Immagine dell'autore.

Ágnes Heller (1929–2019)

Autore di La teoria dei bisogni in Marx

100+ opere 453 membri 7 recensioni

Sull'Autore

Opere di Ágnes Heller

Renaissance Man (1978) 35 copie
Teoria della storia (1982) 21 copie
A Theory of Modernity (1999) 20 copie
Teoria dei sentimenti (1979) 16 copie
Beyond Justice (1987) 14 copie
O cotidiano e a História (1970) 13 copie
La filosofia radicale (1984) 12 copie
Per cambiare la vita (1981) 10 copie
Etica generale (1988) 10 copie
Can Modernity Survive? (1990) 10 copie
Lukács Revalued (1983) 6 copie
A Philosophy of Morals (1990) 5 copie
Paradoks Europa (2019) 3 copie
El món, el nostre món (2020) 3 copie
On Instincts (1979) 3 copie
New York-nosztalgia (2008) 2 copie
Dubitare fa bene? (2017) 2 copie
Auschwitz és Gulág (2002) 2 copie
An Ethics of Personality (1995) 2 copie
A reneszánsz ember (2008) 1 copia
Was ist komisch? (2018) 1 copia
Olvasónapló, 2016-2017 (2017) 1 copia
Olvasónapló 2013-2014 (2014) 1 copia
Historia y futuro (1991) 1 copia
Bir Ahlak Kurami (2006) 1 copia
Biopolitica (1995) 1 copia
Olvasónapló 2017-2018 (2018) 1 copia
La verità in politica (2019) 1 copia
Le rivoluzioni tradite? (2019) 1 copia
Além da justiça (1998) 1 copia
Solo se sono libera (2014) 1 copia
Orbanismo (2020) 1 copia
Biciklizo majom (1999) 1 copia
La filosofia del sogno (2019) 1 copia

Opere correlate

Deconstruction and the Possibility of Justice (1992) — Collaboratore — 50 copie
Entendre el món: amb onze pensadors contemporanis (2015) — Collaboratore — 21 copie
Justice (1979) — Collaboratore — 6 copie
Ágnes Heller and Hannah Arendt: A Dialogue (2018) — Collaboratore — 3 copie

Etichette

Informazioni generali

Nome canonico
Heller, Ágnes
Nome legale
Heller, Ágnes
Data di nascita
1929-05-12
Data di morte
2019-07-19
Sesso
female
Nazionalità
Hungary (birth)
Luogo di nascita
Budapest, Hungary
Luogo di morte
Lake Balaton, Hungary
Luogo di residenza
Budapest, Hungary
Melbourne, Victoria, Australia
New York, New York, USA
Istruzione
Eotvos Lorant University
University of Budapest
Attività lavorative
philosopher
academic
Relazioni
Fehér, Ferenc (husband)
Lukács, George (colleague)
Ligeti, György (cousin)
Organizzazioni
La Trobe University (Melbourne, Australia)
Eotvos Lorant University
Hungarian Academy of Sciences
Free University of Berlin
New School for Social Research
Premi e riconoscimenti
Wallenberg Medal (2014)
Breve biografia
Ágnes Heller was born in Budapest, Hungary into a Jewish family of Austrian descent. During World War II, her father, a musician and writer, helped people flee the Nazis until he was deported and murdered in Auschwitz. Ágnes originally enrolled in the medical school at the University of Budapest, but changed her focus to philosophy after attending a lecture by György (George) Lukács, the most influential philosopher and critic of that era. She became Lukács’ aide in 1947 and joined the Communist Party. Together with a group of philosophers gathered around Lukács, Ágnes founded the "Budapest School" of thought. She and others became targets of the pro-Soviet Hungarian Communist Party, which reacted violently to any attempt at critical re-evaluation of Marx. Ágnes was expelled from the Party in 1949, and demoted
from the university along with Lukács, and spent many years teaching high school, banned from publishing. In 1968, after she protested against the Soviet invasion of Czechoslovakia, she faced new political repression. In 1977, she was permitted to emigrate to Australia with her husband Ferenc Fehér, Four years later, she was invited to teach political philosophy at the New School for Social Research in New York City. In the USA, she became a famous philosopher and was academically and politically active around the world.

After the fall of the Berlin Wall in 1989, she returned to her native Hungary, where she was appointed a member of the Hungarian Academy of Sciences. In 1995, she received the Szechenyi National Prize in Hungary and went on to receive international honors such as the Hannah Arendt Prize, the 2010 Goethe Medal, and the Concordia Prize in Vienna. She wrote or contributed to nearly three dozen books, beginning with Towards a Marxist Theory of Value, published in 1972. She was one of the strongest critics of the Hungarian nationalist government of Viktor Orbán.

Utenti

Recensioni

Due volumi per raccogliere i saggi scritti per il Simposio "Il ruolo di Marx nello sviluppo del pensiero scientifico contemporaneo" con gli auspici dell'UNESCO a Parigi l'8-10 maggio 1968 a cura del Consiglio internazionale per la filosofia e le scienze umane e dal Consiglio internazionale di scienze sociali per il 150° anniversario della nascita di Karl Marx. Il primo è su filosofia e metodologa e il secondo su sociologia ed economia. Il primo volume conserva la sua freschezza e si possono leggere tutte le faglie che attraversano il marxismo negli anni che portano al '68, in specie per il rapporto con lo strutturalismo.… (altro)
 
Segnalato
anamorfo | Dec 16, 2023 |
La filosofa dei bisogni radicali

Una riflessione segnata dalla profonda diffidenza verso ogni forma di assunto dogmatico, un’utopia razionale che vuole aprirsi al futuro e accettare la modernità
Cristina Carpinelli

Alla fine degli anni ‘60, Agnes Heller inizia a frequentare la scuola di György Lukács. Tuttavia, né lei né i suoi colleghi sono impegnati nel movimento di rinnovamento del marxismo, che si propone il ritorno alle radici di Karl Marx. Piuttosto, ella aderisce ad un progetto di socialismo democratico e pluralista, contro “la dittatura sui bisogni” tipica del socialismo realizzato.
Già nel suo libro “Sociologia della vita quotidiana” (Editori Riuniti, 1975), la Heller afferma che i “bisogni” sono il punto di avvio per capire le trasformazioni sociali. Successivamente, elaborerà una vera e propria teoria dei bisogni, allontanandosi sempre più dalla linea lukácsiana che, muovendo dal pensiero di Marx, analizza il nesso tra bisogni e valori. La filosofa, infatti, non partirà più dalla stratificazione sociale, poiché “i bisogni umani non possono essere stratificati”. In contrasto con la tradizione filosofica moderna, che ha origine in Kant, secondo cui i bisogni sono quantificabili, la Heller sostiene che i bisogni dell’uomo possono essere divisi in due categorie. Da una parte vi sono i bisogni alienanti, che riguardano il possesso di beni, soldi e potere. Essi hanno una natura quantitativa, che non lascia mai appagati. Dall’altra vi sono i bisogni che attengono alla più intima radice dell’uomo. E, per questo motivo, la Heller li chiama bisogni “radicali”. Essi riguardano l’introspezione, l’amicizia, l’amore, la convivialità ed il gioco. La loro natura non è quantitativa ma qualitativa: ciò che conta è la loro profondità, non la loro estensione.
Crede anche in una filosofia “radicale”, cioè in una forma di politica che si ammanta di un abito filosofico: “per principio, ogni filosofia è radicale. Lo è perché opponendosi al pensiero ordinario, ci indica che quanto crediamo vero non lo è affatto, e ciò che riteniamo giusto è solo un’opinione” (A. Heller. “La filosofia radicale”, Il Saggiatore, 1979), e non ritiene più che il presente sia un breve passaggio di un secolo indirizzato verso una sorta di paradiso: “Qui viviamo, qui moriremo”. Da qui la necessità di elaborare una teoria che formuli, innanzitutto, la necessità di trasformare le forme della vita quotidiana.
La sua generazione aveva creduto nella possibilità di realizzare l’Utopia dopo periodi di transizione e conflitto. Aveva avuto la certezza di poter realizzare il paradiso in terra. Tuttavia, per la filosofa, è giunto il momento, nella società dell’oggi, di abbandonare ogni finalismo e di riscrivere una filosofia che inizi da noi stessi. A partire dall’interrogazione di quei bisogni indotti da un capitalismo, che non è in grado di soddisfare. Dopo il movimento del ’68, afferma la Heller, “si è inaugurato un nuovo modo di guardare alla modernità. Le grandi narrazioni sono finite. Ed è difficile riuscire a guardare al di là del proprio orizzonte personale e del proprio presente”. Certo, si possono avere delle intuizioni sul futuro costruite sul presente. L’esempio lampante, dice la filosofa, è Marx: “le sue previsioni basate sull’osservazione del presente si sono dimostrate esatte: la globalizzazione, la crisi di accumulazione del capitale. Ma quando parla delle forme future di società, dice delle sciocchezze”.
La filosofia deve servire alla comprensione del presente: questa certezza, che le è stata trasmessa da Lukács, con cui ha collaborato a lungo, è l’unica alla quale la Heller ha sempre aderito senza riserve. Per il resto, la sua è una riflessione segnata dalla profonda diffidenza verso ogni forma di assunto dogmatico. La filosofa difende il ruolo demitizzante della filosofia, che contrappone “all'ambiguità immaginosa della mitologia l’univocità dell’argomentazione razionale”. Seguendo quest’idea della filosofia, ella abbandona la rivendicazione di un accesso privilegiato alla verità; e con questo a ogni aspettativa messianica. Non per accettare il presente ma per aprirsi al futuro perché, arguisce, “ogni messia è un falso messia, che chiude l’orizzonte delle possibilità future”. In “Oltre la giustizia” (il Mulino, 1990), la Heller sostiene, poi, che una società totalmente giusta, al di là della questione della sua realizzazione, non è auspicabile, perché in una società simile nessuno potrebbe più dire “questo è ingiusto”, il che ovviamente non è augurabile. Si tratterebbe di una società non dinamica, senza pluralismo delle opinioni, scontri e politica: “È questo il mondo che vogliamo? Un mondo senza conflitti, un paradiso, un giardino dell’Eden? Non penso che vorremmo vivere in un posto simile, dunque, non credo che una società totalmente giusta sia auspicabile”. Una trasformazione antropologica così com’è stata sognata da Kant e dallo stesso Marx parte dall’idea che ci sarà un tempo in cui ogni singola persona diventerà assolutamente buona e giusta e, dimenticando il limite della sua natura, finirà con l’assomigliare a Cristo. La Heller dubita che ciò possa essere una prospettiva vivibile e desiderabile: “Se in tutta la storia del genere umano l’essenza umana è rimasta così com’è, perché dovrebbe improvvisamente cambiare durante la nostra particolare contingenza storica? Qual è il nostro privilegio? Chi e come ce lo avrebbe concesso? Sono domande che dobbiamo porci”.
Per la filosofa qualunque politica redentiva è incompatibile con la condizione postmoderna. Ciò non significa accettare l’esistente come inalterabile. C’è spazio per creare quella che la Heller definisce “un’utopia razionale”, a patto però di accettare la modernità: “Non penso affatto che l’esistente sia indispensabile così com’è, ma riconosco che alcune cose sono necessarie: il libero mercato, la libertà di creare istituzioni politiche e l’accumulo di conoscenza scientifica e tecnologica”. Nessuno di questi tre elementi può essere omesso perché una società sia effettivamente moderna. Questa società deve, inoltre, poggiare su una democrazia di tipo rappresentativo (questo è un punto di discontinuità con il pensiero della Arendt, a cui la Heller fa spesso riferimento, dato che la filosofa tedesca predilige, invece, una democrazia di tipo diretto). All'interno di questo orizzonte sono ancora possibili rivoluzioni e transizioni: le rivoluzioni politiche sono frutto della stessa modernità, che ha inventato sempre nuove forme politiche. Dunque, si può ancora agire, ma l’impossibile rimane impossibile. L’Olocausto e il regime totalitario sono eventi che hanno influenzato la sua ricerca filosofica. Afferma la filosofa: “Negli anni ’40, in Ungheria, sono passata dall’Olocausto ad un regime totalitario. La mia ricerca da quel momento è stata dedicata a comprendere quegli eventi dal punto di vista morale. Il totalitarismo sono riuscita a capirlo, l’Olocausto no. Come un essere umano possa fare qualcosa del genere ai suoi simili, rimane per me un mistero. La mia ricerca è sempre stata in due direzioni. Quella morale, o antropologica, per capire la radice del bene e del male, e quella sociale, o storica, che si chiede: che tipo di mondo è quello in cui si possono sviluppare un regime totalitario, o una forma sistematica di annientamento di altri esseri umani? La mia risposta è che questi due fenomeni non sono emersi da alcuna necessità storica. Entrambi sono in parte il risultato del ‘peccato originale’ della prima guerra mondiale, anche se non ne conseguono necessariamente. Ho, però, concluso che il totalitarismo è una forma di governo moderna, è un fenomeno della modernità”. Scrive nel 1995 Agnes Heller: “Si può scrivere una storia del totalitarismo nazista ma non una storia dell’Olocausto. Il totalitarismo è emerso dalla modernità e Auschwitz ne è stata la metafora sopra-storica…L’Olocausto è l’insensatezza assoluta che non può essere integrata nella storia”. Si sente qui l’influsso del pensiero politico arendtiano. Nel celebre libro di Hannah Arendt “Le origini del totalitarismo” (1951), sono, infatti, contestate le teorie liberali che tendono a vedere nei sistemi totalitari il riaffiorare di inclinazioni arcaiche di natura fondamentalmente irrazionale. Al contrario, viene mostrato come l’essenza di questi sistemi possa essere colta solo attraverso un’analisi critica della genealogia della modernità. Ella, infine, non coglie, alcuna differenza fra totalitarismi secolari e religiosi. Entrambi, sostiene, sono il risultato di una fondamentale perdita di credo. Di quella che Sartre chiama “caduta nella libertà, ovvero nel nulla”. Ed entrambi sono una reazione patologica alla modernità.
… (altro)
 
Segnalato
infoshoplatalpa | 1 altra recensione | Aug 3, 2015 |

Potrebbero anche piacerti

Autori correlati

György Markus Contributor
Eric J. Hobsbawn Contributor
Jurgen Kuczynski Contributor
V.A. Vinogradov Contributor
H. M. A. Onitiri Contributor
A. K. DasGupta Contributor
Costin Murgescu Contributor
szigetijozsef Contributor
Erich Fromm Contributor
Theodor W. Adorno Contributor
T. I. Ojzerman Contributor
Timur Timofeev Contributor
Evgueni Kamenov Contributor
Robert C. Tuscker Contributor
A. Mileikovsky Contributor
Andras Hegedüs Contributor
V. I. Činkaruk Contributor
A. M. Rumianzev Contributor
Y. A. Zamochkin Contributor
Abdallah Laroui Contributor
Mihailo Marković Contributor
Ignacy Sachs Contributor
Roger Garaudy Contributor
Herbert Marcuse Contributor
Jürgen Habermas Contributor
Zygmunt Bauman Contributor
Raymond Aron Contributor
Maxime Rodinson Contributor
Joan Robinson Contributor
Anatol Rapoport Contributor
Celso Furtado Contributor
Charles Frankel Contributor
Shigeto Tsuru Contributor
Adam Schaff Contributor
Anouar Abdel-Malek Contributor
Franco Ferrarotti Contributor
Jindrich Zeleny Contributor
Michal Kalecki Contributor
Cesare Luporini Contributor
Alfred Sauvy Contributor
Jean Hippolite Contributor
baffielena Translator

Statistiche

Opere
100
Opere correlate
5
Utenti
453
Popolarità
#54,169
Voto
3.1
Recensioni
7
ISBN
177
Lingue
13

Grafici & Tabelle