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Otto Strasser (1) (1897–1974)

Autore di Hitler segreto, le rivelazioni del capo del "Fronte nero"

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Fonte dell'immagine: (back row, top) Image © ÖNB/Wien

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Informazioni generali

Nome canonico
Strasser, Otto
Nome legale
Strasser, Otto Johann Maximilian
Data di nascita
1897-09-10
Data di morte
1974-08-27
Sesso
male
Nazionalità
Germany
Luogo di nascita
Bad Windsheim, Germany
Luogo di morte
München, Germany
Attività lavorative
politician
Organizzazioni
NSDAP (National Socialist German Workers' Party)

Utenti

Recensioni

Verso la fine del 1920, nauseato e disorientato dalla situazione politica-economica-morale tedesca, Otto Strasser, all’epoca giovane studente universitario di diritto ed economia nonché leader degli studenti di sinistra e capo degli universitari ex combattenti, divenne, invece di iscriversi alla NSDAP, uno dei maggiori fautori della costituzione del Partito Socialdemocratico Indipendente.
Dopo il fallimentare putsch di Monaco, criticato aspramente da Otto, Hitler, intenzionato a risollevare le sorti del partito nazionalsocialista, incaricò Gregor Strasser di rigettarne le basi nel Nord operaio della Germania. In tale impresa, quest’ultimo si avvalse della collaborazione del fratello, il quale, mentre Gregor si occupava dell’organizzazione e della propaganda, ebbe l’incarico di elaborare una nuova teoria rivoluzionaria che avrebbe dovuto fungere come trampolino di lancio per il NSDAP in un contesto socio-economico differente dalle regioni del Sud.
L’autore del presente volume si dichiara, chiaramente, nazionalsocialista ma il suo nazionalsocialismo era un “socialismo tedesco” che cercava di unire gli elementi positivi che provenivano da destra (nazionalismo) e da sinistra (socialismo) senza però i loro lati negativi: il capitalismo per la destra e l’internazionalismo per la sinistra.
Strasser giunse a sostenere, partendo dall’assunto che la proprietà privata non dovesse essere considerata come un diritto intangibile, che sia per quel che riguarda l’industria che per ciò che concerne l’agricoltura, lo Stato doveva, in veste in rappresentante della comunità nazionale, assumere il ruolo di “feudatario” trasformandosi così in proprietario della terra, delle risorse minerarie e dei mezzi di produzione.
Il pensiero strasseriano si differenzia dal marxismo per il fatto che non auspica la scomparsa della classe capitalista ma il sorgere dello Stato quale gestore della proprietà e in grado di stimolare l’interesse privato. Gli imprenditori come gli operai, i proprietari terrieri e i contadini, infatti, risulterebbero, tramite questo processo come “investiti” dalla comunità e lo Stato, in qualità di feudatario, concederebbe, dietro il versamento di un canone, in enfiteusi ereditaria, la terra così come gli altri beni.
Strasser ipotizza il perfezionamento del sistema industriale attraverso la teorizzazione di un possesso comune seguito da un’equa ripartizione dei profitti tra i soggetti agenti, ossia lo Stato, l’imprenditore e i lavoratori. Seguendo tali dettami sarebbe stato possibile raggiungere la completa realizzazione dell’aspirazione sociale evitando il suo sfogo in nuove guerre o nella teoria marxista che, a causa del suo carattere internazionalista, non sarebbe mai stata in grado di soddisfare le aspirazioni delle singole nazioni.
In politica estera il suo nazionalsocialismo era antimperialista, il cui spirito doveva limitarsi a conservare e ad assicurare la vita e lo sviluppo della nazione tedesca senza nessuna tendenza a dominare altri popoli e altri paesi. Per far ciò era necessario come condizione preliminare denunciare l’infame Trattato di Versailles, ma questo non impediva a Strasser di affermare che “un buon nazionalsocialismo deve essere europeo, cioè solidale con l’Europa”3. Inoltre, sebbene si dichiarasse poco attratto sia dal fascismo che dal bolscevismo, egli vendeva solo nell’Italia e nell’Unione Sovietica le uniche alleate plausibili per la Germania.
Il pensiero strasseriano per il fatto di essere caratterizzato da un impianto rivoluzionario mirante a rifondare lo Stato dalla base, fu accolto positivamente da interi settori del giovane partito nazionalsocialista trovando anche in Joseph Goebbels uno dei suoi più accesi sostenitori. Fu proprio grazie all’interessamento di quest’ultimo, infatti, che Strasser poté illustrare le sue tesi su “National-Sozialistiche Briefe”, un quindicinale del partito destinato perlopiù ai funzionari dello stesso.
Tali pubblicazioni furono all’origine dell’allineamento dell’apparato del NSDAP della Germania del Nord sulle posizioni di sinistra e di intransigentismo radicale espresso da Strasser. Queste ultime furono anche ispiratrici, nel settembre 1925 della realizzazione delle Comunità di lavoro dei Gau dell’Ovest e Nord della Germania la cui direzione fu affidata ai fratelli Strasser e a Goebbels. La costituzione di queste comunità suggellava la vittoria ottenuta dalla componente di “sinistra” del partito nel congresso tenutosi in Westfalia in cui aveva invocato una maggiore autonomia rispetto all’impostazione centralista data al partito dal gruppo di Monaco.
Questo successo indispettì non poco Adolf Hitler che guardava con malcelato rancore l’espandersi della linea strasseriana; un’ascesa che sembrava non esser destinata a fermarsi neanche al congresso del 1926 quando Gregor Strasser, ripresentando il programma elaborato dal fratello, lo implementò in materia di politica estera presentando come fondamentale per la Germania l’alleanza in campo internazionale con l’Unione Sovietica. Di fronte all’evolversi di simili scenari Hitler corse ai ripari e divise l’area sinistra del partito con l’obbiettivo di isolare Otto Strasser. Per far ciò nominò Goebbels capo del partito a Berlino e Gregor responsabile della propaganda.
Trovatosi circondato da soli pochi fidati camerati, Otto assunse una posizione molto critica nei confronti della linea che Hitler andava imponendo al partito nazionalsocialista, ravvisando in essa un allontanamento dall’originaria vocazione rivoluzionaria.
La separazione andava lentamente maturando, divenendo imminente in seguito al radicalizzarsi delle posizioni fra le due ali del partito all’indomani della crisi economica che travolse il paese nel 1929. Il capolinea fu rappresentato dagli incontri avuti tra Hitler e Otto Strasser il 21 e 22 maggio del 1930. Fu allora, infatti, che Otto, prendendo spunto dall’opposizione mostrata dal futuro Fuhrer nei confronti dell’impostazione socialista rivoluzionaria data agli scritti editi dalle “Kampf Verlag”, comprese pienamente che Hitler mai si sarebbe posto contro gli interessi della grande industria tedesca per permettere l’attuazione del suo programma, ma anzi li avrebbe difesi.
Fedele all’idea nazionalsocialista, Strasser non mancò di presentare le proprie obiezioni in merito al crescere del culto totemico dell’imbianchino austriaco in quanto “le idee sono di natura divina, esse sono eterne. Gli uomini al contrario, non sono che corpi nei quali l’idea si incarna”. Al tempo stesso non mancò di fare le proprie rimostranze circa le posizioni razziste assunte dal partito dovute, secondo Strasser, alla nefasta influenza di Rosenberg e delle sue tesi raccolte nel libro “Il mito del XX secolo”. Strasser era, infatti, convinto che una simile impostazione avrebbe finito per distruggere il partito nazionalsocialista anziché rafforzarlo.
Il distacco, avvenuto formalmente il 4 luglio 1930, tuttavia non minò Otto Strasser nella volontà di darsi da fare per risollevare le sorti della Germania; fondò la “Comunità nazionalsocialista rivoluzionaria”, a cui associò la rivista “Die Deutsche Revolution”, il cui titolo riecheggiava la convinzione, rimasta intatta, che l’unica speranza di salvezza e di rigenerazione del popolo tedesco consisteva nel dar vita ad una rivoluzione sociale e nazionale. A questa nuova formazione inizialmente aderirono circa seimila membri. Successivamente il flusso di uomini non si arrestò poiché nel 1931, in seguito alla crisi scoppiata tra la dirigenza del partito e diversi settori delle SA del Nord, molti elementi delle suddette decisero di fondersi con l’organizzazione di Strasser dando vita alla “Comunità di Combattimento Nazionalsocialista di Germania”.
Il sorgere di questa nuova formazione, insieme all’emergere di una linea “nazional-bolscevica” nel programma del partito comunista tedesco votato alla liberazione nazionale e sociale del popolo tedesco, furono i motivi scatenanti che convinsero Otto Strasser della bontà di far convergere le diverse anime della sua “comunità” in una nuova formazione con programma e linee d’azione ben delineate. È in questo particolare contesto che nacque il Fronte Nero, a cui oltre ai suddetti membri, aderirono parti del Movimento Contadino, i gruppi paramilitari Werwolf nonché i gruppi Oberland e diversi movimenti antihitleriani.
Il motivo per cui Strasser decise di utilizzare l’aggettivo “Nero” nella sua organizzazione era che nella lingua tedesca, come riferisce lo stesso Otto, tale colore risultava essere sinonimo di ciò che si sottrae alla vista e che non può essere preso.
Considerato dal suo fondatore come “la scuola degli ufficiali e dei sottoufficiali della rivoluzione tedesca”1, il “Fronte Nero” poteva contare su molti “Ring”, ossia centri, presenti nelle città in cui si erano stanziate guarnigioni importanti e in tutti i centri industriali, in cui avvenivano le riunioni segrete a cui era dato il medesimo nome in codice.
Queste caratteristiche ricalcavano quella tipica delle società segrete. Nella fase iniziale della sua esistenza l’appartenenza a quest’Ordine era riservata esclusivamente a coloro che avevano rotto i ponti con lo NSDAP e far parte di essa non precludeva la possibilità di aderire ad altre formazioni politiche.
Come afferma lo stesso Strasser il “Fronte Nero” poteva essere considerato come “una specie di massoneria che aveva ramificazioni in tutte le classi, in tutte le caste, in tutte le parti del popolo tedesco”2, sempre dalla Massoneria, inoltre, veniva mutata l’usanza di dividere i propri membri secondo vari gradi di appartenenza. Contraddistinti dall’indossare una spilla di cravatta formata da un martello incrociato ad un gladio e dal saluto Heil Deutschland! in sostituzione di quello nazionalsocialista Heil Hitler!, per rimarcare la loro fede alla patria e non ad un uomo, gli aderenti del “Fronte Nero” ne erano anche i principali sostenitori economici; altri proventi giungevano all’Ordine dalle vendite del periodico “Die Deutsche Revolution” poi ribattezzato “Die Schwarze Front”.
I profondi sforzi compiuti da Strasser e dal suo gruppo però erano destinati a fallire e un altro nazionalsocialismo avrebbe conquistato il potere in Germania proprio quel movimento che Strasser aveva cercato di osteggiare e combattere e del quale aveva previsto ciò che portava in dote per le sorti della sua amata patria.
In questa prefazione ci siamo un po’ dilungati sul Socialismo di Otto Strasser perché in questo libro, che vuol essere soprattutto politico e di divulgazione, esso è solamente accennato. Solo conoscendo la sua dottrina possiamo spiegarci perché Strasser sia passato dal partito socialista tedesco al nazismo e, dopo aver condotto in seno ad esso una lotta anticapitalista contro Hitler, sia divenuto un feroce oppositore di entrambi i partiti, che hanno per lui in comune la difettosa o mancata soddisfazione dell’aspirazione sociale. Fu il suo anticapitalismo che lo allontanò da Hitler nel 1930, era il suo anti-cosmopolitismo che lo fece distaccate dai socialisti i quali non tenevano conto delle esigenze delle singole nazionalità.
Oggi nell’epoca del mondialismo e del pensiero unico dominante neo-liberista, in un’Europa servile al padrone americano, il pensiero strassiano merita di essere riscoperto e studiato perché l’aspirazione sociale dei popoli euroasiatici sopita negli ultimi 25 anni, inizia a dare spiragli di vita.
Fonte: FB
… (altro)
 
Segnalato
BiblioLorenzoLodi | Feb 2, 2015 |

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