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Sto caricando le informazioni... Non abbandonarci alla tentazione?: Riflessioni sulla nuova traduzione del Padre nostro (Italian Edition)di Aldo Maria Valli
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Non più di una decina di fedeli in tutto, due uomini, tre bambini e cinque signore, distanziati e con mascherina secondo il rigido protocollo. Una bambina ed un bambino chierichetti di nemmeno una decina di anni, hanno aiutato il vecchio don Emilio nella celebrazione.
Sulle panche della chiesa il parroco ci ha fatto trovare una immaginetta che vedete qui di fianco con il testo della nuova versione del Padre Nostro.Nuova per modo di dire. Si tratta di soltanto due parole, anzi tre. E’ stato aggiunto al testo antico un “anche” e il verbo “indurre” è stato sostituito con “abbandonare”.
La sostanza sembra rimanere la stessa, ma solo in apparenza. Un Papa come Francesco, all’antica, eppure tanto moderno da diventare “politico”, ha lasciato il segno tutto suo particolare su un testo che è non solo una preghiera, ma vuole essere anche un messaggio. L’aggiunta della congiunzione/avverbio “anche”, riferita alla necessità che i debiti/crediti siano non solo riscossi ma “anche” pagati, mi pare importante in un mondo come quello di oggi nel quale il “dare” è del tutto scomparso a favore di un “avere” sempre più esattivo. La seconda modifica è molto più densa di significato. Considerate le due parole: “indurre” e “abbandonare”.
SINONIMI di “indurre”: spingere, istigare, convincere, ispirare, persuadere, trascinare, incitare, invogliare, decidere, invitare, esortare, piegare, arrecare, convertire, inclinare, smuovere.
SINONIMI “abbandonare”: lasciare, trascurare, allentare, rinunziare, lasciar cadere, lasciar da parte, lasciar solo, dimenticare, rinunciare, piantare, archiviare, smettere, tralasciare, gettare, tradire, mollare, deporre, recedere, sacrificare.
Non si tratta soltanto della semplice sostituzione di un verbo ma di un cambio di prospettiva che mi porta a pensare ad un libro intitolato “Questioni di Fede” scritto dal cardinale Gianfranco Ravasi, costruito su 150 domande e relative risposte ai perchè di chi crede e di chi non crede.
Potrei sollevare qui una modesta centocinquantunesima domanda chiedendo al Monsignore Ravasi: ma Dio ci “induce”al peccato o ci “abbandona” ad esso?
Lo so, qualcuno subito può rispondere che dipende da noi, dalla nostra volontà, il nostro libero arbitrio. Non sono un linguista biblico, nè tanto meno uno studioso dei testi sacri di teologia.
Mi sono letto quello che hanno scritto esperti di questi saperi come potrete qui leggere al link. Da semplice e modesto linguista moderno mi basta ricordare a me stesso il vecchio adagio “traduttore-traditore”. Mi rendo condo che qui si tratta non solo di riportare, traducendoli, i vari testi e le innumerovoli trascrizioni della preghiera.
Mi limito a chiedere a me stesso, formulando e sviluppando la domanda che proporrei al cardinale Ravasi: ma si può “tradurre” la parola del Creatore in una lingua umana? Se tradurre significa “rendere, passare, trasporre, volgarizzare, decifrare, spiegare, interpretare, parafrasare, spostare, portare, trasportare, trasferire, condurre, accompagnare, fare traduzioni”, possiamo davvero conoscere quali fossero/erano le reali intenzioni del Creatore? Se “indurre” non è come “abbandonare” non è che tutto rimane soltanto una “questione di fede?
Dal mio blog: shorturl.at/etyzE