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Erec e Enide (2002)

di Manuel Vázquez Montalbán

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1202228,055 (2.79)Nessuno
EN LOS DCAS PREVIOS A LA NAVIDAD, EL PROFESOR EMERITO JULIO MATASANZ, ESPECIALISTA EN LITERATURA MEDIEVAL, VIAJA AGALICIA PARA RECIBIR UN HOMENAJE INTERNACIONAL. EI ACTO SE CELEBRA EN LA ISLA DE SAN SIMON, RCA DE VIGO, SUCESIVAMENTEFORTCN DE CABALLEROS TEMPLARIOS, LAZARETO, CASERNA, CCRCEI PARA REPUBLICANOS DURANTE Y DESPUES DE LA GUERRA CIVIL YAHORA CENTRO CULTURAL.LA CLTIMA LECCIC"N DE MATASANZ VERSA SOBRE EREC Y ENIDE, PRIMERA NOVELA DEL CICLO ARTCRICO DE CHRETIEN DE TROYES, DETONANTE PARA QUE EL VIEJO PROFESOR HAGA UNA REFLEXIC"N CREPUSCULAR Y PESIMISTA SOBRE El SENTIDO ULTIMO DE LA VIDA: EL AMOR Y LA MUERTE.PARALELAMENTE, Y EN LOS MISMOS DCAS, SU ESPOSA MADRONA, DE LA ALTA BURGUESCA BARCELONESA, PREPARA LA NAVIDAD CON LA ILUSIoN DE REUNIR A TODA LA FAMILIA Y SUPERAR CONFLICTOS SENTIMENTALES Y FAMILIARES, DECIDIDA A QUE LA FIESTA DE SENTIDO A SU VIDA Y AL NOMBRE DE SU RESIDENCIA: LA ALEGRCA DE LA CORTE. PARA ESE FINAL FELIZ NECESITA QUE VUELVAN SU AHIJADO PEDRO Y SU COMPANERA MYRIAM, VOLUNTARIOS DE ONG QUE A FINES DE 2001 ESTCN VIVIENDO EN CENTROAMERICA LAS MISMAS PERIPECIAS QUE EREC Y ENIDE EN TIEMPOS DE ARTURO DE BRETANA.MANUEL VCZQUEZ MONTALBCN MANIFIESTA UNA VEZ MCS SU GRAN TA LENTO NARRATIVO CON UNA NOVELA EN LA QUE ANALIZATRES SOLEDADES ESENCIALES COMBATIDAS A VECES CON LA GENEROSIDAD DE MADRONA, OTRAS CON EI ENSIMISMAMIENTO DE JULIO OEL SENTIMIENTO SOLIDARIO DE PEDRO Y MYRIAM. COMO EN CASI TODA LA OBRA DE VCZQUEZ MONTALBCN, VIDA Y CULTURA NO SIEMPRE SE COMPAGINAN, Y EN ESTE CASO, COMO EN LA LEYENDA ARTCRICA QUE DA TCTULO AI LIBRO, PROPONE LA NECESIDAD DE CONSTRUIR LAS RELACIONES, DE ALIMENTARLAS DCA TRAS DCA PARA QUE LOS AVATARES DE LA EXISTENCIA NO ACABEN POR DESTRUIR ELAMOR.… (altro)
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Ceuta - Julio 2002 ( )
  MOTORRINO | Dec 13, 2020 |
Basada en la soletat de les persones. ( )
  Martapagessala | Aug 22, 2019 |
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Personaggi
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Luoghi significativi
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Eventi significativi
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Epigrafe
Dedica
Incipit
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Il premio Carlomagno si desta. Ha fatto parte, suppongo, dei miei sogni e ora eccolo qui, a portata di mano.
Citazioni
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Ricordo a memoria alcune frasi latine: «Praeterita mutare non possumus», di Cicerone, «Non possiamo cambiare il passato». Un'altra è di John Owen, dall'Epigrammata rinascimentale: «Viventi mors obrepit, iuvenique senectus; horaque dum quota sit quaeritur, hora fugit». «Di nascosto arriva la morte a quel che vive, la vecchiaia a quel che è giovane; mentre chiediamo che ora è, l'ora è già fuggita.»
E finalmente la più demolitrice, un aforisma medievale di Walther: «Omnes res letas tu, pessima, conteris, aetas; ingenium tollis tu corpora robore solvis». «Distruggi tutte le cose gioiose, età malvagia; togli l'ingegno, privi di vigore il corpo.»
[...] quel che tanto interessa al coro è la storia di certi indios particolarissimi. Un'antica tribù, gli yanomami, che abitano la foresta amazzonica e praticano uno strano sebbene suppongo meritato, ludico cannibalismo. Si mangiano i loro morti, ma prima li cremano su una pira che consuma il corpo del defunto e tutti i suoi beni, dall'arco al perizoma. Per fortuna non mandano giù le ceneri da sole, ma le mescolano a banane mature e le inghiottono un po' alla volta, mentre cercano di dimenticare il nome del morto, che non dovrà mai essere pronunciato da alcuno, bisogna cancellare ogni traccia del suo essere e ogni memoria della sua persona in modo che «il dimenticato» possa possa varcare la soglia della «Casa del Tuono», vale a dire il cielo, il paradiso. Ho cominciato a prendere la storia in modo scherzoso, ma mi pare splendidamente poetica ed esemplare in quanto mangiare il morto significa anche dimenticarlo, ucciderlo nella memoria, un'operazione che tuttavia si compie per garantirgli il paradiso.
Ho gli interni pieni dell'immagine di Pedro che spiega la sua favola e per un momento mi sono sentito liberato del mio ruolo, come Maboagraín si vide liberare dalla schiavitù del giardino quando fu vinto da Erec, come se Pedro avesse preso la parte di Erec senza esserne consapevole. Ma non so fare altro che salire al livello superiore dove stanno i libri che cerco, e una volta lì mi ferma la contemplazione dei miei tesori di bibliofilo, il percorso visivo, possessivo di questi quattro punti cardinali, quattro orizzonti rilegati in pelle di Russia, così la chiamavo ai miei tempi di studente, e mi pare che il rapporto tra questo spazio, il suo contenuto culturale e questo vecchio, me stesso, che li contempla come uno spettatore dalla prima fila dell'anfiteatro, è come la spiegazione di una dipendenza tra vita e cultura da me scoperta di recente, nel mio caso, con progressivo orrore. Rimango incantato all'interno di questo spazio? Ho vissuto? Ho viaggiato? Ho amato? O mi sono limitato a leggere e a scrivere o a viaggiare e amare come esperienze culturali o psicologicamente complementari che non hanno allargato la mia dimensione del mondo.
[...] In questa cappella mi sento come il Capitano Nemo nel suo Nautilus, padrone delle mie coordinate e in grado di scrutare le vite altrui come attraverso il poderoso cristallo immaginato da Jules Verne. Il Nautilus affonderà insieme con me. Questa cappella-biblioteca affonderà con il naufragio della memoria di me per resuscitare forse solo di tanto in tanto quando, in qualche congresso, gli estremo e i loro pari diranno en passant che qualche mio apporto non è stato ancora del tutto superato.
Fino a poco tempo fa tendevo a metabolizzare le persone così come erano nel momento in cui le avevo conosciute, senza concedere loro il diritto di invecchiare, né di cambiare ideologia o status, come se al momento del primo incontro le avessi fissate in una sagome, per sempre.
Ultime parole
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