Recensioni
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Recensione del 12 febbraio 2008
Palestina è un reportage giornalistico scritto sotto forma di fumetto. E’ il lungo viaggio di Joe Sacco nella Palestina e tra la sua gente, i palestinesi; condannati dalla storia all’esilio nella loro terra. Contro Israle, popolo dannato, che conquistato, a caro prezzo, un angolo di Paradiso crea intorno l’inferno. La delicatezza della storia della Palestina e di Israele è indefinita. Due popoli, due religioni per una sola terra. Da sempre contro. Ed i due mondi, le due culture, quella occidentale e quella islamica si scontrano per quella striscia di terra in una battaglia non solo ideologica. In mezzo c’è la gente, in primis, i palestinesi, condannati ad un modo di vivere indegno di questo secolo. Il fumetto è fatto bene, il tratto pesante, le orme, le prospettive grosse rappresentano bene la complessità del racconto. Visto dalla parte della gente si compone di tanti racconti di storia vissuta, intersecando i fatti con uno stile narrativo sicuramente innovativo. Non è un fumetto da approccio. Anzi. Richiede tempo ed attenzione.
Recensione del 29 luglio 2011
Probabilmente è la terza volta che rileggo Palestina, la principale graphic novel di Sacco; e man mano che rileggo questo fumetto lo apprezzo sempre di più. La netta prevalenza del testo rispetto al disegno, lo rende un libro impegnativo; d’altronde lo stesso autore ha chioma, nel sottotitolo, reportage a fumetti. Non è una storia, non è un racconto, ma sono tante storie e tanti racconti che si intrecciano per fornire uno spaccato, drammatico, della realtà quotidiana palestinese. È sicuramente molto particolare il modo con cui Sacco propone tutto il racconto in prima persona, senza alcuna mediazione; fatti, storie e persone viste e raccontate; non c’è lacuna mediazione. L’uso dei grigi nei disegni rende ancora più forte la storia, non ci sono pennellate, il tratto è di grana spessa. Ed in primo piano, in primissimo piano, la tragedia del popolo palestinese, costretto da quello ebraico, a subire un torto equivalente. Nel cupo silenzio dell’indifferenza mondiale.