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Opere di Livio Pastore

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Livio Pastore ha fatto delle sue origini legate a quelle che un tempo venivano chiamate “Arti Grafiche” la sua attività comunicativa sul territorio in maniera tanto ecclettica quanto innovativa. Dire che ha una lunga esperienza nel campo tipografico è dir poco. Forse sarebbe meglio dire che Livio ha fatto davvero “la gavetta” nel campo della comunicazione in tutti i suoi vari e numerosi aspetti.

L'ho conosciuto nel ricordo dei tanti giovani apprendisti che si sono succeduti nel corso di decenni tra Sarno, Salerno, Napoli e in tante tipografie campane, allievi della “Arti Grafiche M. Gallo & Figli”, di Sarno, nati, cresciuti e diventati artigiani, tecnici, tipografi, stampatori e imprenditori. Livio è stato uno di questi, ha saputo non solo impegnarsi nel lavoro tipografico ma anche rinnovarsi, adattarsi e trasformarsi nel lungo e complesso percorso che la comunicazione ha fatto in questi due-tre decenni.
Una delle sue “creature”, anzi la sua “creatura originaria” chiamata “Eventi”, ancora in vita come giornale distribuito gratuitamente, si è trasformata in una complessa e produttiva attività editoriale affermatasi con grande fiuto commerciale.

Destreggiandosi abilmente tra il cartaceo e il digitale, Livio, da semplice tipografo è diventato grafico, giornalista, fondatore e direttore editoriale di se stesso. Livio sa bene che i suoi lettori oltre a voler pensare, scrivere, leggere e criticare, vogliono anche partecipare, vendere, comprare, conoscere e confrontarsi, sia con il presente che con il passato, fiutando quello che possa accadere per il futuro. In nome di una memoria condivisa, ma sopratutto senza perdere di vista il mercato. Questo ennesimo libro ne è una prova viva.
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AntonioGallo | 1 altra recensione | Mar 15, 2022 |
Questo è l’ottavo volume della Collana di libri editi dall’ “Associazione Culturale Eventi”, nella Valle del Sarno, il secondo dedicato al “viaggio nella memoria”, grazie all’opera ed all’impegno di quell’instancabile “attivista editoriale” che si chiama Livio Pastore. Contiene scritti apparsi nel corso degli anni sul periodico da lui fondato e che porta questo nome. Le firme: Raffaele Capasso, Luisa Crescenzi, Franco Polichetti, Gaetano Ferrentino, Ernesto Odierna, Livio Pastore, Felice Marciano, Franco Salerno, Nunziata Orza Corrado, Domenico De Liguori, Emilio Lanzetta, Gaetano D'Ambrosio, Antonio Ascolese, Tonia Bolera, Alfonso Sarno, Francesco Iervolino. Prefazione di Vincenzo Salerno, Assessore alla Cultura.

Mi sono occupato del primo volume presente nella mia biblioteca digitale mettendo in evidenza il prezioso lavoro che svolge ormai da due decenni Livio Pastore con la pubblicazione di un periodico a diffusione gratuita, su di un territorio molto sensibile alla sua identità storica, ma anche molto difficile da capire. A me piace chiamarlo con il nome di “Valle dei Sarrasti” per mantenere intatto quell’alone di antica, misteriosa bellezza che sembra sempre aleggiare su di essa. Nella presentazione il prof. Vincenzo Salerno scrive che questo libro concorre a formare un “mosaico”, raccontando tante piccole storie che concorrono a creare la “Storia” della comunità sarnese.

Dice bene il giovane e brillante Assessore alla Cultura della presente Amministrazione in quanto, suddiviso in tre sezioni, il volume si occupa di personaggi e artisti sarnesi, di usi, riti, costumi e vecchi mestieri, e delle gioie e dolori dello sport. Un abbondante supporto iconografico in bianco e nero concorre a dare vita a pagine di microstoria locale le quali, pur se presentate nella canonica sistemazione di un libro che si vuole occupare di storia con la maiuscola, mantengono tutto il loro “sapore” di pagine ammuffite dal tempo, rivitalizzate e riportate alla luce soltanto per dare attualità ai ricordi di una realtà esistenziale che non ha nulla a che vedere con quella del terzo millennio.

Il libro si apre con due capitoli che vorrebbero provare la “storicità”, il carattere, e la qualità di ciò che, oltre che storico, cioè soggetto a un divenire, del reale e dello spirito, sia anche espressione di quanto è accertato storicamente, realmente avvenuto su questo antico e per questo “nobile” territorio: il “Mandamento di Sarno” e il “Castello di Sarno”. Nessuno può, ovviamente, negare l’importanza di queste due “voci storiografiche” che caratterizzano questa antica Città di Sarno.

Mi sembra, però, che sia l’uno che l’altro “evento” siano sistematicamente “abusate”, citate e sfruttate “ad abundantiam” in tanti libri, studi e ricerche che costantemente vedono la luce in questa città. Il solito fiume, l’antico duomo di Episcopio con il suo presbiterio, i ruderi del castello in una cartolina d’epoca, il torrione … Di recente ho letto su una locandina di giornale che l’Amministrazione Comunale avrebbe “acquisito” il Castello di Sarno e che nei piani degli amministratori fermentano idee e progetti. In una realtà mobile e liquida come quella che stiamo vivendo, tutto è possibile. E’ opportuno, perciò, riscaldare i “piatti” che la Storia, quella con la maiuscola, ci ha conservato, per cercare di dare un sapore ad uno scialbo, insipido presente.

Continuando a sfogliare le pagine del libro, vediamo entrare in scena il destino di un illustre concittadino, Giovan Battista Amendola e il grave stato di abbandono in cui versa il suo monumento. La visione di una foto di quasi cento anni fa celebra l’inaugurazione, anche alla presenza di un “ministro delle colonie” in bombetta. Si passa poi alla lettura del ricordo di Bruto Fabbricatore, altra eminente personalità letteraria e politica eletto al primo parlamento del Regno d’Italia. Si rivive, poi, l’atmosfera del fatale “ventennio” tra immagini di gagliardetti, busti regali e non, per ricordare un eroe del Risorgimento, tenente dei Garibaldini. Non poteva mancare la presenza di un artista locale che, con la sua pittura, “canta” allegoricamente le allegorie dell’industria di filati e tessuti e dell’acqua iodica della sua città.

Che dire poi della struggente descrizione di quando il Convento di Santa Maria della Foce diventò un “Lazzaretto” per una grave epidemia di “dermotifo”? A voler fare nomi, basta citare personaggi del tempo come Giuseppe Sodano, Luigi De Lise, fino ad arrivare a Mariano Orza. Siamo così finalmente usciti dal tunnel dell’oscurantismo nazionale, che però illuminava il paese di allora, e ci inoltriamo nell’era moderna, quella che, chi scrive, può dire di avere vissuto sulla propria pelle. Scorrono sulla scena della Valle dei Sarrasti il Poeta e il Sacerdote, l’erudito e colto avvocato ed anche sindaco, il professore tanto amato e benvoluto dai suoi alunni, la poliedrica scrittrice, il politico provinciale. Si completa così la lettura della prima sezione del libro.

La seconda sezione, dedicata a “come eravamo, con i nostri usi, riti, costumi e mestieri”, ci trasporta nella banale, apparente modernità di una Città dalla quale nessuno riesce a sfuggire, se non scappando altrove. Il tutto accade in un mondo attuale, il quale, nell’arco di due-tre decenni, è radicalmente cambiato, mentre la Città dei Sarrasti e rimasta a quel tempo passato. Quando, oggi, nuovo secolo del terzo millennio, al mattino vedo le centinaia di giovani studenti che scendono dagli autobus che li portano qui alla frazione di Episcopio a studiare, o li vedo scendere dai treni della ex-circumvesuviana, oggi EAV, mi chiedo cosa potranno mai capire o recepire leggendo questi articoli che Livio Pastore ha pazientemente recuperato dai numeri passati del suo giornale.

Una domanda che mi ponevo anche allora, una ventina di anni orsono, fino a quando in quelle stesse aule consumavo i giorni nella mia quotidiana fatica dell’insegnamento e mi chiedevo dove sarebbero finite tutte quelle giovani menti alle quali tanti di noi cercavamo di offrire possibilità di lavoro e speranza in un futuro. Già allora questa possibilità non apparteneva a questi luoghi. Sarebbero stati costretti ad andare altrove, per trovare un lavoro, una sistemazione. Una storia che continua inesorabilmente a ripetersi, mentre i Sarrasti di oggi fanno di tutto per vivere nel loro passato.

Quando si decideranno, i tanti scrittori di storia e microstoria, poeti, saggisti, analisti e giornalisti di questa Valle, oltre beninteso Autorità e Istituzioni, a scrivere del futuro di questa città, a presentare progetti di crescita, proposte innovative per un territorio che non continui ad essere soltanto, un caotico “hinterland” dal quale sono scappati tanti di quei giovani che ho visto passare per queste stesse aule nelle quali oggi passano altre giovani speranze, illuse da letture, non dico “inutili”, ma senza dubbio fuori del tempo, invitandoli quasi come ad andare alla ricerca di un tempo perduto?

Ricordo di avere scritto, nella recensione del precedente volume, che anche se la scrittura è qualcosa che aiuta a pensare ed operare, bisogna stare attenti a non fare soltanto “storytelling”, a raccontarsi addosso storie per il piacere di leggersi ed esibirsi. Se scrivere aiuta a pensare, dovrà anche esserci tempo per progettare, cambiare e costruire quel “mondo nuovo” al quale tutti guardiamo ma che sembra invece, giorno dopo giorno, confermarsi terreno di utopia in una terra che fu dei Sarrasti, una popolazione destinata poi, come abbiamo visto, a scomparire.
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Segnalato
AntonioGallo | 1 altra recensione | Oct 9, 2019 |
Ho appena ricevuto questo volume di microstoria locale, un appassionante viaggio nella memoria della Valle del Sarno, l'antica Valle dei Sarrasti, alle falde del monte Saro, di fronte al Vesuvio. L'antica città di Sarno, il suo fiume, due o tre millenni di storia, un prezioso lavoro editoriale voluto e realizzato dall'amico Livio Pastore, valoroso tipografo, appassionato editore e provetto scrittore il quale, da ben 18 anni continua a raccontare la sua città.

Ha fondato il periodico "Eventi" e continua ad indagare l'animo più intimo e nascosto della sua città. Con questo libro intende tramandare a futura memoria testimonianze, memorie, tradizioni, usi e costumi legati ad una realtà locale quanto mai dinamica, costantemente legata alla sua storia ed alle sue tradizioni. In questo libro il lettore ritrova racconti di "pagine quotidiane che danno il segno dei salti generazionali e culturali dei quali, mentre avvengono, nessuno se ne accorge."

Nella presentazione del suo libro egli giustamente scrive che "tutto cambia e si trasforma, ma la radice dei caratteri, dei tipi, della città, resta sempre quella". Una considerazione quanto mai vera questa, ed anche opportuna, rivelatrice anche della necessità di far comprendere a chi legge questo libro, i concittadini di Livio Pastore, che è gran tempo che se è importante ricordare come eravamo è necessario anche riflettere, leggendo la quotidianità del presente, elaborare progetti per un futuro nuovo e diverso che non potrà, per fortuna o sfortuna, più essere quello di una volta, del bel tempo passato.

"Il testo assume la connotazione di un vocabolario del modo di essere sarnese", scrive Livio. Lui esprime bene la sua idea continuando ogni mese, attraverso il suo giornale "Eventi", a leggere la realtà nella sua non sempre dinamica realtà. Sarà bene che lui ricordi che ogni "vocabolario" che si rispetti ha bisogno di rinnovamenti, cambiamenti, trasformazioni e adattamenti in una realtà locale e globale costantemente liquida e mobile. "Eventi continuerà a raccontare", così chiude la sua introduzione al libro. Bene, ma si faccia attenzione ai pericoli dello "storytelling" ...
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AntonioGallo | Nov 2, 2017 |

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