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L'‰ira funesta

di Paolo Roversi

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Roversi, Paolo (2013). L’ira funesta: Il primo caso del maresciallo Valdes. Milano: Rizzoli. 2013. ISBN 9788858640647. Pagine 320. 11,99 €

Paolo Roversi ha fatto carriera: è seguito da un’agenzia letteraria (la PNLA e associati, cioè la Piergiorgio Nicolazzini Literary Agency – giuro che non sto celiando) ed è passato dalle piccole case editrici di nicchia (come direbbe l’indimenticabile personaggio di Natalino Balasso) alla Rizzoli. D’altra parte, Roversi è un giornalista del Corriere della sera e la cosa, quindi, non deve sorprenderci più di tanto.

Di Roversi, su questo blog, abbiamo già avuto occasione di parlare qualche anno fa (qui, per l’esattezza). Avevo confessato, in quell’occasione, di non essere un appassionato di gialli e che, comunque, non mi pareva che Roversi fosse uno dei maestri del genere. E che però Roversi è un suzzarese, viene cioè dal paese in cui affondano le mie gucciniane radici e in cui ho passato molte estati. Per questo, quando il romanzo è ambientato da quelle parti e in quei climi, ne traggo un piacere tutto mio.

Roversi non fa un grande sforzo per mischiare le carte e il borgo dove si svolge la vicenda è piuttosto riconoscibile in Torricella (coincide persino la toponomastica). La storia è gradevole, raccontata con un umorismo un po’ sornione (come si usa da quelle parti), rispetta le regole canoniche del romanzo poliziesco (compresa quella, non scritta, che prevede almeno una scopata tra il poliziotto protagonista e una ragazza carina – in questo caso una giornalista: si vede che l’autore, giornalista di nera anche lui, sogna una torrida notte di sesso con un maresciallo dei carabinieri …) e chi sia il colpevole non lo si scopre fin dalle prime pagine.

Purtroppo, Roversi non è un grande scrittore e ha il vizio, tutto giornalistico, di ricorrere alle frasi fatte e di maniera. Per di più, quali che siano i servizi che gli ha fornito l’agenzia letteraria di Piergiorgio Nicolazzini, non dovevano essere inclusi quelli di un bravo editor. Già alla terza riga del romanzo incontriamo un “omone a dorso nudo”: “a dorso nudo” ci vanno i cavalli senza sella, e si può dire anche “a bisdosso“; per gli umani, e soprattutto per i lottatori, invece, si dice e si scrive “a torso nudo“. Memorabile, in proposito, il neologismo torsonudista coniato dall’avvocato Augusto Salvadori, assessore al decoro di Venezia:

Ripresa confidenza col ruolo che aveva lasciato tanti anni fa, quello di tutore del Decoro di Venezia riavuto in consegna da [Massimo] Cacciari, Augusto Salvadori ha ricominciato a mulinare il remo contro torsonudisti, saccopelisti, pediluvionisti e gli altri «isti» che sporcano l’immagine della Serenissima. Battaglie che, a partire da quella mitica contro i gondolieri che cantavano «‘O sole mio» trascurando «Nineta monta in gondola», avevano fatto di lui l’assessore più famoso del pianeta. [Gian Antonio Stella, Corriere della sera, 23 luglio 2005, p. 16, Cronache]

Quelli che Salvadori chiama «torsonudisti», con un neologismo ardito del quale rivendica la paternità, li ha scoperti personalmente lui, negli Anni Ottanta: «Salgo in vaporetto una mattina per andare in assessorato, tutti schiacciati come sardine. Mi si attaccano addosso due tizi a torso nudo, sudati, una cosa orrenda. Sono arrivato in ufficio e ho firmato l’ordinanza». [Anna Sandri, Stampa, 3 agosto 2007, p. 22, Cronache Italiane].

E non basta, perché troviamo anche (alla posizione Kindle 2372) “qualche raro mobile in legno assediato dalle tarme.” Roversi ha evidentemente dimenticato le sue origini rurali, se ignora che le tarme fanno i buchi nei tessuti di lana, mentre le gallerie nei mobili in legno le scavano i tarli.

Più avanti [3379] troviamo un ragazzo turbatio da un “bikini inguinale”: scusa la pignoleria, Roversi, ma inguinale si può dire di un’ernia o, se si vuol fare gli spiritosi, di una minigonna, per segnalare che è così corta da coprire a malapena le pudenda. Ma il bikini – nel suo pezzo di sotto – è inguinale per forza.

minigonne.eu

Fin qui gli strafalcioni accidentali. Tra quelli voluti, ho trovato divertenti quelli del Gaggina. Uno per tutti: «Il silenzio è coro.» [3216] ( )
  Boris.Limpopo | Apr 29, 2019 |
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