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Anatomia dell'irrequietezza (1966)

di Bruce Chatwin

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It is commonly supposed that Bruce Chatwin was an ingenuous latecomer to the profession of letters, a misapprehension given apparent credence by that now famous passage in his lyrical, autobiographical "I Always Wanted to Go to Patagonia," in which we are told that this indefatigable traveler's literary career began in midstride, almost on a whim, with a telegram announcing his departure for the farthest-flung corner of the globe: "Have gone to Patagonia." Such a view overlooks the fact that from the late 1960s onward Chatwin was already fashioning the tools of his future trade in the columns of a variety of magazines and journals. And that he continued to do so through every twist and turn of his career, from art expert to archaeologist, to journalist and author, right up until his death in 1989. These previously neglected or unpublished pieces - short stories, travel sketches, essays, articles, and criticism - gathered together here for the first time, cover every period and aspect of the writer's career, and reflect the abiding themes of his work: roots and rootlessness, exile and the exotic, possession and renunciation.… (altro)
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Questa lettura è stata condizionata da due fattori: il primo è il giudizio negativo di Annamaria; le sue critiche sono quasi incomprensibili, ma quasi sempre (direi che l’eccezione è Biagi) pertinenti; ed il secondo è il ruolo di icona di Chatwin di una certa cultura di sinistra. In realtà, anatomia dell’irrequietezza è un libro molto gradevole. Forse, e non sarà un caso, in questi giorni ho riapprezzato Woody Allen, con Hanna e le sue sorelle, ed addirittura Nanni Moretti che, finalmente, ha fatto un bel film. Il libro di Chatwin è uno zibaldone di pensieri, una serie di appunti di viaggio, non solo in senso geografico, ma anche e soprattutto di vita. Bravi racconti, foto dal mondo: alcune davvero eccezionali. Per una volta, Biagi a parte, Annamaria aveva torto. Ed io ho letto un gran bel libro. ( )
  grandeghi | Aug 25, 2020 |
Non Fiction, Essays, Collection, Articles, Short stories and travel tales, First published, under the title: "Anatomy of Restlessness: Selected Writings 1969-1989", by Jonathan Cape, London, 1996, 244 pp., by Viking, New York, in the same year, The posthumous anthologies was brought together by Jan Borm and Matthew Graves following the death of Chatwin in 1989, First Italian edition, under the title: "Anatomia dell'irrequietezza", Adelphi, Milano, in 1996, translated by Franco Salvatorelli, 223 pp., Contents: I. HORREUR DU DOMICILE: 1. Ho sempre desiderato andare in Patagonia, 2. Un posto per appendere il cappello, 3. Una torre in Toscana, 4. Andato a Timbuctù; II. RACCONTI: 5. Latte, 6. Le attrattive della Francia, 7. Il patrimonio di Maximilian Tod, 8. Beduini; III. L'ALTERNATIVA NOMADE: 9. Lettera a Tom Maschler, 10. L'alternativa nomade, 11. Questo nomade nomade mondo; IV. RECENSIONI: 12. Abele il Nomade, 13. Gli anarchici della Patagonia, 14. La via delle isole, 15. Variazioni su un'idea fissa; V. L'ARTE E L'ICONOCLASTA: 16. Tra le rovine, 17. La moralità delle cose ( )
  Voglioleggere | Jan 9, 2018 |
Raccolta postuma di vari scritti. A parte l'ultimo (che ha un qualche interesse) il resto è stata una grossa delusione ( )
  jcumani | Aug 14, 2017 |
Raccolta di scritti che abbracciano un ventennio di vita e di vagabondaggi dell'autore. Il tema di fondo è"l'alternativa nomade", quell'inquietudine e quel desiderio di conoscenza che spinse Chatwin a viaggiare da un capo all'altro del mondo. In quest'opera troviamo impressioni di Capri e dell'Africa, della Toscana e del sudamerica. "la grande maladie de l'horreur du domicile", come disse Baudelaire in una citazione assai amata da Chatwin ( )
  cometahalley | Dec 8, 2010 |
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So it's a bit sad that this latest collection of his literary souvenirs has such a claustrophobic feel. Chatwin died in 1989, and a good deal of his previously unpublished work has already been pulled together in book form, leaving a few magazine articles, autobiographical snippets, book reviews and sketchy short stories for this one. Fodder for a biographer, perhaps. But mostly a goad to the reader's own restlessness.
aggiunto da John_Vaughan | modificaNY Times, Alida Becker (Jul 12, 1996)
 
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It is commonly supposed that Bruce Chatwin was an ingenuous latecomer to the profession of letters, a misapprehension given apparent credence by that now famous passage in his lyrical, autobiographical "I Always Wanted to Go to Patagonia," in which we are told that this indefatigable traveler's literary career began in midstride, almost on a whim, with a telegram announcing his departure for the farthest-flung corner of the globe: "Have gone to Patagonia." Such a view overlooks the fact that from the late 1960s onward Chatwin was already fashioning the tools of his future trade in the columns of a variety of magazines and journals. And that he continued to do so through every twist and turn of his career, from art expert to archaeologist, to journalist and author, right up until his death in 1989. These previously neglected or unpublished pieces - short stories, travel sketches, essays, articles, and criticism - gathered together here for the first time, cover every period and aspect of the writer's career, and reflect the abiding themes of his work: roots and rootlessness, exile and the exotic, possession and renunciation.

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