Bel libro: che non è un saggio , non è un racconto (anche se l’ho classificato come tale per i personaggi) e non è un trattato. È un po’ di tutti e tre. Molto bravo Calvino a non apparire didascalico ma a mostrare tutta la sua cultura d la sua capacità di scrittura .
A me i tarocchi non sono mai piaciuti ma il libro (120 pagine e poco più) mi è piaciuto molto. ( )

La bellezza di Calvino è nell’enorme differenza della sua produzione letteraria. Il castello dei destini incrociati e la taverna dei destini incrociati sono un modo innovativo per rendere in modo inusuale una diversa prospettiva con la quale inquadrare le cose. Certo l’idea di proporre delle storie partendo dalle riproduzioni dei tarocchi disegnati nel quattrocento da Bonifacio Bembo richiederebbe implicitamente la lussuosa edizione originale edita da Franco Maria Ricci; e non la mia sparagnina edizione del 2019 degli Oscar Mondadori. Calvino partendo dalle raffigurazioni delle carte dei tarocchi propone delle storie che si incrociano e si intersecano, che possono essere lette all’incontrario, in cui ogni carta è uno snodo diverso dal quale prendere le mosse. Sono piccoli racconti, quasi fiabeschi, barocchi e medievali, asciutti e densi. Non rientrano nel mio gusto, ho bisogno di ordine; e, come detto, sicuramente questa edizione da leggere in metropolitana non aiuta. Ma a volta bisogna riconoscere il progetto, l’idea e poi, diciamoci la verità, Calvino è uno degli autori per i quali provo delle remore di natura reverenziale. Anche se non è il mio gusto. ( )

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