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Alexandra Marinina

Autore di Il padrone della città

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Serie

Opere di Alexandra Marinina

Il padrone della città (1993) 112 copie
Murhaaja vastoin tahtoaan (1995) 107 copie
The Nightmare (1994) 85 copie
Irina tietää liikaa (1999) 56 copie
Morir por morir (1996) 48 copie
ˆLa ‰donna che uccide (1995) 42 copie
Ipnosi mortale (1996) 37 copie
Facile come uccidere (1996) 24 copie
Giochi di morte (1995) 22 copie
Czarna lista (polish) (1995) 21 copie
Prede innocenti (1996) 20 copie
La settima vittima (1999) 20 copie
Je suis mort hier (1997) 19 copie
L'illusion du péché (1996) 17 copie
Kuoleman käsikirjoitus (2001) 16 copie
Męskie gry (1997) 11 copie
Kolme eituse seadus (2002) 10 copie
Celui qui sait (2009) 4 copie
無限の殺意 (2003) 3 copie
Hiirelõksuvedru. 2. osa (2008) 2 copie
Prede innocenti (2000) 2 copie
Т.1 (2004) 2 copie
La settima vittima (2007) 1 copia
Tma posle rassveta (2023) 1 copia
Sono morto ieri (2003) 1 copia
No segredo dos mortos (2001) 1 copia
Lahtine uks (2008) 1 copia
Vsjo ne tak 1 copia

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"Morte in cambio" (Piemme, 1998) di Aleksandra Marinina segna un cambio di passo nella caratterizzazione e nella crescita della detective della polizia di Mosca Anastasija Pavlovna Kamenskaja. Proietta la protagonista, grazie ad un giallo dalle sfumature decisamente più noir rispetto all’esordio de “Il padrone della città”, ad un ruolo di primo piano nella risoluzione di un omicidio apparentemente inspiegabile e decisamente articolato, anche nell’incrocio dei diversi piani narrativi in cui si dipana la vicenda.

Aleksandra Marinina, al secolo Marina Anatol'evna Alekseeva (Марина Анатольевна Алексеева), già tenente colonnello di polizia ed avvocato in pensione, ambienta questo suo libro nella Mosca post sovietica, alimentando una produzione narrativa tanto cara a quella corrente amante del cosiddetto “giallo nostalgico russo”, parte di un fenomeno culturale che Andreas Huyssen, critico e professore alla Columbia University, descrive come "passato presente", ovvero l'emergere della memoria come preoccupazione culturale e politica chiave nelle società occidentali. Un cambiamento nell’esperienza e nella sensibilità del tempo che in Russia trova una sua spiegazione nella storia di un Paese, all’avanguardia nelle aspirazioni utopistiche del XX secolo, costretto a reinventarsi, dopo la deflagrazione dell’URSS, nel crogiuolo del liberismo occidentale. Una Russia in cui il ricordo del passato pesa drammaticamente sul presente, al punto che “le ricadute culturali e sociali della rivisitazione post-sovietica e della riscrittura della storia con nostalgia”, come afferma Huyssen (ampiamente citato da Elena Baraban nel suo saggio “A Little Nostalgia: The Detective Novels of Alexandra Marinina”), “ha costretto gli studiosi ad esplorare questo sentimento in opere letterarie, cinematografiche, di memorie e in altre forme di produzione culturale”.

Marinina, con i suoi gialli, entra a piedi pari in questo movimento nostalgico, pur restando all’interno di una scrittura di genere, tra l’altro particolarmente amata dai lettori avvezzi al cirillico. Le sua storia è qui tradotta in caratteri e fonemi italici da Emanuela Guercetti, cui va certamente il merito di mantenere inalterate alcune peculiarità confidenziali del russo, quali ad esempio l’uso di soprannomi e vezzeggiativi, che non sono solo parte di un costume del parlato quotidiano, ma aiutano a cogliere anche il grado di familiarità o di intimità tra i personaggi. Non pochi, tra l’altro, in questo "Morte in cambio", racconto in cui Anastasia Kamenskaya, per gli amici Nastja, è proiettata ben oltre il ruolo dell’analista investigativa da scrivania e fuori dalla sua abituale zona di confidenza, responsabile di un’indagine nell’indagine, costretta a muoversi in uno scenario poliziesco di corruzione, concussione e depistaggi, in cui nessuno può fidarsi di nessuno.

Nastja e il suo supervisore Gordeev non possono fidarsi di nessun componente del loro dipartimento di polizia, perché uno dei colleghi è un traditore che lavora per la mafia russa. Un brodo di coltura del malaffare e di quegli intrecci tra potere e politica che ben disegnano il passaggio repentino dalla società dei Soviet allo spregiudicato avventurismo neo capitalistico. Come ebbero a scrivere nel 2002 I. Savkina, Elena Trofimova e L. Geller (citate da Elena Baraban) “Marinina legge il presente attraverso le lenti del passato riscoprendo in esso alcuni valori positivi che aiutano a sostenere i suoi eroi nella Russia di oggi”. Un’immagine che ritroviamo leggendo anche questo libro, a condizione di retrodatare il nostro tempo di lettura ed immaginarci per le strade moscovite in un’epoca in cui la malavita organizzata è in grado di reclutare agenti di polizia e di formare, nel corso degli anni, i propri quadri intermedi nelle scuole di polizia e nelle università di legge.
Ed è sorprendente quanto Anastasia Kamenskaya, nel suo abito di rappresentante della giustizia ad ogni costo, dotata di un'innata capacità analitica e riflessiva, di un’acuta intelligenza e di una inossidabile resilienza agli imprevisti, incarni però perfettamente anche l’antitetico ruolo dell’anti eroina. E’ anonima, non si trucca per essere appariscente, tende a nascondere le sue forme sotto vestiti senza forme, Solo a Lesha, fidanzato quasi marito che nel libro si mostra con una certa determinazione, rivendicando un suo ruolo nella vita della protagonista, lei si concede per quello che è. E’ lenta, ma perché ha assoluto bisogno di riflettere, di pensare, sin troppo a volte, tanto che questa sua necessità rallenta anche il ritmo dell’azione ed espone personaggio ed autore alla critica. Un poco più di velocità compenserebbe certamente una trama che pecca di una certa prevedibilità. Perfetto per chi ama polizieschi intricati, ma non troppo machiavellici.

Ma Anastasia è retta ed incorrotta, pronta a lavorare anche senza paga perché di poliziotti onesti, e a dirlo è proprio lei, ne sono rimasti davvero pochi e forse questo ci piace. Ed è il motivo che fa sì che più che l’indagine, di "Morte in cambio", mi ha affascinato l’humus culturale che determina gli eventi descritti e che nella scrittura di Marinina è quanto mai realistico, anzi cinicamente realistico nell’elaborazione di temi come la corruzione, la moralità, la vendetta. Ella ci propone un mondo criminale consapevole di ciò che rappresenta e ben radicato nella società che si è formata dopo la fine della Guerra Fredda, antitetico sia alla detective stories sovietica che motivava il crimine con psicologie amorali e afflitte da gravi difetti educativi, tanto più a quella cultura di una società socialista quale rimedio infallibile per la riabilitazione personale e civica.

Rispetto alla critica, che ho scorto da più parti, circa il ricorso ad uno stereotipo di genere in cui le donne sono sovente raffigurate come vittime e gli uomini come aggressori, non mi trovo in accordo. In primo luogo perché se facessimo ricorso alle statistiche non potremmo parlare di stereotipo, ma di numeri e fatti che confermano una triste realtà. In seconda istanza perché quella società in cui si muove Anastasia Kamenskaya è frutto di una cultura maschilista che ha nutrito per secoli certe società e in cui la nostra protagonista è costretta a muoversi alternando una tenace resistenza passiva ad un’innata capacità analitica che la pone ben oltre la media dei colleghi.

Hops! Dimenticavo di fare un po’ di spoiler: un brutale omicidio, una traccia di sangue lasciata da una mano su una parete, una donna accusata ingiustamente. Buona lettura!

Pubblicato su: https://www.territoridicarta.com/blog/la-russia-post-sovietica-in-morte-in-cambi...
https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/
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Segnalato
Sagitta61 | 7 altre recensioni | Apr 26, 2024 |
“Il padrone della città” (Piemme, 1998) rappresenta il libro d'esordio del personaggio letterario di Anastasija Pavlovna Kamenskaja, per amici e colleghi Nastja. La trentenne ispettrice della polizia di Mosca, che animerà numerosi libri a seguire, nasce dalla penna di Aleksandra Marinina, al secolo Marina Anatol'evna Alekseeva (Марина Анатольевна Алексеева), tenente colonnello di polizia ed avvocato in pensione. Devo il mio incontro letterario con questa autrice ad una professoressa della Facoltà di Studi Germanici e Slavi, professore associato di russo, dell’Università canadese di Manitoba: Elena Baraban. Autrice di diversi saggi, ella ha firmato un articolo dal titolo “A Little Nostalgia: The Detective Novels of Alexandra Marinina” che mi ha letteralmente proiettato nell’universo del “giallo nostalgico post sovietico” in cui si collocano i libri della Marinina. Dove la nostalgia per il passato dei Soviet altro non è che un sentimento emerso in alcuni strati della società russa nella metà degli anni Novanta, percezione che ha saputo influenzare anche la narrativa poliziesca dell’epoca, genere letterario tra i più popolari. Come la Baraban cerca di spiegare nel suo saggio, tale sentimento sociale non esprimeva certo un desiderio di ritorno allo stalinismo, ma in un contesto storico di repentini cambiamenti esso era piuttosto un tentativo di creare una continuità culturale tra passato e presente incorporando il primo nel secondo. La necessità di ricostruire un’identità a quella Russia, nata dalla frantumazione improvvisa dell’Unione Sovietica, attraverso la rielaborazione del suo passato, a tratti glorioso e certamente imponente, deviato dai binari della storia con l’avvento della perestrojka.

Quanto ho scritto è giusto per offrire una cornice di contesto letterario a questa prima avventura investigativa di Anastasija Pavlovna Kamenskaja che, già dal nome, è tutto un programma. Abituiamoci sin da subito dunque alla complicata anagrafe civile russa, fatta di patronimici e declinazioni di genere, di infiniti nomi composti, assai spigolosi alla pronuncia occidentale, e di soprannomi, vezzeggiativi, abbreviativi, tutti orpelli di cui la lingua russa è assolutamente artefice indiscussa.

Nastja (guardia caso soprannome di Anastasija) non è una poliziotta tutta azione e movimento, non c’è nella narrazione delle sue indagini (ancor più in questa prima) quello sviluppo tutto adrenalinico del detective che rincorre i delinquenti nelle strade buie della città, che sfonda porte e spara senza contare i colpi. Alexandra Marinina ci offre il ritratto di una donna cerebrale, dotata di un acuto senso di osservazione e di un'intelligenza sopra la norma. Una analista investigativa di grande talento, ma talvolta sopraffatta dalle sue machiavelliche elucubrazioni; una teorica del crimine, ma anche una traduttrice di romanzi gialli che parla un’infinita serie di lingue e possiede una grande cultura.

In questo “Il padrone della città” ritroviamo tutti gli elementi di una società, in modo particolare nel lavoro, ancora fortemente maschilista e in cui Anastasija, con una sorta di tenace resistenza passiva, affonda gli stereotipi della femminilità maschilista, rendendosi anonima e poco appariscente, vestendo comoda e non truccandosi, ma sempre lucidamente consapevole delle sue potenzialità seduttive, al punto di non esitare dal farle emergere qualora necessarie, meglio se ai fini di un’indagine.

Anastasija Kamenskaja esordisce sul teatro della “narrativa in giallo” paradossalmente quando è fuori servizio. E questo in fondo è un modo geniale con cui Aleksandra Marinina, sommessamente, ci presenta la sua creatura letteraria. La sua schiena ha bisogno di ristoro e fisioterapia e per questo Nastja sta trascorrendo un periodo di riposo presso un centro di benessere: "I Girasoli". In una sorta di quasi anonimato, portandosi appresso la sua macchina da scrivere ed alternando palestra e piscina con il dopo lavoro di traduttrice. All’apparenza siamo in un tranquillo resort collocato in una piccola città della Russia, dove la vita scorre tranquilla e gli abitanti godono di una discreta agiatezza. Ma l'apparente tranquillità del luogo nasconde una società viziata dal potere mafioso che vuole governare i propri interessi senza sussulti e preferisce la corruzione alla violenza. Una tranquillità messa a repentaglio però da una sordida storia di vizio in cui si mescolano i drammi umani di emarginati, sociopatici e perversi e in cui le loro debolezze sono sfruttate da persone senza scrupoli in un giro di filmini hard e di efferate crudeltà. Una serie di misteriosi omicidi però avvia l'indagine a cui Anastasija non potrà, suo malgrado, restare estranea. Anche se il lettore esperto di storie criminali già intuisce qualcosa a metà del libro, la trama non si svela fino in fondo, aggrovigliata com’è di personaggi e situazioni. Alcune che servono a caratterizzare la brillante Anastasija, altre che disegnano un tessuto sociale displastico al punto in cui le doti investigative dell’ispettrice moscovita sono più apprezzate, anzi richieste, dal potere corrotto, piuttosto che dai colleghi poliziotti del luogo in cui si svolgono i fatti.

Non volendo essere condannato per aver fatto spoiler, preferisco ora mettere in evidenza alcuni aspetti che ho ritrovato nella narrazione di questa autrice e nella genesi della sua investigatrice. Certamente lo scenario è quello di un mondo ingiusto in cui i delinquenti e mafiosi possono insediarsi ai piani alti della società e in cui i servizi segreti deviati e corrotti possono agire contro i cittadini. Un ambiente perfetto per una investigatrice che sembra sapersi muovere bene nell’entroterra russo e svelare misteri intricati senza mai sparare un colpo. E in tutto ciò ricalca in qualche modo quel giallo della tradizione classica fatto di osservazione, analisi e deduzione alla Sherlock Holmes che, più che su una personalità complessa, basa il suo successo sul puro piacere della conoscenza e della logica, strumenti necessari a soddisfare il gusto di risolvere enigmi criminali troppo difficili per altri. Certo è che la complessità che Marinina inserisce nel suo frame narrativo (giallo russo anni ‘90), in cui i cambi di scena si stratificano delineando più ambienti ed ordini sociali che spesso collidono tra loro e che raccontano di una consolidata società del crimine (piuttosto che di derive delittuose occasionali in un contesto sociale di complessiva legalità del giallo europeo), avvicinano la sua scrittura alla narrativa poliziesca hard-boiled.

Come ha scritto Elena Baraban “L'indignazione per l'aumento della criminalità permea i libri di Marinina”. E il lettore già trova come questa affermazione sia vera tra le pagine de “Il padrone della città”, benché tale sensazione diverrà certezza leggendo gli episodi successivi che l’autrice dedica ad Anastasija Pavlovna Kamenskaja. Avendo, mentre scrivo queste due righe, già partecipato ad altre indagini di questa poliziotta fuori dalle righe, mi sento di incoraggiare ad andare oltre questo primo romanzo, certamente ancora interlocutorio.

Esso, infatti, non basta a spiegare come l’antitesi della femme fatale sia risultata così magnetica per molti lettori degli anni Novanta che, forse stanchi di scandali e personaggi banali, hanno trovato attraente l’immagine di una persona quasi comune, eroina della giustizia suo malgrado, nel quotidiano di ogni cittadino russo. Il libro è il preludio necessario ad un successo che sarà coronato dalla popolare serie televisiva “Kamenskaia” (andata in onda tra il 1999 ed il 2003), diretta da Iuri Moroz e prodotta da Valerii Todorovskii, in cui Anastasija è stata interpretata da Yelena Yakovleva.

Recensione pubblicata su: https://www.territoridicarta.com/blog/la-prima-indagine-di-anastasija-kamenskaja...
https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/
… (altro)
 
Segnalato
Sagitta61 | 6 altre recensioni | Mar 27, 2024 |

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