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di Susanna Tamaro

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Marta is raised by her grandmother in her house in Trieste, a safe haven of stories, books and enchantment. She knows that her mother died when she was young, and she believes that her father is a Turkish prince. But, as she grows older and this fairy tale disintegrates, Marta feels only anger towards her grandmother for withholding information about her parents.When her grandmother dies, Marta is alone in the world. One day, in the dusty attic, she finds a box belonging to her mother which may help to uncover her own past. With clues found in her mother's journal and a worn photograph, Marta decides to track down her father, who she believes may still be alive. Feeling the need to escape her grandmother's house, which is populated by secrets, Marta embarks on a journey to Israel, seeking what is left of her mother's family in an attempt to make sense of where she came from.Written as a young woman's narrative addressed to the memory of her grandmother, Listen to My Voice is a poignant coming of age story, and a beautifully crafted meditation on the importance of history and belonging.… (altro)
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il continuo di va dove ti porta il cuore ( )
  martymerric3 | Sep 8, 2010 |
NON ANDARE DOVE TI PORTA IL SESSANTOTTO

MARIO DERGANI
Da "Libero", venerdì 6 ottobre 2006, p. 33.

Non è soltanto un artificio letterario che fa chiudere “Ascolta la mia voce”, l’ultimo romanzo di Susanna Tamaro, con l’incipit di “Va’ dove ti porta il cuore”. Anche se in realtà il primo è il seguito del secondo, la circolarità dell’unica storia non consente di badare troppo alla cronologia. Come nella memoria i ricordi si accavallano confusamente proprio per rimanere più nitidi, così la tecnica del flashback utilizzata dall’autrice li incatena secondo una scansione che li raccoglie tutti intorno a un tema identitario centrale. Sono le radici perdute e poi ritrovate di Marta, la protagonista, a condurre il lettore lungo il percorso di una ragazza, abbandonata nella prima infanzia alle cure della nonna, verso il recupero del significato della propria esistenza.

Non le sono sufficienti le grandi domande teologiche e filosofiche sull’origine del mondo, perché non riescono a trovare mai risposta in un universo soltanto intellettuale, ma distaccato dalla realtà. Se è il senso comune che la spinge a cercare la causa del proprio essere nel mondo, è soltanto nel mondo e tra gli uomini che ne scorgerà le tracce decisive.

La metafora
del Sessantotto

Dissodando il terreno, scavando solchi, potando rami, trapiantando sementi, coltivando germogli, lungo tutta la narrazione, dal Preludio alle Genealogie, fino alle Radici, e richiamata anche nell’immagine posta sulla copertina del volume, ricorre costantemente l’analogia tra esseri umani e alberi, come tra cultura e coltura: gli uni e gli altri, se lasciati a se stessi, inaridiscono. Anche Marta, senza più legami, non ce la farebbe. Sembra destinata a una vita vuota, finché non riporta alla luce il suo passato nascosto proprio quando sembra ormai impossibile ricostruirlo. Rimasta completamente sola, dopo la morte della nonna, scova in un sacchetto di plastica gli indizi che la porteranno a ricostruire la propria storia e a ritrovare il padre mai conosciuto prima di allora.

Ma non le può bastare. Le favole che le hanno raccontato da bambina l’hanno ingannata, nascondendole la verità: chi è venuto prima di lei ha distrutto tutto, è scomparso e non le ha lasciato nulla in eredità. Rivolgendosi idealmente a sua madre, le rimprovera aspramente: «Perché voi - tu, tua madre, mio padre - avevate abbandonato le vostre radici? Per paura, per pigrizia per comodità? O forse per essere liberi, moderni?». È la metafora del Sessantotto, raccontato per episodi rivelatori di quell’ubriacatura ideologica che è sfociata nel nichilismo. Marta è come il frammento residuo di una società implosa, di un progetto fallito. Come un ramo che si rimette a dimora e cresce per talea, deve tornare alle sue origini. E le scopre in Terrasanta, in un kibbutz dove uno zio è andato a vivere dopo la persecuzione nazionalsocialista contro gli ebrei. Il passo del profeta Malachia posto all’inizio del volume: «Ritornate a me e io tornerò a voi», è la chiave della conversione ma anche della vocazione ultima delle creature, che il secolo della negazione del soprannaturale non ha potuto cancellare.

Profezia e
ritorno alle origini

Se Dio sembrava morto nei campi di sterminio, invece era là che attendeva i primi coloni che dovevano ricostruire Israele. Ma è anche, negli stessi luoghi, nella predicazione di Gesù Cristo, nel discorso delle Beatitudini capaci di sciogliere d’un sol colpo tutto l’odio e l’indifferenza che Marta ha sperimentato fino ad allora. È la soluzione della crisi: si torna indietro, fino a dove si è sbagliato strada. E così si trova anche la soluzione ai drammi attuali, affidata alle parole del vecchio zio ebreo, che profetizza a sua volta: «Catastrofi inimmaginabili ci aspettano dietro l’angolo. Come si può pensare di toccare il cuore dell’atomo, manipolare il Dna e andare ancora avanti? Mentre tutti ballano con la cuffia alle orecchie e gli occhi chiusi dalle estasi artificiali vedo, ogni giorno più vicini, i bagliori della fine». Scenario apocalittico, ma non ineluttabile, che pende minaccioso sul capo dell’umanità che però ha il potere di allontanarlo: «Certo, bisognerebbe pentirsi, aprire il cuore e la mente alla Sua parola. Scacciare gli dei che da troppo tempo banchettano nel nostro cuore. Invece della legge dell’ego bisognerebbe osservare la legge dell’alleanza».

Le radici
e l’eternità

Sono le radici giudaico-cristiane, follemente recise perché ritenute ingombranti, che tornano a generare nuovi frutti, mentre il mondo che ha cercato di sopravvivere senza di loro si estingue senza lasciare nemmeno il ricordo di sé. Nel cimitero ebraico di Trieste e nella vecchia casa in rovina della nonna si conclude così la vicenda di Marta, che può lasciare che i morti seppelliscano i morti e, con un ultimo sentimento di pietà, rivolgersi a loro: «Mentre davanti a me si apriva lo spazio ignoto della vita; nel bene e nel male mi avevate insegnato molto: in qualche modo i vostri sbagli costituivano per me una ricchezza». E forse anche per loro, che non hanno conosciuto la misericordia, ci sarà un’eternità.

Susanna Tamaro

Ascolta la mia voce

Rizzoli, Milano 2006
218 pagine, euro 15,50 ( )
  Astolfo | Jul 22, 2008 |
Narrativa contemporanea . XXI secolo
  bibliotecaristofane | Oct 17, 2017 |
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Marta is raised by her grandmother in her house in Trieste, a safe haven of stories, books and enchantment. She knows that her mother died when she was young, and she believes that her father is a Turkish prince. But, as she grows older and this fairy tale disintegrates, Marta feels only anger towards her grandmother for withholding information about her parents.When her grandmother dies, Marta is alone in the world. One day, in the dusty attic, she finds a box belonging to her mother which may help to uncover her own past. With clues found in her mother's journal and a worn photograph, Marta decides to track down her father, who she believes may still be alive. Feeling the need to escape her grandmother's house, which is populated by secrets, Marta embarks on a journey to Israel, seeking what is left of her mother's family in an attempt to make sense of where she came from.Written as a young woman's narrative addressed to the memory of her grandmother, Listen to My Voice is a poignant coming of age story, and a beautifully crafted meditation on the importance of history and belonging.

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