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Antonio R. Martens, un agente della polizia segreta di uno stato sudamericano non meglio specificato, ha lasciato al suo difensore d'ufficio un manoscritto redatto poco prima di essere condannato alla pena di morte. Era stato agente durante gli anni della dittatura, entrando nel Corps (così si chiamava l'unità), poco prima che scoppiasse il caso Salinas. Diaz e Rodriguez erano i suoi superiori. Nei pochi mesi di collaborazione aveva imparato da loro che la logica poteva essere stravolta tanto da far perdere qualsiasi punto di riferimento. Il manoscritto ricostruisce gli eventi che portano alla morte di Enrique Salinas, figlio di uno dei più grandi imprenditori del paese. (fonte: Ibs)
 
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MemorialeSardoShoah | 18 altre recensioni | May 31, 2020 |
Autore di genio, scrittore e traduttore, B. si uccide improvvisamente. Keserü, il suo editore e amico, si sente obbligato a compiere una ricerca volta da un lato a scoprire i motivi del suicidio e dall'altro a trovare l'ultimo romanzo di B., all'interno del quale è convinto di trovare spiegazione non solo del gesto dell'amico ma, più radicalmente, dell'esistenza e del senso del dolore. Giocato su diversi registri narrativi (lettere, testi teatrali, racconti), metafora di una realtà instabile e sempre in movimento, il romanzo del premio Nobel ungherese racconta la frammentazione e la perdita dei punti di riferimento, lo smantellamento di un mondo, la "liquidazione" di una casa editrice, del regime comunista, della vita di un uomo. (fonte: Ibs)
 
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MemorialeSardoShoah | 17 altre recensioni | May 13, 2020 |
"L'ultimo rifugio" è lo sguardo che un grande testimone del XX secolo rivolge alla propria vita, legata a doppio filo alle svolte drammatiche della storia.(fonte: Google Books)
 
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MemorialeSardoShoah | 1 altra recensione | May 11, 2020 |
Gyurka non ha ancora compiuto quindici anni, quando una sera deve salutare il padre costretto a partire per l'Arbeitsdienst. Alla domanda perché agli ebrei venga riservato un simile trattamento, il ragazzo rifiuta di condividere la risposta religiosa, "questo è il volere di Dio". Perché dovrebbe esserci un senso in tutto questo? Poco dopo Gyurka viene arruolato al lavoro forzato presso la Shell, e da lì, un giorno, senza spiegazione, viene costretto a partire per la Germania. La voglia di crescere, di vedere e imparare, l'impulso vitale di questo ragazzo sono così marcati e prorompenti, che la sua "ratio" trova sempre una buona ragione perché le cose avvengano proprio in quel modo e non in un altro. (fonte: Feltrinelli)
 
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MemorialeSardoShoah | 70 altre recensioni | May 3, 2020 |
Dato alle stampe alle soglie dei grandi mutamenti del 1989, "Fiasco" è imbevuto di uno dei più grandi timori dell'uomo dell'est europeo: il fallimento della libertà, che si presenta, dall'altra parte del muro, come il fallimento della ricerca della felicità. Un fallimento, un fiasco, in cui si riconosce anche lo scrittore. Imre Kertész, nato a Budapest nel 1929, deportato ad Auschwitz e liberato a Buchenwald nel 1945, ha vinto il Premio Nobel per la letteratura nel 2002. Kertész impiegò circa dieci anni a scriere "Essere senza destino" (pubblicato in Ungheria nel 1975 e ignorato fino alla fine degli anni Ottanta), il primo capitolo dell'ideale trilogia che prosegue con "Fiasco" (1988) e "Kaddish per un bambino non nato" (1989). (fonte: ibs)
 
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MemorialeSardoShoah | 7 altre recensioni | May 2, 2020 |
"Dossier K." è un romanzo autobiografico sotto forma di dialogo che stacca il suo ritmo battendo su domande capitali, che pone il lettore nella condizione di muovere intelligenza ed emozioni. Kertész mette in discussione se stesso, e insieme i più grandi eventi della storia del Novecento. (fonte: Google Books)
 
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MemorialeSardoShoah | 3 altre recensioni | May 1, 2020 |
Con un kaddish, una preghiera aramaica per invocare la grandezza di Dio, Kertesz chiude la trilogia che nella sostanza gli ha consentito di vincere il Nobel. La trilogia dell’autore ungherese prende l’avvio con “essere senza destino”, in cui l’autore ripercorre la sua esperienza ad Auschwitz con uno stile narrativo semplice; “fiasco” è un testo di tutt’altra intensità linguistica dove il protagonista Gyorgy Koves rappresenta la di difficoltà di vivere dei sopravvissuti; con questo kaddish l’autore prova a spiegare, con una prosa solida ma fluente, le ragioni per cui un sopravvissuto ai campi di sterminio non può desiderare un figlio che possa vivere l’ennesima esperienza di dolore. In realtà questo libro è una sorta di lunga litania in cui l’autore canta in maniera quasi impersonale le difficoltà di una vita in cui l’inizio e la fine del tutto, in senso assoluto, sia l’esperienza dell’autore ad Auschwitz. Kertesz è uno scrittore complesso ed articolato, sia sotto il profilo stilistico che sotto quello dei contenutistico, per cui la lettura dei suoi libri è oggettivamente un lavoro di cesello intellettuale, anche perché nell’autore ungherese spesso la forma si sovrappone alla sostanza. Comunque un bellissimo canto.½
 
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grandeghi | 16 altre recensioni | Oct 26, 2016 |
Nel secondo lavoro della trilogia di Kertész, intermedio tra “Essere senza destino” e “Kaddish per un bambino non nato”, lo scrittore ungherese procede ad una forte rivisitazione sia sotto il profilo stilistico che contenutistico. Fiasco è un racconto serrato nel ritmo narrativo, incredibilmente minuzioso nel racconto dei particolari, denso e difficile; un romanzo nel romanzo, il ritorno alla normalità dell’autore di essere senza destino viene impedito dalle durezze del regime ungherese, per lo strano destino di una generazione, letteralmente passata dalla follia del nazismo a quella del comunismo. Koves, lo scrittore, deve scrivere un libro per poter acquisire lo stato di autore e poter accedere alla pensione riservata agli stessi. Fiasco, nelle ambizioni di Koves, è un pessimistico viaggio nella quotidianità che ripercorre alcuni passi dell’Ulisse, soprattutto nella meticolosa ricerca del particolare del giorno qualunque, e del processo, nel trasferire il senso oppressivo dello stato, lettera minuscola non casuale. Ma nel corso della lettura non ho mai provato il senso di trovarmi di fronte ad un libro essenziale, anzi.
 
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grandeghi | 7 altre recensioni | Nov 3, 2015 |
Essere senza destino è la prima tappa del percorso di ricostruzione autobiografica dell’autore che poi si è sviluppata con Fiasco e Kaddish per il bambino non nato. La trilogia ha sostanzialmente portato Kertész a vincere il nobel per la letteratura nel 2002. Il racconto della deportazione di Gyurga, il ragazzo quindicenne protagonista di questo romanzo, nel campo di sterminio di Buchenwald inizia a Budapest, i nazisti hanno occupato la città, gli ebrei sono già sottoposti alla follia delle leggi razziali ed alle angherie che hanno contraddistinto quel periodo. Ma la continua ricerca di una normalità, impossibile, diventa il ritmo stesso del racconto, lo stile a volte quasi irridente con cui Kertész racconta la sua vita nel campo di concentramento e le casualità che gli hanno consentito di rimanere in vita rappresentano sicuramente il tratto distintivo del libro. E’ evidente che la ricerca dell’umanità ha da sempre contraddistinto questo tipo di letteratura, dal romanzo di Anne Frank a se questo è un uomo, ai fratelli Oppermann, è l’incredulità per quanto accade che non fa ritenere possibile pensare a quanto accadrà. Essere senza destino si inserisce degnamente nella letteratura di genere, pur non essendo la punta più elevata.
 
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grandeghi | 70 altre recensioni | Nov 2, 2015 |
Libro favoloso. L'attenzione ai particolari, le descrizioni accurate e il sentimento che vi è pervaso dimostrano che questo romanzo vale il Nobel all'autore...
 
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AndreaMuraro | 70 altre recensioni | Jan 11, 2010 |
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