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Opere di Stefano Tonietto

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Finti imperatori romani sin troppo verosimili

Tonietto è completamente fuori di testa. Me ne ero già accorto leggendo Letteratura latina inesistente e con questo libro ho avuto la conferma. Questo libretto è una presa in giro delle Vite dei Cesari di Svetonio, ed è spacciato per la prima traduzione in italiano dell'opera magna di un tal Gio Vanesio Svetonietto. Citando dal risvolto di copertina, «Che le dodici biografie di improbabili reggitori dello Stato imperiale siano false non ha alcuna importanza, non sono meno plausibili di quelle vere.» E in effetti le storie dedicate al primo ultimo imperatore e anche al primo imperatore non umano (il cavallo di Caligola, chiaro) sono perfette. In alcuni casi Tonietto sfrutta forse un po' troppo gli stereotipi, come nel caso del primo imperatore donna; in genere gioca molto con la storia realmente capitata - o almeno quello che ci raccontano essere successo - come nel caso del primo imperatore plebeo e in quello che secondo me è il capolavoro, il primo imperatore repubblicano Dextaliniano di cui si raccontano vita battaglie e morte, accennando che il suo successore Cruscio rimise le cose a posto.
Non perdetevi tutto l'apparato critico annesso al saggio con perle tipo la citazione di «Coefora Luciano, Non so dove sbattere la testa, in “Sala Docenti”, Nuova Serie, VII (2016), pp. 65-67», e chissà quante me ne sono perse; né saltate le allocuzioni degli scrittori al potente di turno a cui presentavano l'opera. Leggete, e ricordatevi che la storia sarebbe potuta essere anche capitata così.
… (altro)
 
Segnalato
.mau. | Jul 1, 2023 |
È naturale che sia stata Quodlibet, che ha una lunga tradizione al riguardo, a pubblicare questo libro. Tonietto, con l'aplomb che contraddistingue i migliori burloni, scrive una storia della letteratura latina che a prima vista può sembrare del tutto verosimile ma in realtà è completamente inventata. Certi punti sono più che altro goliardici, a partire dall'"asino chi legge" pre-latino; poi però Tonietto va avanti con le parodie, tipo quella dei cantautori dell'antica Roma. Troviamo per esempio un tale Faber che scrive "Amat aliquis ludendi causa / amat aliquis ut artifex / Rhodostoma neutra raione / amabat illa cupiditate"; oppure un non meglio identificato Parnassus che nella sua Elegia de elephante racconta del giovane schiavo che "videbat threnum comitatum lictoribus", con la chiosa che spiega come threnus in greco significa "carro funebre" ma che Parnassus lo usa per estensione come corteo, non necessariamente funebre. Ma abbiamo anche Equizio che allunga i riassunti delle opere di Eutropio, Volpilio che scrive etimologie al cui confronto Varrone è la perfezione, o filologi moderni come Giorgio Alvise Borghese che, "tranquillitate et gypso", dedicò tutta la sua vita a cercare di ricostruire l'Eneide usando solo suoi frammenti citati in altre opere. Alcuni punti cercano un po' troppo la risata per la parolaccia; ma in generale la lettura è godibilissima.… (altro)
 
Segnalato
.mau. | Nov 3, 2020 |

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