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Boualem Sansal

Autore di 2084: la fine del mondo

16 opere 762 membri 47 recensioni

Sull'Autore

Comprende il nome: Sansal Boualem

Fonte dell'immagine: Boualem Sansal en 2005

Opere di Boualem Sansal

2084: la fine del mondo (2015) — Autore — 278 copie
The German Mujahid (2008) — Autore — 256 copie
Harraga (2005) — Autore — 60 copie
Le serment des barbares (1999) — Autore — 41 copie
Rue Darwin (2011) — Autore — 40 copie
L'Enfant fou de l'arbre creux (2000) — Autore — 6 copie
Dis-moi le paradis (2003) — Autore — 6 copie
Romans 1999-2011 (2015) 1 copia

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Forse da ogni fede (religiosa, filosofica o di altro tipo), quando è intensificata fino al fanatismo, può nascere un totalitarismo. Il comunismo è stato screditato dal suo fallimento economico, il nazismo è stato reso esecrabile dall'esposizione dei suoi orrori, il cristianesimo è stato addomesticato dalla modernità, ma l'islam è ancora selvatico, e l'islam di oggi mostra forti tendenze verso la violenza, l'odio e il fanatismo. Ecco quindi che ha senso oggi un romanzo come questo, una specie di versione islamica del 1984 di Orwell.

Qui, dopo una serie di devastanti guerre sante, nel mondo è rimasto solo l'Abistan, stato fondato sul culto di Yölah, unico dio, e del suo Delegato Abi, con il suo libro sacro, il Gkabul. Il protagonista Ati è un uomo qualunque che, dopo un soggiorno in un sanatorio di alta montagna, si avvia su un percorso (interiore e poi anche esteriore) di eterodossia e infine viene coinvolto in una lotta di potere tra fazioni ai vertici dello stato.

Il mondo dell'Abistan viene delineato poco a poco, con la sua capitale-megalopoli, Qodsabad, brulicante di folle misere e obnubilate, i ghetti popolati da miscredenti, il suo centro immane (la "Città di Dio") sede di un governo (l'"Abigov") opaco, inaccessibile, onnipotente, con al vertice la "Giusta Fraternità", con gli innumerevoli organismi di sorveglianza e controllo, con un'amministrazione (l'"Apparato") che ha qualcosa di Kafka, con una lingua santa (l'"Abilang") che trasforma le menti, con le sue "mockba" che chiamano alla preghiera nove volte al dì.

Il ritratto di questo incubo totalitario in versione islamica è notevole; ma il romanzo non mi pare molto ben riuscito: ha un'impostazione un po' troppo descrittiva, ci sono un po' troppe ruminazioni filosofiche, il punto di vista del narratore sommerge quello dei personaggi, scarseggiano azione e dialoghi. Lo stile è generalmente distaccato e a tratti lievemente ironico. La traduzione appare ben fatta, e lo scrivo perché le traduzioni che appaiono non ben fatte non mi sembrano affatto rare.

Sansal è algerino, vive in Algeria ed è critico dell'islamismo e dell'autoritarismo politico. Non si può fare a meno di notare il coraggio che mostra nello scrivere e pubblicare libri come questo. Prima ho scritto che l'islam è ancora selvatico; se mai sarà addomesticato, sarà anche per merito di autori come Sansal e di libri come questo.
… (altro)
½
 
Segnalato
Oct326 | 19 altre recensioni | Jun 18, 2016 |

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