archetipico della primitività, il tema della fuga e del ritorno.

Sul versante stilistico quello americano fu il modello di un realismo non naturalistico ma brutale e violento, sviluppato con un linguaggio fortemente espressionistico, costruito sulla predominanza dei dialoghi e dei toni gergali o dialettali del parlato. Un linguaggio immediato, sostenuto da un labile monologo interiore che annulla l'autorità di un punto di vista superiore e onnisciente.

La narrazione diegetica è priva di mediazioni e di filtri ideologici, registra i fatti e le reazioni immediate del soggetto, l'essenzialità dei gesti e dei dialoghi. Le scelte linguistiche adottate in questo testo, evidenziano la programmatica volontà antiletteraria, propria del romanzo americano.

Le scelte linguistiche adottate da Pavese in questo romanzo appaiono affini alla letteratura di Lewis, Anderson e Faulkner; in particolare l'attenzione per la provincia e il tentativo di raggiungere una dimensione universale attraverso l'approfondimento dei caratteri regionali, la ricerca di un linguaggio simile allo slang, una lingua media diffusa e parlata da tutto il corpo sociale.

Inoltre il legame con Anderson e Faulkner è relativo al tema del luogo di provenienza, dell'infanzia e del conflitto tra città e campagna. ( )
1 vota MareMagnum | May 9, 2006 |
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Nome dell'autoreRuoloTipo di autoreOpera?Stato
Cesare Paveseautore primariotutte le edizionicalcolato
Matteis-Vogels, Frida deTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Overeem, VincentPostfazioneautore secondarioalcune edizioniconfermato
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Cominciò a lavorarmi sulla porta.
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