Immagine dell'autore.

Fosco MarainiRecensioni

Autore di Ore giapponesi

42+ opere 667 membri 11 recensioni 2 preferito

Recensioni

Inglese (7)  Italiano (3)  Olandese (1)  Tutte le lingue (11)
Mostra 3 di 3
Che bello quando scegli un libro per il titolo, per la copertina, per semplice istinto e ti trovi di fronte un capolavoro. Ore giapponesi è un capolavoro. Lo è. Anzitutto la scrittura. Maraini scrive da Dio. Te ne accorgi a pagina 2, la lettura diventa avvolgente, coinvolgente. Già dal primo rigo è evidente la padronanza della lingua, la classe, la passione per la scrittura e l’amore per quello che racconta. E l’altro elemento fondamentale è che in un libro di viaggio, indispensabile è il viaggio. E Maraini il Giappone lo ha conosciuto davvero. E si vede, si capisce, si avverte, si sente. E anzi Maraini non ha solo conosciuto il Giappone, ma lo ha capito, lo ha amato; ed anche questo si vede. Un grande libro, intriso di passione che ti fa amare e conoscere il Giappone anche se non ci sei stato; ma alimenta il desiderio di tutta una vita di andarlo a vedere, di immergerti in una cultura così lontana e diversa dalla nostra. Ma di cui ci arrivano echi continui.½
 
Segnalato
grandeghi | 1 altra recensione | Feb 18, 2020 |
giocosa prea di giro dell'academia
 
Segnalato
giaccai | May 30, 2010 |
Un uso del linguaggio sorprendente: assonanze, allitterazioni, rime di una lingua inesistente e surreale che sembra perfettamente comprensibile (ed in fondo lo è) ma tratta di oggetti, animali, sentimenti e situazioni con un vocabolario preciso quanto completamente inventato.
«Sarebbe opportuno, anzi direi sarebbe addirittura canonico, presentarsi con un piccolo preambolo teorico. Signori, potrei dire, eccovi alcuni esperimenti di poesia metasemantica. Ora mi spiegherò. Per millenni il procedimento principe seguito nella formazione e nell'arricchimento del patrimonio linguistico è stato questo: dinanzi a cose, eventi, emozioni, pensieri nuovi, o ritenuti tali, trovare suoni che dessero loro foneticamente corpo e vita, che li rendessero moneta del discorso. A tale intento, in genere, servivano suoni che già venivano impiegati per significati consimili. Inventi il cannocchiale e sommi canna con occhiale […], talvolta serve il nome d'una persona (siluetta, besciamella), tal altra il nome d'un luogo (pistola, baionetta) […]. Nella poesia, o meglio nel linguaggio metasemantico, avviene proprio il contrario. Proponi dei suoni e attendi che il tuo patrimonio d'esperienze interiori, magari il tuo subconscio, dia loro significati, valori emotivi, profondità e bellezze. È dunque la parola come musica e come scintilla.» Fosco Maraini (http://www.lonfo.it/?q=node/9)
1 vota
Segnalato
ddejaco | May 20, 2008 |
Mostra 3 di 3