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Péter Nádas

Autore di A Book of Memories

88+ opere 1,654 membri 32 recensioni 6 preferito

Sull'Autore

Peter Nadas was born in Budapest in 1942. His work has been translated into twelve languages. The author of A Book of Memories (FSG, 1998) and The End of a Family Story (FSG, 1999), he lives in the village of Gombosszeg, Hungary. (Bowker Author Biography)

Serie

Opere di Péter Nádas

A Book of Memories (1992) 585 copie
Parallel Stories (2005) — Autore — 381 copie
The End of a Family Story (1989) 123 copie
Fire and Knowledge (2007) 74 copie
Amore (1979) 62 copie
Own Death (2004) 58 copie
Minotaurus (1997) 24 copie
De levensloper (1989) 21 copie
Parallella historier Del 2. I nattens djup (2005) — Autore — 18 copie
Parallella historier Del 3. Frihetens andning (2005) — Autore — 17 copie
A Biblia (1967) 10 copie
Een zweem van licht (1999) 7 copie
Az élet sója (2016) 7 copie
Schauergeschichten (2012) 4 copie
Illuminerade detaljer 2 (2017) 4 copie
Mélancolie (1986) 3 copie
Évkönyv (1989) 3 copie
Libro del recuerdo (1901) 3 copie
Schreiben als Beruf (2022) 3 copie
Rémtörténetek (2022) 3 copie
A szabadság tréningjei (2019) 3 copie
Etwas Licht (1999) 2 copie
El final de una saga (1999) 2 copie
Mälestuste raamat (2015) 2 copie
Játéktér (1988) 2 copie
Drámák (1996) 2 copie
Kritikák (1998) 2 copie
Zwiesprache (2010) 1 copia
Nadas Peter 1 copia
Emlékiratok könyve (1994) 1 copia
Mikael Olsson: on - auf (2020) 1 copia
Biblia i inne historie (2019) 1 copia
Arbor mundi. 2. köt. (2020) 1 copia
Strahotne priče (2023) 1 copia
Nézotér (1983) 1 copia
Spurensicherung (2010) 1 copia
Freiheitsübungen (2010) 1 copia
Leírás : [novellák] (1979) 1 copia
Leni weint Essays (2018) 1 copia
Esszék (1995) 1 copia
Pamięć 1 copia
Kniha pamätí (2004) 1 copia
Das jüdische Budapest (2010) 1 copia

Opere correlate

De verbannen taal (2001)alcune edizioni57 copie
Die letzten Dinge: Lebensendgespräche (2015) — Collaboratore — 11 copie
Film (1976) — Postfazione, alcune edizioni3 copie
Odyssee Europa (2010) — Collaboratore — 2 copie
Was für ein Péter! Über Péter Esterházy (1999) — Collaboratore — 1 copia

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Recensioni

"Dammi un cuscino". Si alza. La porta a vetri è aperta nell'anticamera. Esce. Chiudo gli occhi. Oltre la stanza, fuori, si odono uno, due rintocchi dell'orologio del campanile. Lo immagino nello spazio. La via, la chiesa incastrata fra le abitazioni sull'altro lato. Il campanile svetta soptra i tetti nel cielo rischiarato dal riverbero dei neon. La casa di fronte alla chiesa, all'ultimo piano della quale sono salito. La tromba delle scale. L'appartamento all'utlimo piano. La camera, il letto sul quale giaccio."

Questo libro è un vero e proprio esercizio letterario di sperimentazione, con una prosa complessa e ipnotica. Il protagonista, insieme alla compagna, fuma dell'erba e descrive le proprie sensazioni, il distacco dalla realtà, la lotta tra ragione e immaginazione, la perdita della coscienza spazio-temporale ("Il tempo si è fermato"), le pulsioni suuicide. Si intitola "Amore", ma, in realtà, la relazione con la donna mi sembra molto secondaria. Al centro c'è lui, con le sue contorte allucinazioni, mentre lei assume una funzione di "cura". Forse è lei che esprime più concretamente l'amore.
Insomma, un testo che non mi ha convinto, anche se la scrittura è interessante, ma, forse è questo eccesso di "letterarietà" che non mi è pioaciuto. mentre in "Libro di memorie", pur nei lunghi flussi di coscienza c'erano storie e personaggi, qui prevale la pura sperimentazione stilistica.
Molto bella e stimolante la nota della traduttrice (necessaria!), che offre un contributo fondamentale per inserire questo testo nella storia letteraria di Nadas.
… (altro)
 
Segnalato
ren47 | 1 altra recensione | Feb 22, 2015 |
Incipit: "Il mio ultimo alloggio berlinese è stato presso i signori Kuhnert, in periferia, a Schoneweide, al primo piano di una villa ricoperta di vite americana. Le foglie della vite americana si erano ormai tinte di rosso, gli uccelli venivano a beccarne i frutti neri, era autunno. Non c'è da stupirsi se mi torna in mente, da allora sono trascorsi tre anni, tre autunni, e non andrò mai più a Berlino, non saprei da chi andare, non avrei motivo di andarci, anche per questo motivo scrivo che quello è stato il mio ultimo alloggio a Berlino, lo so.
Ho voluto io che fosse l'ultimo, e anche indipendentemente dalla mia volontà le cose si sono messe per questo verso, o è andata così, poco importa; e adesso, mentre cerco di farmi passare un fastidioso raffreddore autunnale - e perciò non ho la testa per nient'altro, ma anche con il naso pieno di muco il pensiero vaga su cose essenziali - mi consolo rievocando gli autunni berlinesi."

Questo è un libro che bisogna ri-leggere. La prima volta mi ha lasciato un po' sconcertato, con sensazioni contraddittorie. Da una parte, mi imbattevo in pagine stupende, brani che mi lasciavano senza fiato, frasi che dovevo leggere ad alta voce. Non so se è capitato a qualcuno: il testo è talmente bello e coinvolgente che si sente la necessità di rivolgersi a chi è vicino per dirgli: "Senti questa descrizione, questo periodo ..." e via con la lettura!
Dall'altra parte, la prima lettura mi ha lasciato alcune perplessità: periodi lunghissimi, con poca punteggiatura, stream of consciousness, mancanza di linearità nelle vicende, alcuni passi complessi mi hanno lasciato un po' stordito, per cui, alla fine, non capivo se era un libro meraviglioso o un libro meraviglioso, ma ... (il ma ... era tutto quello che non mi convinceva!).
Per questi motivi ho deciso di riaffrontarlo, anche perché sono un lettore che ama le sfide, i libri difficili, i "mattoni" di 500/600 pagine.
Ho ricominciato, ma questa volta mi sono armato di una matita. Nel corso della lettura, segnavo con dei + le pagine, sottolineavo le frasi più belle, cerchiavo le parole chiave, quelle emblematiche che danno il tono al racconto e alle descrizioni. Ho provato a raccordare le vicende ed i personaggi principali per non perdermi nelle loro storie.
Alla fine, quando ho riguardato i segni sulle pagine, ho visto che erano piene di +, spesso di ++ e anche di qualche +++. Insomma la meravigliosa capacità descrittiva e di narrazione ha stravinto alla seconda lettura, ridimensionando i "ma ...". Il libro è una vera matrioska, fatta di ricordi che si annidano l'uno nell'altro. In ricordo ne richiama un altro, la narrazione si spezza e percorre un sentiero diverso, poi emerge un altro ricordo che si insinua, dopo qualche pagina riaffiora il filo principale, che ancora si spezza. E' come un albero: per un po' seguiamo il tronco, ma poi siamo attratti da un ramo, poi da un altro più piccolo e così via. E' questa la complessità e la difficoltà di questo testo, ma da questo deriva anche il suo fascino, perché è proprio così che lavora la nostra mente, passando da un pensiero ad un altro, distraendosi per un dettaglio, perdendo spesso la strada principale per seguire lunghe e, a volte, labirintiche circonvoluzioni.
La storia - ma questa parola è approssimativa per un libro come questo - raccoglie, in realtà due principali filoni di memoria, riferiti ad epoche e personaggi diversi:
- memorie di Thomas, critico teatrale ungherese, nel suo soggiorno a Berlino (1)
- memorie di Thoenissen, scrittore tedesco di fine '800, ambientate prevalentemente in una località balneare nel nord della Germania (2)

All'interno delle memorie del primo protagonista (1), si intrecciano i ricordi della sua infanzia ungherese (1b)
Infine, nel penultimo capitolo sono presentate le memorie di Kriszian (3), amico di infanzia di Thomas, che rilegge, dal suo punto di vista il racconto dell'amico.

In sintesi i capitoli relativi a 1 sono:
- La bellezza della mia anomalia
- Arriva un telegramma
- Perdere e riprendere coscienza
- La stanza di Melchior nel sottotetto
- Descrizione di uno spettacolo teatrale
- Nel quale racconta a Thea la confessione di Melchior
- Fuga
In questi capitoli emergono altri personaggi rilevanti: Thea e Melchior, che con il protagonista compongono un triangolo amoroso e sessuale, denso di ambiguità. L'ambientazione è Berlinese, più esattamente a Berlino Est, con molti riferimenti al teatro (Thea è un'attrice). I passi "meravigliosi" sono: la descrizione dei coniugi Kuhner, la suggeritrice del teatro e suo marito (pp. 66-67), la perdita di coscienza in seguito alla caduta durante la passeggiata notturna sulla diga (p. 111), gli inganni della memoria (p. 218), il ritratto di Thea (p.222), la stanza di Melchior nel sottotetto (p.230), la visibilità dell'attrice famosa (p. 427), il contrasto tra esterno e interno negli edifici berlinesi (p. 453), la storia di Melchior con il maestro di violino (p. 594 e segg.)

I capitoli relativi a 2 sono:
- La nostra passeggiata in un pomeriggio di tanto tempo fa
- Dio ci tiene nel palmo di una mano
- Il seguito della nostra passeggiata nel pomeriggio
- Su un antico dipinto murale
- Table d'hote
- Le notti dei nostri piaceri segreti
In questi capitoli ci sono i ricordi delle passseggiate infantili con i genitori in una località tedesca sul mare del nord (Heiligendamm), la descrizione del padre e della madre ed i loro rapporti contrastati.
Tra i passi da segnalare: la descrizione dei genitori (pp. 40 e segg.). Troviamo qui anche il personaggio di Helene, la bella fidanzata dello scrittore, con la quale egli ha un rapporto ambiguo. Altri personaggi interessanti, il consigliere Frick, amico del padre e odiato dalla madre, e la signorina Wohlgast, l'amante del padre. Bellissimo il racconto dell'incontro con la signorina alla stazione della cittadina termale dove la famiglia di 2 trascorre le vacanza (pp 134 e segg.). Stupendo è poi tutto il capitolo Table d'hote che fa emergere ambigui rapporti sessuali e anche un delitto all'interno del lussuoso albergo termale. Questi capitoli che hanno per protagonista lo scrittore tedesco, con la descrizione della vita nella cittadina termale e nell'albergo, ricordano l'ambientazione della Montagna magica.

La parte che più mi ha affascinato e che metterei in testa a tutte è quella relativa all'infanzia e all'adolescenza di 1 a Budapest:
- Il sole splendeva languendo
- Pian piano è tornato il dolore
- Ragazze
- L'erba aveva ricoperto le tracce del fuoco
- L'anno dei funerali
In questa parte emerge il tema dell'adolescenza nei rapporti confusi e difficili nella famiglia e tra ragazzi e ragazze. C'è l'ambiguo rapporto del protagonista con il compagno Krisziàn, che ricorda l'innamoramento di Hans, il protagonista della Montagna magica, per il compagno di scuola Hippie. La vita famigliare difficile, per la malattia della madre, l'anormalità della sorella più piccola, il rapporto poco sereno tra il padre, funzionario comunista, e il resto della famiglia. Storie non chiare, nelle quali si nascondono tradimenti e segreti.
Nel capitolo Ragazze, il centro è l'adolescenza, con il primo innamoramento (Livia) da parte del protagonista, durante la cerimonia per i funerali di Stalin, le lotte ed i contrasti con gli altri ragazzi (Prem, Kalman), le prove di coraggio, la scoperta della sessualità (il corpo nudo del padre), i giochi amorosi. Le ragazze (qui mi vengono in mente le proustiane "fanciulle in fiore") sono Hedi (la più bella), Maja (la complice) e Livia (la più semplice). Interessante è anche il personaggio di Szidonia, la serva che gioca a provocare gli uomini (vedi l'episodio del bigliettaio, pp. 279 e segg.).
Gli intrecci sono complessi: Kalman, il figlio dei contadini, ama Maja, la quale gioca con lui e con il giovane protagonista, che sembra innamorato di Livia, ma è attratto anche da Kriszian. E' l'età dell'incertezza in cui tutti, a fatica, devono trovare la loro strada.
Molto coinvolgente è l'episodio dell'attacco alla tenda di Kriszian e Prem, da parte del protagonista e di Kalman. Qui il riferimento è a I ragazzi della via Paal: si tratta di una vera battaglia tra giovani che fanno le prime esperienze di vittoria e di sconfitta. L'esito tragico della famiglia del protagonista è raccontato nelle pagine finali del capitolo "l'erba aveva ricoperto le tracce del fuoco", dove oltre al padre, alla madre, al suo amante, risaltano le figure del nonno e della nonna.
I racconti sull'adolescenza si concludono con il capitolo "L'anno dei funerali", nel quale si ricordano le morti della madre e di Kalman (colpito da una pallottola nell'insurrezione del 1956) e l'addio di Hedi che lascia l'Ungheria.
E' la triste fine dell'adolescenza e i ricordi si intrecciano con i racconti che il protagonista fa a Melchior a Berlino. Interessante è il racconto dell'insurrezione di Budapest, con la descrizione della folla che si muove entusiasta nelle vie della città.

Infine nel capitolo "E' finita" è Kriszian che corregge il racconto e le memorie di 1. Tutto è rimesso in discussione ed è visto da una diversa prospettiva, dimostrando come la memoria sia sempre memoria soggettiva e incerta. Molto bella è l'ambientazione in un piccolo villaggio ungherese, dove Thomas, distrutto psicologicamente viene ospitato dall'amico nella vecchia casa delle zie, che lo adottano.

Mi rendo conto che è quasi impossibile schematizzare una trama (anche se un maggior sforzo redazionale sarebbe stato necessario da chi ha curato la pubblicazione, per facilitare la lettura). L'importante è leggerlo e rileggerlo, non ci sono scorciatoie per un libro come questo.
… (altro)
1 vota
Segnalato
ren47 | 4 altre recensioni | Jan 3, 2014 |
Il volume, contenente tre racconti ("La Bibbia", "Il giardiniere" e "Oggi"), è un'avventura narrativa a tre velocità. Si parte dalla pianura di "La Bibbia", un percorso alla scoperta del sé e del male di agire provato da un adolescente debole. Si passa per la collina di "Il giardiniere", piccola epopea del rifiuto, dell'esclusivimo adolescenziale di un ragazzo fresco orfano di madre che, da dietro le dalie recise e postegli in mano dal padre giardiniere, vede sorgere la deuteragonista della genitrice scomparsa. Si giunge, finalmente, alla montagna, al racconto "Oggi". Un racconto basato su un giovane narratore interno che, alternando sensazioni a pensieri, dà di sé e della sua vita due autocoscienze antipodiche, basate su ritmi esistenziali estremi. Sospeso tra stasi assoluta (un lui che non fa nulla, che sta, che esiste di fronte al vetro della sua finestra) e foga vitalistica (il secondo lui che, con gli occhi chiusi, solca le strade innevate della sua città alla ricerca di un passante da seguire, da una via da esplorare), fa capolino fra rimembranza del passato che lo richiama in un "dentro" (la porta basculante della chiesa in cui si è recata la nonna per l'Ostensione del Corpo di Cristo) e speranza incognita del futuro che lo disperde in un "fuori" ("gli sembrava che qualcuno lo chiamasse per nome..."). Davvero un'eccellente opera.… (altro)
 
Segnalato
paolocavallo | Oct 25, 2009 |
Egy csalàdregény vége, in italiano Fine di un romanzo familiare, è un’opera fondamentale della letteratura ungherese del 20° secolo. Un romanzo breve, di appena 160 pagine f.to A5; è stato già tradotto in tedesco, olandese, svedese, francese, inglese, spagnolo, norvegese, danese, lituano, estone, rumeno, slovacco, polacco, finlandese, russo e serbo. In Germania è stato tradotto più volte e ha avuto numerose ristampe, l’ultima da Rowohlt (che ha pubblicato anche altri sei titoli di Nàdas). L’autore, uno dei più grandi ungheresi viventi (il suo nome è stato fatto anche per il premio Nobel), ci conduce nell’Ungheria di Ràkosi, il dittatore che ha seguito le orme di Stalin in Ungheria nella prima metà degli anni ’50, nel periodo dei clamorosi processi ideologici, ma non parla di politica. Il protagonista, un bambino di circa 10 anni, racconta l’infelice storia della sua estate, la perdita di tutto ciò che gli era caro, in parte per ragioni politiche e in parte per motivi tragici.

Péter Simon, questo è il nome del bambino, è orfano di madre e il padre, ufficiale dei servizi segreti, fa rare e brevi visite al figlio che vive in campagna con il nonno ebreo e la nonna cattolica. All’inizio la monotonia delle vacanze scolastiche è interrotta solo dai giochi in giardino con i due figli della vicina di casa e con un altro ragazzino di paese, ma i vicini presto scompariranno senza tracce, probabilmente deportati. La compagnia dei bambini viene sostituita da quella dei nonni che il bambino osserva con benevola curiosità, e da quella dei sogni ricchi di fantasia che Péter fa di giorno e di notte. Ascolta volentieri i nonni e soprattutto il nonno, desideroso di trasmettergli le storie della famiglia Simon, inserite nella mitologia ebraica di Simone, dal quale la famiglia pensa di aver avuto origine. Le visite furtive del padre gli lasciano sempre un forte senso di mancanza ed assiste stupefatto agli scontri tra i due uomini della famiglia, causati dalle aspre critiche del nonno per l’allineamento del padre con il regime e soprattutto per la sua partecipazione ad un processo ideologico contro un vecchio amico di famiglia. Il nonno muore, e muore avvelenato anche il cane di casa. La nonna, non più se stessa per il dolore, non si occupa quasi più del bambino e dopo poco muore anche lei, lasciandolo solo a doversi confrontare con il mondo esterno. Péter viene internato in un istituto per i figli dei “deviati” del regime (il padre presumibilmente è stato condannato per alto tradimento), dove cerca di inserirsi e di farsi anche delle amicizie. Il finale della storia vede il bambino giocare a cuscinate con i compagni di stanza, ma il tiro maldestro di un cuscino lo fa volare…

Il romanzo si dipana su tre livelli: quello della storia reale di Péter e della sua famiglia, quello del mondo onirico del bambino, e il terzo livello è una magnifica narrazione biblica del nonno che ricorda quella incontrata ne “Il Maestro e Margherita”. Tre sono anche i processi che attraversano il libro: quello del padre, quello di Gesù e quello ad un compagno all’istituto di rieducazione che si rifà ai processi ideologici del mondo esterno. Il libro non vuole però essere una denuncia; è un racconto secco, non commentato, che lascia al lettore la facoltà di trarre le conclusioni. Il bambino, forse in virtù di un fortissimo istinto di sopravvivenza e metaforicamente anche per la sua apoliticità, rimane sereno fino alla fine, non soccombe sotto il peso delle tragedie che lo colpiscono. Queste però si rispecchiano nei suoi meravigliosi sogni ai quali si aggrappa per conservare la sua umanità intatta. Sconfitte e dolore, di quella qualità che nella prosa italiana è tanto ben presentata da Elena Ferrante; sensazioni fredde, la tristezza della dittatura e quella tipica mitteleuropea sono forti in questo libro, e lasciano nel lettore un ricordo indelebile, ma non del tutto amaro. Péter Simon è invincibile come il piccolo Nemecsek ne “I ragazzi della via Pàl” e come tanti altri personaggi infantili nella letteratura ungherese. Rappresentano la speranza di una nazione flagellata e auto-flagellante.

Il libro è di sole 160 pagine, ma ogni sua parola ha il suo peso, è indispensabile ed è perfetta. E’ uno di quei libri che dovrebbero essere letti più volte, perché ad ogni lettura offre nuove scoperte, messaggi indimenticabili. Il suo target è un pubblico esigente, i veri amanti della letteratura. Non per caso infatti è già considerato un grande classico.

Dalla critica letteraria mondiale il nome di Péter Nádas (n. 1942) viene fatto insieme a quello del premio Nobel Imre Kertész e di Péter Esterházy. Tutti i suoi titoli hanno avuto ampi riconoscimenti internazionali, per esempio “Il libro delle memorie” (un mega-romanzo) è stato tradotto in 11 lingue, mentre – caso strano – in Italia risulta ancora del tutto sconosciuto.
… (altro)
 
Segnalato
pecs | 1 altra recensione | Aug 24, 2008 |

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