Silvia Cecchini

Temevo sarebbe stato molto più difficile terminarlo? Sì.
Lo rileggerei? Direi proprio di no.

Nonostante avessi iniziato la lettura del mio primo libro di letteratura russa con un terrore angosciante, procedendo con la storia mi sono resa conto che non era poi così terribile. Anzi, in un primo momento devo ammettere di essermi quasi divertita a seguire i pensieri di Raskol'nikov alle prese con la progettazione di un omicidio e osservare questo personaggio un po' strano, come spesso ripete Dostoevskij.

Ma è proprio quello il problema: fino al momento dell'omicidio la lettura è stata scorrevole e relativamente semplice, peccato che per le restanti 400 pagine si sia passati a tutt'altro livello, molto più filosofico, moralistico e macchinoso, che a volte faticavo a seguire. Probabilmente ciò è dovuto anche ad alcune mie lacune il campo storico/filosofico, ma ciò non toglie che la seconda parte del romanzo mi abbia coinvolta molto di meno proprio perché non c'era più una vera e propria azione ma piuttosto una semplice descrizione dei tormenti e delle angosce del protagonista alle prese con la propria coscienza.

Ad ogni modo, nonostante non mi abbia fatta esattamente impazzire, posso affermare con orgoglio di essere sopravvissuta anche a questa nuova avventura!… (altro)