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Antonio Pennacchi (1950–2021)

Autore di Canale Mussolini

19 opere 552 membri 24 recensioni

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Opere di Antonio Pennacchi

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Informazioni generali

Nome canonico
Pennacchi, Antonio
Nome legale
Pennacchi, Antonio
Data di nascita
1950-01-26
Data di morte
2021-08-03
Sesso
male
Nazionalità
Italië
Luogo di nascita
Latina, Italië
Luogo di residenza
Latina, Italië
Istruzione
letteren
Attività lavorative
fabrieksarbeider
politicus

Utenti

Recensioni

Delusione
½
 
Segnalato
permario | 14 altre recensioni | Apr 24, 2023 |
Il solito Pennacchi, che scrive (in buon italiano) come se parlasse: inizia a descrivere Tizio ma poi divaga per pagine e pagine su Caio e poi su Sempronio, al punto che, quando dopo qualche capitolo riappare Tizio, quasi ti chiedi "e questo chi è?"

Ambientazione e storie sono sempre quelli delle (ex) Paludi Pontine, tra storia, miti e leggende metropolitane. Per quanto già ne sapessi un po', ho anche scoperto cose nuove.
C'è però tutta la parte, che chiamerò "del sogno" per non spoilerare, che mi ha annoiata e che ho trovato deboluccia. Un libro sinceramente senza infamia e senza lode… (altro)
 
Segnalato
ShanaPat | Jul 1, 2020 |
Noiosissimo, a differenza del primo. Non sono riuscito a finirlo pur essendo arrivato a cinquanta pagine dal termine.
 
Segnalato
fortunae | 1 altra recensione | Jun 24, 2016 |
Per leggere in pace (anzi, in Santapace!) questo libro bisogna innanzitutto stamparsi bene in testa che è un romanzo, bisogna insomma fare un'opera di astrazione come per il film di Benigni "La vita è bella", perché su certi temi non si è abituati a scherzare e non si vuole farlo, non si è capaci e non si sarà mai capaci di indulgenza. Nei momenti in cui, leggendo, più mi hanno tremato i polsi ho guardato indietro alla mia storia familiare: sono stata allevata nei valori della laicità e dell'antifascismo e ho imparato a cantare "Bandiera rossa" a 4 anni ma, inutile nascondersi e nasconderlo, durante il ventennio chi in famiglia aveva un impiego nello stato, parastato o in industrie che campavano di commesse del regime, prese la tessera e andò anche a qualche adunata a piazza Venezia quando proprio non se ne poté fare a meno, chi lavorava in proprio (contadino o artigiano) o nel privato no. La fame e la guerra la fecero tutti in egual modo. Il nonno falegname fu indirettamente colpito dalle leggi razziali perché lavorava nella bottega di un titolare di religione ebraica: per un brevissimo periodo l'attività riuscì a rimanere in piedi perché un paio di dipendenti "ariani" fecero da prestanome ma poi dovettero comunque chiudere. E iniziò, come per tutti, l'arte di arrangiarsi. I due prozii (tesserati a causa del loro lavoro) e richiamati in guerra tornarono uno dall'Africa e uno dalla Russia rispettivamente comunista e socialista e si scannarono poi nelle discussioni politiche fino alla morte. Le donne della mia famiglia, tutte con la seconda o al massimo la quarta elementare, facevano le sarte, modiste e merlettaie e sprecarono la loro prima opportunità di voto al referendum del '46 votando per la monarchia!! "Perché a noi ce piaceva vede' il re e la regina nelle carrozze, coi bei vestiti" Praticamente scalze, ma avere un re e, soprattutto una regina, faceva loro pensare alle favole. Mah! Comunque nessun bambino battezzato come Adolfo, Benito, Umberto o con nomi sabaudi: solo una coppia di gemelli chiamati Romolo e Remo e presi in giro per tutta la vita come "i gemelli della lupa".
Fatta questa corposa opera di autocoscienza e astrazione quel che ho letto è una saga familiare (genere che amo molto) dell'italiano qualunque; mi sembrava di sentir parlare la famiglia che abitava al piano di sopra quand'ero piccola (immigrati ferraresi) e, pur con le dovute differenze tra città e campagna, ho rivissuto il racconto parallelo delle difficoltà delle terre di frontiera: i Peruzzi nelle ex Paludi Pontine, i miei familiari nelle borgate popolari costruite dal fascio per sfrattati dagli sventramenti per l'ammodernamento dell'Urbe, immigrati e indigenti ad (allora) 10 km circa dalla città e dalla società civile, senza servizi, senza trasporti, con gabinetti e lavatoi in comune.
I Peruzzi incarnano una sorta di Forrest Gump all'italiana, ossia furbetto e opportunista, inconsapevoli per scelta e per partito preso in quelli che sono i momenti cruciali della storia della nazione: Cicero pro domo sua.
Un romanzo, godibile, con qualche personaggio che rimane nel cuore, con un po' di dolce e un po' di amaro, ma come ce ne sono tanti; la parte finale è eccessivamente disorganizzata e il lettore, ormai stanco dei salti avanti e indietro nel tempo dell'epopea venetopontina, morde un po' il freno verso la - in tutti i sensi - Liberazione finale.
Perplessità sul perché abbia vinto lo Strega 2010 ... cioè: se questo era il migliore nel panorama letterario italiano dell'anno preso in considerazioni, gli altri com'erano?!
La "spiegazione" peruzziana della scelta dei partigiani, liquidati come renitenti alla leva obbligatoria della r.s.i. è francamente molto irritante; tutto il resto delle rivisitazioni peruzziane della storia nazionale stanno tra l'umoristico e il qualunquista. Ma quella era (e in parte ancora è, purtroppo) l'Italia.
… (altro)
 
Segnalato
ShanaPat | 14 altre recensioni | Jul 20, 2012 |

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