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David Peace (1) (1967–)

Autore di Nineteen Seventy Four

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Sull'Autore

Fonte dell'immagine: Courtesy of Serpent's Tail Press

Serie

Opere di David Peace

Nineteen Seventy Four (1999) 987 copie
Il maledetto United (2006) 808 copie
Tokyo Year Zero (2007) 715 copie
Nineteen Seventy Seven (2000) 647 copie
Millenovecento80 (2001) 450 copie
Millenovecento83 (2002) 423 copie
Occupied City (2009) 333 copie
GB84 (2004) 324 copie
Red or dead (2013) 177 copie
Tokyo Redux (2020) 55 copie
The Red Riding Trilogy (Triple Feature Video) (2010) — Writer — 15 copie
Tokyo revisitée (2021) 4 copie
M comme menace (2010) 3 copie

Opere correlate

The Adventures and Memoirs of Sherlock Holmes (1975) — Introduzione, alcune edizioni1,738 copie
Granta 81: Best of Young British Novelists 2003 (2003) — Collaboratore — 273 copie
Granta 127: Japan (2014) — Collaboratore — 125 copie
Monkey Business: New Writing from Japan, Volume 04 (2014) — Collaboratore — 7 copie

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Innanzitutto, lo United del titolo NON è il Manchester che, anzi, piomba in Seconda Divisione. Perché qui si parla di un altro calcio, pieno di difetti ma anche di ingenuità, e, soprattutto, lontano anni luce da quello attuale, impacchettato e standardizzato come una saponetta. Siamo all’inizio degli anni settanta, quando in Inghilterra dominano Leeds United e Derby County: nomi che risvegliano memorie infantili di una finale di Coppa delle Coppe con il Milan (qui appena accennata) e di una semifinale di Coppa dei Campioni con la Juve (e di questa si racconta, oh se si racconta). Protagonista del libro è Brian Clough, allenatore emerso con il Derby e che prova ad allenare l’odiatissimo Leeds: ben presto mal gliene incoglie. Il Clough qui narrato è istintivo, sboccato, arrogante ed insofferente, ma è anche un sognatore, profeta di un calcio pulito, libero dai sotterfugi e dagli imbrogli di un sottobosco maneggione: peccato che sia esattamente tutto ciò che addebita al Leeds (società, guida tecnica e squadra) ed un po’ anche al resto dell’universo calcistico. La breve lotta contro i mulini a vento – vissuta tra mille sigarette e alcolici di varia specie – è contrappuntata dal racconto della sua vita in panchina, dall’infortunio che ne stronca la carriera agonistica all’odio-amore con il Derby. Questa è narrata in seconda persona, quella in prima: entrambe scritte con una lingua intessuta di frasi brevi, ripetizioni, allitterazioni, giochi verbali che in qualche modo riflettono l’ossessione che domina il personaggio principale. Che, come si affretta a spiegare l’autore, dovrebbe essere visto solo come un personaggio, non come il Clough reale, così come pure la moltitudine di caratteri con cui interagisce. La precisazione non ha in ogni caso evitato che qualcuno si risentisse, soprattutto fra chi è disegnato con tratti negativi: specie fra i calciatori che, come categoria, sono quelli che ne escono forse peggio.… (altro)
 
Segnalato
catcarlo | 28 altre recensioni | Oct 8, 2014 |
«Se chiudi gli occhi davanti a qualcosa di spaventoso, finirai per avere sempre paura.» L’ammonizione riecheggia nell’ultimo racconto di questa trilogia, mentre gli occhi del protagonista registrano le immagini di una città annientata dal terremoto. David Peace non distoglie lo sguardo davanti all’orrore, lo affronta nell’unico modo a lui possibile: senza nascondere niente. E porta alla luce tre storie concepite dal cuore nero del Giappone, sua patria adottiva. La parola scritta di Peace disseziona la cronaca, fatta di sangue detriti pioggia corpi, e la trasforma in scrittura. Precisa, incalzante, ipnotica. Il male che si agita sotto una superficie in apparenza serena è il filo conduttore dei tre racconti che narrano di crimini realmente commessi («L’anno del maiale» e «M») e del grande terremoto del Kanto del 1923, che sembra annunciare lo tsunami del marzo 2011 («Dopo il disastro, prima del disastro»). Gli assassini a caccia di giovani donne e le scosse sismiche che trasformano Tokyo in una distesa di morte sono fatti della stessa materia incomprensibile e inaccettabile che solo la narrazione può esorcizzare. E la letteratura stessa sembra essere il rifugio di vittime e carnefici, il solo luogo di redenzione o di pace, nel quale Peace ci precipita con il suo verso sincopato e gelido, ma al tempo stesso partecipe e pietoso nei confronti degli esseri umani e di un paese in perenne ostaggio dei suoi demoni e della natura.… (altro)
 
Segnalato
gianoulinetti | Mar 6, 2013 |

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