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Leggenda privata

di Michele Mari

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L'Accademia dei Ciechi ha deliberato: Michele Mari deve scrivere la sua autobiografia. O, come gli ha intimato Quello che Gorgoglia, 'isshgioman'zo con cui ti chonshgedi'. Se hai avuto un padre il cui carattere si colloca all'intersezione di Mose con John Huston, e una madre costretta a darti il bacino della buonanotte di nascosto, allora l'infanzia che hai vissuto non poteva definirsi altro che 'sanguinosa'. Poi arriva l'adolescenza, e fra un viscido bollito e un Mottarello, in trattoria, avviene l'incontro fatale: una cameriera volgarotta e senza nome che accende le fantasie erotiche del futuro autore delle Cento poesie d'amore a Ladyhawke. Ma è davvero una ragazza o un golem manovrato da qualche Entità? Assieme a lei, in una 'leggenda privata' documentata da straordinarie fotografie, la famiglia dell'autore e il suo originalissimo lessico. E poi la scuola, la cultura a Milano negli anni Sessanta e Settanta, e alcune illustri comparse come Dino Buzzati, Walter Bonatti, Eugenio Montale, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber. Chiamando a raccolta tutti i suoi fantasmi e tutte le sue ossessioni (fra cui un numero non indifferente di ultracorpi), Michele Mari passa al microscopio i tasselli di un'intera esistenza: la sua. Un romanzo di formazione giocoso e serissimo che è anche un atto di coerenza verso le ragioni più esose della letteratura.… (altro)
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Un'autobiografia che si fa metafisica e in cui il dramma e l'ironia coesistono in una prosa ricca, inventiva, sempre consapevole e mai retorica o barocca. Personaggi scolpiti con accuratezza e passione, con sempre al centro la lingua e la progressiva costruzione di un lessico condiviso con il lettore. Mari ci sa decisamente fare, questo è il primo suo libro che leggo, ne seguirà subito un altro. ( )
  d.v. | May 16, 2023 |
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Titolo canonico
Titolo originale
Titoli alternativi
Data della prima edizione
Personaggi
Luoghi significativi
Eventi significativi
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Epigrafe
Dedica
Incipit
Citazioni
Per il genitore, dunque, affetto ammirato, dimolto guardingo; per la genitrice, affetto afflitto, che non è un'allitterazione: è la verità. Si tenga poi conto che mio padre istesso si sarebbe dispiaciuto di un affetto più pieno e spiegato, ogni morbidezza, ogni intenerimento di medulla equivalendo, nella catabasi àpulo-barbara, a indecorosa svenevolezza: a un simil-frigno: e finalmente, all'incubo-culattina.
(Un giorno mia madre, come si trattasse di un esperimento scientifico, mi suggerì di sostituire la parola «papà» con il più affettuoso e collodiano «babbo»: quando lo chiamai così – ci eravamo appena messi a tavola – mi stupì per la velocità della replica, che implicava un'insospettata conoscenza dei toscanismi: «Se ci riprovi, – sibilò, – io ti chiamerò “fanciullo”». Fine dell'esperimento: anche perché non sfuggiva a nessuno dei due l'associazione a «grullo» e «citrullo», nonché a «(vaf)fanculo»).
… i miei (perché «miei»? Piuttosto io «loro») …
Stephen King, dopo l'incidente che lo ha portato a un passo dalla morte, ha voluto acquistare il furgone che lo ha investito, e lo ha collocato nel giardino di casa, consorte di tante macchine mostruose che popolano i suoi romanzi. Ho pensato, “si parva licet”, che mi piacerebbe fare la stessa cosa con il frigo-Algida: in fondo è lì dietro che stava lei quando ne venivo investito.
Il nonno morì a 67 anni, per l'aggravarsi del diabete che lo affliggeva da lungo tempo. … (Dopo oltre vent'anni di vedovanza, alla nonna fu diagnosticato un ordinario diabete senile: «Me lo ha mandato Gino perché lo raggiunga», fu il suo commento: e mio padre, “tranchant”: «Mamma, non dire cazzate»).
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Redattore editoriale
Elogi
Lingua originale
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L'Accademia dei Ciechi ha deliberato: Michele Mari deve scrivere la sua autobiografia. O, come gli ha intimato Quello che Gorgoglia, 'isshgioman'zo con cui ti chonshgedi'. Se hai avuto un padre il cui carattere si colloca all'intersezione di Mose con John Huston, e una madre costretta a darti il bacino della buonanotte di nascosto, allora l'infanzia che hai vissuto non poteva definirsi altro che 'sanguinosa'. Poi arriva l'adolescenza, e fra un viscido bollito e un Mottarello, in trattoria, avviene l'incontro fatale: una cameriera volgarotta e senza nome che accende le fantasie erotiche del futuro autore delle Cento poesie d'amore a Ladyhawke. Ma è davvero una ragazza o un golem manovrato da qualche Entità? Assieme a lei, in una 'leggenda privata' documentata da straordinarie fotografie, la famiglia dell'autore e il suo originalissimo lessico. E poi la scuola, la cultura a Milano negli anni Sessanta e Settanta, e alcune illustri comparse come Dino Buzzati, Walter Bonatti, Eugenio Montale, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber. Chiamando a raccolta tutti i suoi fantasmi e tutte le sue ossessioni (fra cui un numero non indifferente di ultracorpi), Michele Mari passa al microscopio i tasselli di un'intera esistenza: la sua. Un romanzo di formazione giocoso e serissimo che è anche un atto di coerenza verso le ragioni più esose della letteratura.

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