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Sto caricando le informazioni... La Casa in Collina (Italian Edition) (originale 1949; edizione 1996)di Cesare Pavess (Autore)
Informazioni sull'operaLa casa in collina di Cesare Pavese (1949)
Italian Literature (250) Sto caricando le informazioni...
Iscriviti per consentire a LibraryThing di scoprire se ti piacerà questo libro. Attualmente non vi sono conversazioni su questo libro. Se è vero che, come pare almeno in parte vero leggendo la vita dello scrittore, siamo di fronte a un romanzo autobiografico, Pavese aveva quantomeno dei grossi dubbi su se stesso, sul suo mondo e su come era andata sviluppandosi la propria esistenza: il protagonista Corrado è infatti non solo un uomo senza qualità, ma mette pure in mostra difetti tali che vien voglia di prenderlo a sberle quasi a ogni capitolo. Oltre a configurarsi come la rappresentazione dell’intellettuale intento a crogiolarsi nel proprio complesso di superiorità mentre se ne sta chiuso in una torre d’avorio, egli è anche un pusillanime eternamente indeciso che, non riuscendo neppure a riscattare il vile comportamento giovanile nei confronti del primo amore, figurarsi se può far altro che rimanere in pratica paralizzato nell’istante in cui la guerra richiede una presa di posizione tanto che, quando decide di agire, lo fa soltanto per fuggire. Nel ’43, egli insegna a Torino, ma vive riparato dai bombardamenti in collina a pensione nella villa di una zitella innamorata segretamente di lui e della di lei madre. Girovagando per i boschi, capita in un’osteria dove fa base un gruppo di giovani che comprende Cate, sua fiamma adolescenziale tenuta lontana perché non ritenuta all’altezza: la donna, che ha un figlio che si chiama come lui, e gli altri lo accettano, ma laddove, dopo il settembre, la situazione si aggrava, i loro percorsi si divideranno di nuovo. Stordito e irresoluto, Corrado viene salvato, assieme al ragazzo, dalla sua padrona di casa – anch’ella si dimostra alla fine più viva e responsabile di lui – prima che la paura lo spinga ancora una volta a scappare, questa volta in direzione del più sicuro paese natio. L’accurata descrizione degli stati d’animo della figura principale è accompagnata dall’altrettanto preciso disegno delle figure di contorno, fra le quali spiccano i vitali frequentatori della locanda, le donne sconfitte dalla vita (a ben guardare sia Cate sia Elvira lo sono), gli anziani che guardano parlando poco e soffrendo molto, i sommersi e i salvati - più i voltagabbana - che cercano di adattarsi ai nuovi padroni (i colleghi Lucini e Castelli). Di pari rilievo, come sempre in Pavese, è però l’importanza della natura, in mezzo alla quale Corrado riesce forse a provare una compiuta felicità: il paesaggio collinare è dipinto con mano felice nello scorrere delle stagioni, fra alberi frondosi, sterpaglie, radure a prato illuminate dal sole, strade e sentieri che in un momento sono innocui e un attimo dopo nascondono insidiosi pericoli, basta che cambi l’atteggiamento degli uomini che li frequentano. Un pessimismo diffuso sull’essere umano che è presente finanche nell’incontro con la lotta partigiana: in ogni caso, Corrado pensa bene di svicolare e non è sufficiente come scusa il colloquio con Giorni, salito in montagna malgrado i trascorsi da fervente fascista. Il tutto raccontato con la consueta, mirabile lingua che lo scrittore piemontese porta qui a livelli davvero alti: un modo di raccontare solo all’apparenza semplice, ravvivato dagli accenti dialettali e segnato da una cadenza che, rendendolo subito riconoscibile, dà l’impressione al lettore di sprofondare in un caldo abbraccio. In fondo all’edizione in mio possesso, una vecchia Einaudi per la scuola media) vi sono alcuni racconti che non molto si discostano come tematiche e scrittura: il rapporto dell’adulto o del giovane con la natura - ovvero la collina - per ‘L’eremita’ e ‘Il mare’, l’irresolutezza nelle decisioni de ‘Il signor Pietro’ nonché, soprattutto, un’acuta nostalgia per un mondo passato che è ormai morto o sta morendo nel quale non è difficile riconoscere quello dell’infanzia dell’autore. Una prospettiva, quest’ultima, che fa risaltare brani brevi ma assai intensi come ‘La vigna’ e quel ‘Vecchio mesttiere’ che si può ritenere il migliore del lotto grazie anche a una chiusa esemplare. ( ) "Ancora oggi mi chiedo perché quei tedeschi non mi aspettarono alla villa mandando qualcuno a cercarmi a Torino. Devo a questo se sono ancora libero, se sono quassù. Perché la salvezza sia toccata a me e non a Gallo, non a Tono, non a Cate, non so. Forse perché devo soffrire dell'altro? Perché sono il più inutile e non merito nulla, nemmeno un castigo?.... L'esperienza del pericolo rende vigliacchi ogni giorno di più. Rende sciocchi, e sono al punto che essere vivo per caso, quando tanti migliori di me sono morti, non mi soddisfa e non mi basta. A volte, dopo aver ascoltato l'inutile radio, guardando dal vetro le vigne deserte penso che vivere per caso non è vivere. E mi chiedo se sono davvero scampato." nessuna recensione | aggiungi una recensione
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"Ora che ho visto cos'è guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi : E dei caduti che facciamo ? perché sono morti ? - Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero."--Editore. Non sono state trovate descrizioni di biblioteche
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Google Books — Sto caricando le informazioni... GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)853.914Literature Italian and related languages Italian fiction 1900- 20th Century 1945-1999Classificazione LCVotoMedia:
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