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Recensioni

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Convinced that her life is in danger, Cécile goes to the police for help. He insists on explaining over and over strange events that happen in the apartment where he lives with his aunt. Nobody takes it seriously until intervenes Inspector Maigret … (fonte: Imdb)
 
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MemorialeSardoShoah | Nov 2, 2023 |
Le signorine di Concarneau è un romanzo breve, un rapido squarcio su una vita di provincia priva di slanci e ricca di inibizioni. Qual è la tragedia più grave che può capitare in un simile ambiente? Uno scandalo, naturalmente.

Quindi, quando il fratello dal carattere debole rischia di distruggere la loro solida reputazione, le due sorelle, Céline e Françoise, fanno di tutto per rimediare, infischiandosene del giusto e dello sbagliato e badando soltanto a sistemare le cose nella maniera più proficua per la loro famiglia.

La capacità di Simenon di tratteggiare i personaggi è innegabile e assolutamente vivida: questi sono così ricchi e tridimensionali da bucare la pagine e imporsi nella mente del lettore, che potrebbe averli incontrati in qualunque luogo attaccato alle rassicuranti e anacronistiche, vecchie consuetudini.
 
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lasiepedimore | 3 altre recensioni | Aug 30, 2023 |
il primo delle inchieste di Maigret da me letto ed è stato un colpo di fulmine. Il primo amore non si scorda mai
 
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anamorfo | 15 altre recensioni | Mar 4, 2023 |
La famiglia di Emile Jovis, formata da lui, dalla moglie Blanche e dal figlio adolescente Alain, si trasferisce dal piccolo e fatiscente alloggio di Parigi in uno nuovo e moderno in periferia, facente parte di un centro residenziale realizzato da poco. Emile è il più entusiasta: dopo aver fatto carriera nell’agenzia di viaggi in cui lavora ha orgogliosamente realizzato questo grande cambiamento con l’intento di rendere felici moglie e figlio, dare loro più comodità, più agio, un bel posto in cui vivere fuori dal caos cittadino.
Ma, fin dalla prima notte, nella nuova casa accade qualcosa di imprevisto: mentre Blanche dorme profondamente Emile sente i vicini, di là della parete, fare sesso e strani discorsi nominando altre persone.
“Era rimasto più di un’ora con l’orecchio incollato al muro per udire meglio e dopo, quando le voci e i rumori erano cessati, non si era più sentito lo stesso uomo”.
Il ragionare del protagonista trova a tratti voce in una narrazione ripetitiva e assillante, martellante, perché tali sono i pensieri che non gli concedono pace finchè non prende certe decisioni. Così, mentre racconta momenti di vita presenti e passati della famiglia Jovis, dei cui membri ci svela carattere, dubbi e certezze, debolezze e punti di forza, speranze e rimpianti, Simenon cede il passo un veloce e travolgente vortice, a livello psicologico, che cambia completamente una vita fino ad allora fatta di abitudini consolidate, sacrifici sul lavoro voluti e appaganti, routine familiare comune a tante famiglie.
Quello che Emile ha furtivamente ascoltato lo tormenta e lo spinge, tutte le sere, ad aspettare il tardo rientro del vicino per origliare ancora; dare un volto ai vicini e alle persone nominate nei loro strani dialoghi diventa un’ossessione; uno stato d’animo nuovo si impossessa di lui, una sorta di eccitazione che tanto lo sconvolge quanto gli diviene necessaria, tanto che, per esempio, il caffè mattutino al bar si trasforma in due bicchieri di vino (“aveva sempre guardato con una sfumatura di disprezzo quegli uomini che fin dal mattino bevono vino o alcoolici al banco dei bar”), proprio per concedersi fin dall’inizio della giornata a quella nuova tensione emotiva, fino ad allora sconosciuta.
Una forza a cui è impossibile resistere trascina il protagonista in una situazione del tutto nuova, cercata e nello stesso tempo temuta, in un crescendo di eventi claustrofobici e ansiogeni in cui ragionamenti coerenti portano a domande destinate a restare senza risposta finchè l’immaginazione non è più distinguibile dalla realtà, ogni barlume di lucidità viene meno, come la forza di ribellarsi, di scuotersi e tornare alla ragione, fino al compiersi della tragedia.½
 
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Bisley | 3 altre recensioni | Jan 21, 2023 |
Con questo ho davvero finito. Racconti degli anni '30 con un personaggio in gestazione: in alcuni c'è Maigret - sui canali (all'inizio) o tra le umane bassezze (alla fine) - in altri un giallo banale.
Per completisti
 
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catcarlo | 1 altra recensione | Sep 24, 2022 |
Un Maigret pensionando o pensionato ma ancora ben da definire (i racconti sono degli anni Trenta): forse anche per questo - è benché i romanzi siano brevi - sulla corta distanza le storie del commissario risultano meno efficaci.
 
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catcarlo | Aug 30, 2022 |
IL CANE GIALLO (****)

"Maigret non aveva la pazienza di un santo. Così borbottò, affondando le mani nelle tasche: "Ma mi lasci in pace!"."
(42)

Chi non era abituato a Maigret rimaneva sconcertato, in casi del genere, di fronte a quei suoi occhi tondi che fissavano l'interlocutore senza vederlo, e nel sentire poi il commissario borbottare qualcosa di incomprensibile mentre si allontanava con l'aria di tenere il poveretto in scarsissimo conto.
(55)

IL CROCEVIA DELLE TRE VEDOVE (***)

UN DELITTO IN OLANDA (****)

Fu così che Maigret cominciò l'inchiesta aiutando un vitello di pura razza frisona a venire al mondo...
(286)

Maigret:
In linea di principio, non lasciarsi distogliere dalla verità da considerazioni di ordine psicologico... Seguire fino in fondo il ragionamento che consegue dagli indizi materiali...
(356)

ALL'INSEGNA DI TERRANOVA (
 
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NewLibrary78 | 1 altra recensione | Aug 14, 2022 |
Un Maigret decisamente sottotono, in cui Simenon cerca di mascherare un'ispirazione non brillante allungando il brodo (le rapine in villa), azzardando psicologie (la famiglia della vittima e il serial killer renitente) e riciclando situazioni (la confessione nel salotto di casa).
La vicenda scorre con qualche passaggio a vuoto mentre la primavera parigina inizia a sbocciare: il lettore si lascia trasportare ma non viene mai davvero coinvolto causa mancanza di profondità.½
 
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catcarlo | 10 altre recensioni | Feb 23, 2022 |
Sarebbe un giallo tradizionale (a un certo punto i sospettati sono riuniti in una stanza) se a Simenon non interessasse più che altro il rapporto tra Maigret e un vecchio e non troppo amato compagno di liceo.
L'interazione tra i due è il punto di forza, ma è come se lo scrittore, da quella distratto, si accorga all'improvviso che è ora di chiudere e lo faccia in fretta e furia.½
 
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catcarlo | 7 altre recensioni | Jan 23, 2022 |
Il titolo fa riferimento alle due grandi svolte nella vita di François Lecoin, ognuna avvenuta nell'arco di 48h, durante le quali l'uomo cerca di affrancare se stesso e il figlio da una vita di miseria. La disperazione dell'uomo, il suo senso di vuoto e impotenza davanti alle avversità, sono palpabili.

Simenon è uno di quegli scrittori per i quali non si può certo dire che "l'ottimismo è il profumo della vita".
 
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JaqJaq | 2 altre recensioni | Jan 7, 2022 |
L'insofferenza per l'alta borghesia e una certa misoginia di fondo: tipicità di Simenon in un giallo con delitto annunciato che è soprattutto uno studio di caratteri.½
 
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catcarlo | 7 altre recensioni | Dec 27, 2021 |
Una Partita di Scacchi contro il Popolo

Georges Simenon è forse il più noto e influente giallista in lingua francese che ci sia mai stato, conosciuto soprattutto dal pubblico di qualche generazione fa per aver creato la figura del commissario Maigret, saccheggiato da opere cinematografiche e televisive, i romanzi in cui è presente rappresentano l’anima più “classica” dello scrittore, quella che ispirò Camilleri nella creazione di Montalbano, un altro dei grandi protagonisti del giallo mondiale. Ma c’è una seconda anima di Simenon: quella dei libri che la critica definisce “romanzi romanzi” o “romanzi duri”, ovvero dei racconti dalle tematiche più torbide e a tratti provocatorie, che raccontano storie di cittadini “comuni” come protagonisti al posto di Maigret.

L’ Uomo che Guardava Passare i Treni, pubblicato nel 1938 è, come Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie, uno di quei grandi capolavori che sono riusciti a non far mancare ai lettori l’assenza dei grandi investigatori che hanno glorificato i loro autori, compensando con pregi differenti.
Questo “romanzo duro” è un noir, in cui il caso poliziesco è visto dalla prospettiva del criminale piuttosto che degli investigatori, c’è un doppio processo di perseguimento della verità in base ai progressi della polizia e in base alle informazioni che il protagonista ci rivela.

Kees Popinga è un olandese che lavora come procuratore in una ditta di forniture navali, ha un buono stipendio e si è costruito una famiglia a cui non manca niente…almeno sul piano misurabile del denaro. Ma presto scopriamo che Popinga viveva in una quotidianità noiosa, con una moglie che lo teneva sempre a casa, dei figli poco soddisfacenti e una comunità cittadina troppo attiva e ciarliera per poter permettergli di tradire la coniuge senza ripercussioni.

Uno dei due eventi che sconvolgono lo status quo di Popinga è una conversazione con il suo datore di lavoro, che decide di simulare il suicidio e fuggire per non incorrere nell’imminente punizione per bancarotta fraudolenta. Kees si trova dunque senza lavoro e decide di sfruttare l’abbondante buonuscita che aveva ricevuto per dare una brusca svolta alla sua vita, abbandonando la sua famiglia e fuggendo ad Amsterdam, dove finisce per uccidere accidentalmente la maîtresse del suo capo, dopo aver tentato di conquistarla. L’olandese deve dunque fuggire di nuovo come latitante, rifugiandosi a Parigi, dove avrà ancora la Polizia ad inseguirlo, giacché aveva scordato (apparentemente per errore) i documenti a terra.

Vediamo subito che l’atteggiamento di Popinga non è quello che ci si aspetterebbe da un latitante qualsiasi: non c’è ansia o turbamento, anzi, pensa con un grande sangue freddo che immergersi in questa ebbrezza della fuga, di “nascondino” della legge sia un modo per dimostrare le sue vere doti, che non sono spuntate di colpo ma che erano già presenti, sebbene tenute a freno, quando viveva la sua vita coniugale. I treni, menzionati nel titolo, non sono dunque solo il mezzo attraverso il quale Kees è fuggito in Francia, ma sono anche gli araldi della vita che aveva sempre desiderato: una vita di dinamismo, di ebbrezza e vagabondaggio sensuale.

Ma sarebbe riduttivo riassumere Popinga come un semplice edonista stanco del suo torpore esistenziale: egli è anche un uomo di buona preparazione scolastica, tanto da saper parlare francese, tedesco e inglese fluentemente, ma è soprattutto un appassionato di scacchi e gioco d’azzardo, hobby in cui ha sempre dimostrato di avere abilità sopra la norma, dovute al suo atteggiamento competitivo ed egocentrico. Lo stesso Simenon non tarda a presentarci il significato di queste passioni, poiché Kees concepisce la sua fuga come una partita di scacchi tra lui e la polizia e anche, in un certo senso, con la popolazione, che si era costruito un’opinione sbagliata di lui e delle motivazioni profonde del suo crimine. Popinga vuole sfidare l’autorità, dimostrare di essere più capace di chi lo insegue.

Questa vita di solitudine, tra café, prostitute e alberghi si prospetta dunque un’opportunità per abbandonarsi alla mutevolezza, al flusso vitale dell’esplorazione e dell’adattamento, mostrandoci anche un interessante spaccato di Parigi, dai luoghi più famosi come Montmartre fino ai quartieri più deprimenti e trascurati.

La cronaca nera di Popinga diventa una sorta di cassa di risonanza attraverso la quale Kees rivela piano piano la verità sul suo conto, facendo luce sulla sua salute mentale, sul suo atteggiamento verso il lavoro, la famiglia e altri argomenti, grazie alle lettere che manda alla polizia e che finiscono velocemente sui giornali, esponendole al grande pubblico. Kees corrompe qualcuno di qua e di là per evitare di essere preso ma è sostanzialmente solo contro tutti, costretto ogni volta a dover cambiare luoghi, routine, vestiti e comportamenti per poter sfuggire ai sospetti dei cittadini.

Di grande importanza è il tema della discordanza tra l’essenza di Popinga e la sua reputazione, a volte plasmata da lui stesso e a volte plasmata dall’ignoranza del popolo. Durante il suo periodo di torpore esistenziale Kees si era creato un’aura di rispettabilità e solerzia, anche a causa della “luce riflessa” dei suoi genitori, per cui dopo l’omicidio il popolo ha continuamente cercato di razionalizzare ciò che era dovuto al caso e non è riuscito a comprendere ciò che in realtà era perfettamente lucido in lui.

Queste, come molte altre tematiche presenti nel libro sono molto Pirandelliane, naturalmente sviscerate su un piano sociale piuttosto che filosofico e dimostrano quanto potenziale di profondità abbia il genere giallo, che non è necessariamente uno sterile rompicapo dove bisogna indovinare il colpevole, ma può essere anche un genere in cui a contare è la scoperta del movente piuttosto che la risoluzione del caso, in cui il progredire della vicenda poliziesca simboleggia il processo ermeneutico attraverso il quale noi scopriamo (o cerchiamo di scoprire) l’interiorità dei personaggi.
 
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Dreamweaver99 | 30 altre recensioni | Nov 26, 2021 |
Il breve romanzo più che un poliziesco può essere considerato un dramma introspettivo. Una storia di infelicità coniugale quella di Bébè e François Donge: lei è una donna bella, raffinata, eterea; lui abilissimo uomo d'affari ma grossolano e infedele. La vita apparentemente tranquilla della coppia viene sconvolta improvvisamente: una pozione di arsenico somministrata da Bébè nel caffè del marito e da cui lui viene salvato miracolosamente in ospedale. Un gesto oscuro su cui François si interroga disperatamente fino ad ammettere di non conoscere realmente quali sentimenti alberghino nell'animo della moglie.
E' doloroso il viaggio interiore che egli intraprende e che costituisce per il lettore un viaggio introspettivo descritto con incredibile bravura.
Dal libro nel 1952 Henri Decoin trasse il film con Danielle Darrieux e Jean Gabin
 
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cometahalley | 4 altre recensioni | Dec 9, 2020 |
Un piccolo volume che riunisce nove articoli, scritti nel 1934 e pubblicati nel 1939. Georges Simenon prende in affitto una goletta, prima utilizzata per il trasporto del marmo di Carrara, per una crociera di circa sei mesi nel Mediterraneo, con un equipaggio di sei uomini. Il 23 maggio del 1934 parte da Porquerolles, l'isola maggiore dell'arcipelago di Hyeres per il lungo viaggio lungo il quale tocca diversi porti, tra cui Genova, l'Elba, Messina, Siracusa, La Valletta, Tunisi e Barcellona.
Con la consueta scrittura fluida e avvincente, Simenon guarda all'anima del Mediterraneo e delle genti che lo abitano, anche quando ci racconta della pesca e descrive il brulichio delle città portuali.
Ventiquattro fotografie arricchiscono la narrazione e ci consentono di apprezzare la capacità dell'autore di scrutare nel profondo l'umanità anche attraverso un obiettivo. Accompagnato da una Leica durante il viaggio Simenon si fa autore di un reportage ricco di riflessioni e coloriture ironiche confermando la grandissima capacità di narratore di storie.
 
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cometahalley | 1 altra recensione | Dec 7, 2020 |
** spoiler alert ** Simenon fa fare alla vita del suo personaggio uno dei non inconsueti balzi improvvisi: Maigret è a due anni dal salutare tutti, Lapointe non è più “giovane”, Coméliau è in pensione e al suo posto bisogna gestire un rampante giudice fresco di università.
Classicissima invece l’ambientazione: una casa un tempo alto-borghese e ora decaduta con gli ultimi rappresentanti della famiglia che cercano di farla sopravvivere succhiando il sangue di chi si avvicina (ovvero le eredità delle nuore).
Il commissario si sente superato dai tempi – finisce persino per sognarsi il nuovo magistrato – e alla fine viene quasi espropriato del risultato, però è il suo non-metodo che risulta vincente: non importa se bisogna sporcarsi le mani (controvoglia, come nella vicenda di Veronique), l’esperienza maturata sul campo finisce per avere il suo peso.
E se i tempi stanno cambiando, di lì a poco ci sono sempre le giornate a pesca da pensionato.½
 
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catcarlo | 7 altre recensioni | Nov 4, 2020 |
*** Attenzione spoiler! ***
Nella sua continua ricerca di variare il tema, Simenon costruisce il romanzo sul delitto annunciato: un uomo gli dice che la consorte vuole ucciderlo, la signora lo segue dicendo che il marito è matto, la ita della coppia è complicata dalla presenza in casa della sorella vedova di lei.
A parte che la faccenda, innestandosi su qualche acciacco della moglie, mette il commissario di un umore peggiore del solito, si tratta soprattutto di un accurato studio di caratteri che non risparmia nulla ai protagonisti principali (in special modo alle donne, la misoginia dello scrittore è sempre in agguato), tanto che l’omicidio – che sopraggiunge circa a due terzi delle pagine – con l’indagine conseguente finiscono per togliere tensione alla trama rispetto all’investigazione ‘per scrupolo’ che l’ha preceduta.
Simenon sfrutta l’occasione per assecondare la propria passione per la medicina e la psichiatria e la usa come sfondo per una storia malmostosa come il clima di gennaio in cui è ambientata utilizzando qua e là gli imbarazzi del giovane Lapointe per alleggerire la situazione.½
 
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catcarlo | 15 altre recensioni | Sep 25, 2020 |
Simenon è un maestro nel tratteggiare atmosfere vivide e suggestive, e questo romanzo non fa eccezione. La vita sonnolenta di una cittadina della provincia francese si dispiega sotto i nostri occhi, con le sue ipocrisie e meschinità.
Lo stile è essenziale ma non scarno: arriva subito al cuore delle situazioni ma lo fa con eleganza e con toni sempre smorzati, anche nei momenti più concitati.
Dal punto di vista formale quindi niente da eccepire, è la sostanza che mi crea qualche perplessità.
Innanzitutto manca una trama vera e propria, si può dire che fino a metà non si capisca dove voglia andare a parare. Dopo finalmente realizziamo che non c'è un intreccio, ma è semplicemente il racconto della maturazione di Alain, che solo dopo la morte capisce davvero chi era suo padre, quando è costretto ad aprire gli occhi sulla realtà che lo circonda.
Potrebbe risultare interessante l'idea di un libro incentrato tutto su una presa di coscienza, il problema è che il messaggio che ne esce fuori lo trovo terribile sotto tutti i punti di vista. Pur volendo mettere da parte il sessismo (e io non voglio), perchè purtroppo va considerato il frutto di quei tempi, resta discutibile l'idealizzazione di un truffatore e ricattatore, con la giustificazione di "essere venuto su dal niente"; anche l'idea che l'onestà sia un valore marginale, frutto di pigrizia e conformismo, mi fa ribollire il sangue.
Insomma dal punto di vista letterario non posso dire che sia un brutto libro, ma va in conflitto con tutti i principi che mi hanno insegnato e con cui sono cresciuta; va da sè che non lo apprezzo e non lo consiglio a nessuno.½
 
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Lilirose_ | 2 altre recensioni | Sep 12, 2020 |
In una nota premessa al testo, Simenon decide di rinfrescare la memoria dei lettori sullo scandalo che a meta degli anni Trenta aveva travolto l'immenso impero economico dei fratelli Ferchaux, giunti in Africa alla fine dell'Ottocento come passeggeri clandestini. Per alcune settimane l'affaire aveva occupato le prime pagine dei giornali: con quali mezzi era stata accumulata quell'enorme fortuna? E soprattutto: che fine aveva fatto il vecchio Dieudonne? E qui che comincia il romanzo, ed entra in scena colui che ne sara il vero protagonista: Michel Maudet.
 
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kikka62 | 3 altre recensioni | Feb 4, 2020 |
Un grappolo di case strette attorno a un piccolo porto di pescatori normanni, un molo sul quale si affaccia il Caffè della Marina, centro focale dell’intreccio, la modesta casa sulla scogliera dove abita Marie, la protagonista, e, sullo sfondo, la città di Cherbourg: sono i luoghi, quanto mai simenoniani, dove si svolge la vicenda di questo romanzo del 1938, a cui Simenon teneva particolarmente.
 
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kikka62 | 3 altre recensioni | Feb 4, 2020 |
La sera di un giorno qualsiasi, Kees Popinga si appresta a fumare un sigaro. Kees Popinga è uno di quegli uomini cosiddetti normali che Simenon predilige e che sa raccontare come nessun altro. La sua normalità, come ogni normalità, è illusoria: un meccanismo che, appena s’inceppa, diventa capace di tutto. Ma non tutti, a quel punto, sono capaci di tutto. Kees Popinga sì.
 
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kikka62 | 30 altre recensioni | Feb 4, 2020 |
Mi raccomando di essere gentile con la zia...» aveva detto la mamma. Sono passati tanti anni, ma Jérôme se lo ricorda come fosse oggi il giorno in cui era arrivata quella «vecchia foca» della zia Valérie, con la sua «faccia larga e grassa, diversi strati di doppio mento e una peluria scura sul labbro superiore». Lui aveva capito subito che era cattiva, quando si era installata di prepotenza – enorme, maleodorante, astiosa – nella loro minuscola casa sopra il negozio di tessuti. E aveva capito pure che lo odiava, ancor prima che in un momento di rabbia lei schiacciasse gli animaletti con cui giocava, seduto per terra davanti alla finestra a mezzaluna. Ma c’era un’altra cosa che Jérôme aveva capito prima degli altri: dove si nascondeva, per sfuggire alla polizia, il padre di Albert, l’esile bambino biondo che viveva, dietro una finestra a mezzaluna identica alla sua, dall’altra parte della piazza, e che lui considerava suo amico anche se non si erano mai parlati. Ma doveva fare attenzione a non destare i sospetti di zia Valérie, perché lei era malvagia, avida e malvagia...
 
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kikka62 | Feb 4, 2020 |
Conosciuto anche come ‘Maigret ha un dubbio’, il romanzo vede una delle consuete divagazioni sul mare del commissario che in queste pagine si trasferisce, dopo un breve prologo parigino, dalle parti di La Rochelle. Al cuore della vicenda non ci sono però pescatori e barche, bensì un diverso leit-motiv simenoniano, ovvero il paesino in cui tutti si conoscono e o si proteggono o si accoltellano l’uno con l’altro.
Maigret ci va guidato dall’istinto (e dalla voglia di ostriche) in seguito alle preghiere di un maestro di scuola che è giunto fino a Parigi per proclamarsi innocente dell’omicidio di una vecchia arpia: l’uomo è nuovo in paese e la gente ha gioco facile dar la colpa a lui.
L’indagine è lineare e mette in risalto la ‘pietas’ del personaggio, ma è ancora una volta la scusa per mettere in scena una serie di figure sconfitte dalla vita (la moglie dell’insegnante) o indifferenti alle sofferenze altrui (il dottore, il vicesindaco). Soprattutto è una storia di bambini che lo scrittore disegna con puntiglio e affetto nello sguardo del poliziotto che in loro rivede i propri anni giovanili in un piccolo centro analogo.
Ne scaturisce un lavoro davvero riuscito dove ciò che interessa meno è scoprire chi sia il colpevole (anche perché la vegliarda la schioppettata se la meritava tutta).
 
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catcarlo | 13 altre recensioni | Jan 28, 2020 |
Un reportage semplice e scollegato del navigare nel mediterraneo½
 
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permario | 1 altra recensione | Jan 3, 2020 |
Due donne, amiche fin dall'infanzia, profondamente diverse fisicamente e nell'anima dividono una squallida e misera esistenza lavorando come cameriere. Sylvie è bella, cinica e calcolatrice e Marie, strabica, scialba, lamentosa, ne è succube. La prima vuole un futuro da signora e si trasferisce a Parigi in cerca di un uomo ricco lasciando l'amica al suo mediocre destino.
Ma a Parigi anni dopo si ritrovano e i ruoli si ribaltano, Marie svela tutto il suo animo torbido pronta a ghermire l'occasione per il proprio riscatto.
Un romanzo straordinario in cui Simenon con raffinata scrittura, indaga il lato livido e rancoroso dell'essere umano. Sylvie e Marie sono antitetiche e complementari, unite alla fine nell'amoralità.
 
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cometahalley | 3 altre recensioni | Dec 13, 2019 |
Conosciuto altrimenti con il titolo ‘Le due pipe di Maigret’, il romanzo si dipana con personaggi e atmosfere che si avvicinano di più alle opere senza che a quelle con il poliziotto parigino. Simenon percorre qui un territorio che è nelle sue corde: l’uomo qualunque, oppresso dall’ambiente familiare e dallo scorrere quotidiano, che grazie a una svolta improvvisa trova il modo di ribellarsi al tran-tran pur continuando a sopportarlo esteriormente. La vera indagine si incentra così sulla sua figura, un signor Thouret come tanti trovato accoltellato in un vicolo che col passare dei capitoli si rivela una personalità sfaccettata e per molti versi sorprendente. Nelle figure di contorno lo scrittore si fa prendere da una delle non infrequenti botte di misoginia – la moglie Emilie, la figlia Monique, l’affittacamere Mariette sono tutte per diversi motivi detestabili - e non si dimentica di maltrattare i ‘giovani d’oggi’ – l’imbelle fidanzato di Monique – ma il procedere sicuro e in un certo senso sempre più partecipe di Maigret sa coinvolgere il lettore sul quale finisce per riflettersi la simpatia del commissario per la vicenda umana del defunto. E l’assassino? Una sorta di ‘deus ex machina’ venuto da Marsiglia che non interessa a nessuno a partire dall’autore.
 
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catcarlo | 20 altre recensioni | Oct 30, 2019 |