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Mariolina Venezia

Autore di Mille anni che sto qui

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Data di nascita
1961
Sesso
female
Nazionalità
Italy

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Sono rimasta decisamente spiazzata da questo libro, più andavo avanti a leggere e meno mi era chiaro dove volesse andare a parare. Dato che la protagonista è un sostituto procuratore e che si apre con la scoperta di un cadavere mi pareva scontato che si incanalasse sui binari del giallo poliziesco, ed effettivamente le indagini ci sono: l'impressione però è che siano se non un contorno quantomeno un pretesto, un modo per girare in lungo e in largo e conoscere meglio luoghi e persone di una regione-Cenerentola come la Basilicata, sempre ai margini della storia e dell'attualità. Un ritratto d'ambiente mascherato da giallo insomma, con una protagonista sui generis che si incastra perfettamente in questa impostazione narrativa: infatti è un magistrato scrupoloso ed intransigente ma il suo ruolo professionale non è l'unica cosa che la definisce e nel corso del romanzo la conosceremo anche come madre, moglie, figlia e donna. Nonostante una personalità a dir poco prorompente l'aggettivo che le si addice di più è "normale"; non perchè sia banale, tutt'altro, semplicemente è un personaggio quanto più vicino possibile alla realtà ed infatti risulta molto spesso sgradevole al lettore (d'altronde non è piacevole guardarsi allo specchio e vedere riflessi tutti i nostri difetti e debolezze). Imma non è un genio e non è tormentata da demoni interiori, è una che come noi "tira a campare" e che si preoccupa della spesa anche nel bel mezzo di un interrogatorio.
Che dire dunque di questo libro così difficile da classificare? Innanzitutto che è scritto bene ed ha una protagonista ottimamente caratterizzata; purtroppo però il suo non essere né carne né pesce lo danneggia perché come giallo non è avvincente e come romanzo di costume non è incisivo. In conclusione, un buon libro che non fa gridare al capolavoro. Tra l'altro mi sembra autoconclusivo quindi non so se avrò mai voglia di proseguire la serie, la sensazione è che l'autrice abbia già detto quel che aveva da dire.
… (altro)
 
Segnalato
Lilirose_ | 1 altra recensione | Sep 3, 2023 |
Libro leggero ma gradevole. Una delle avventure del sostituto procuratore Imma Tataranni, questa volta alle prese con dei politici e la lobby del petrolio Lucano. Un intrigo che si dimena tra le arretratezze della Basilicata, le superstizioni, la mafia e l'affarismo locali ed i sogni infranti delle nuove generazioni. Buona l'introspezione psicologica con la protagonista combattuta tra gli affetti quotidiani ed i sogni erotici per il giovane Caligiuri suo fedele collaboratore. Divertente.
 
Segnalato
GabrieleSc | 1 altra recensione | Dec 25, 2022 |
Grottole, nei pressi di Matera: dall'Unità d'Italia ai giorni nostri, le vicende straordinarie e quotidiane dei Falcone. Dal capostipite Don Francesco con i suoi barili d'oro sepolti e mai più ritrovati alla piccola Gioia che fugge di casa un secolo dopo per dimenticare tutto e tutti, mille e ancora mille storie d'amore, morte, gelosia, amicizia, mentre intorno infuriano le tempeste della Storia e si susseguono le generazioni passandosi silenziosamente il testimone.
 
Segnalato
kikka62 | 9 altre recensioni | Mar 19, 2020 |
“La via verso ciò che sarà è come un labirinto pieno di strade che non portano da nessuna parte.”

La trama, è impossibile non notarlo per chi ha letto entrambi, ricalca in maniera spudorata il capolavoro di Marquez “Cent’anni di solitudine”, pur sconfessando, l’autrice, la teoria sulla ciclicità del tempo che sta alla base di quel romanzo.
È comunque, secondo me, un’operazione ben riuscita, la saga della famiglia Falcone, ambientata nella nostrana valle del Basento in Basilicata, accompagnerà per oltre un secolo le vicende italiane con qualche intrusione europea comunque discreta.
La scrittura è scorrevole e coinvolgente evitando, pur avvicinandosi spesso, la tentazione criptica e solo verso la fine si osserva una leggera stanchezza narrativa.
Le vicende di questa tipica e numerosa famiglia meridionale sono significative perché in qualche modo possono rappresentare molti degli italiani la cui condizione era simile, ma ancor di più perché penetra in maniera decisa in quella che è stata la realtà negli ultimi 150 anni di una delle regioni italiane meno conosciute in assoluto, se non, negli anni, solo per lo sfruttamento delle risorse naturali e umane.
Filo conduttore della storia almeno per quel che riguarda le persone, la fiera figura di don Francesco Falcone che con i suoi barili di ducati, nascosti per sottrarli ai briganti, sia quelli del posto che quelli piemontesi, e ritrovati quando ormai non più spendibili, costruisce una leggenda che accomunerà immancabilmente, nel tempo a venire, tutti i protagonisti a simboleggiare come una sorta di marchio di appartenenza familiare.

Riporto qua sotto due passaggi del libro, uno semplicemente per la sua bellezza letteraria, l’altro invece come controinformazione sui fatti successi nel sud all’indomani dell’unità d’Italia, e su cui ancora, incredibilmente, aleggia una censura ufficiosa ma di fatto operativa a tutti gli effetti…

“Quante cose può perdere un uomo eppure restare se stesso? Può perdere l’amore, il denaro, la posizione. Una persona cara. La dignità. Può sprecare il suo talento o perdere la sua grande occasione, mancare l’appuntamento al quale si è preparato per tutta la vita. Può perdere i suoi ideali, i suoi sogni, e alla fine anche la memoria.
E se un uomo fosse anche questo? Tutte le vite che avrebbe potuto vivere, tutto ciò che ha perso?”

“Fra il 1861 e il 1863 il neonato stato italiano impiegò circa 120.000 soldati, cioè quasi la metà dell’esercito nazionale appena costituito, in un massacro che nel resto d’Europa venne definito pari a quello degli indiani d’America: la lotta contro il brigantaggio nelle province meridionali. Il numero dei morti fu superiore a quello dei caduti in tutte le guerre del risorgimento messi insieme, ma nei libri di storia non ne è restato quasi traccia.”
… (altro)
 
Segnalato
barocco | 9 altre recensioni | May 29, 2017 |

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