Direi che arrivati al sesto volume i punti di forza e le debolezze della saga siano ben noti: è paradossale come si possa passare senza soluzione di continuità dall'ammirazione sconfinata per un worldbuilding spettacolare, all'imbarazzo per certe scenette da commedia romantica di quart'ordine. E' dura mantenere la tensione emotiva davanti all'ennesima scenata di gelosia o minaccia di sculacciate, ma per fortuna voglio talmente bene ai personaggi (merito dell'ottima caratterizzazione) che sono disposta a passarci sopra. Quello su cui invece non riesco a passar sopra è la lentezza: è vero che Jordan ci ha abituati alla prolissità e al fatto che si prendesse il suo tempo per arrivare al climax, ma stavolta ha esagerato; l'impressione che si ricava leggendo il libro è quella di tante pedine che prendono posto su una schacchiera, pronte per una partita che però sembra non iniziare mai. E' frustrante innanzitutto perché per come si era concluso lo scorso libro sembrava che la trama fosse sul punto di prendere il volo mentre ci siamo trovati davanti all'ennesimo volume interlocutorio, e poi perché mentre negli altri romanzi l'attesa per il grande evento finale era mitigata da colpi di scena e avventure di vario tipo, qui fino alle ultime 100 pagine (su più di mille) si parla molto e si conclude poco.
Resta comunque un fantasy di tutto rispetto, non fosse che per la complessità dell'intreccio e l'accuratezza dell'ambientazione, ma leggermente inferiore ai precedenti. ( )