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Sto caricando le informazioni... Blood Meridian, or the Evening Redness in the West (originale 1985; edizione 1992)di Cormac McCarthy
Informazioni sull'operaMeridiano di sangue di Cormac McCarthy (1985)
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Mc Carthy sa che il West esercita un fascino irresistibile per il suo rappresentare la lotta primigenia tra bene e male, come ha affermato in una intervista " Non esiste posto al mondo dove puoi andare in cui la gente non sappia nulla di cowboy e Indiani e non conosca il mito del West”. "Ciò che gli uomini pensano della guerra non ha importanza, disse il giudice. La guerra perdura nel tempo. Tanto varrebbe chiedere agli uomini cosa pensano della pietra. La guerra c'è sempre stata. Prima che nascesse l'uomo, la guerra lo aspettava. Il mestiere per eccellenza attendeva il suo professionista per eccellenza. Così era e così sarà. Così e non diversamente." I contenuti Anno 1833, Tennessee. Durante una pioggia di stelle cadenti una donna muore e un bambino nasce. Né della donna né del bambino conosceremo mai il nome. La prima “aveva incubato nel ventre proprio la creatura che l'avrebbe uccisa. Il padre non pronuncia mai il nome della donna, il ragazzo non lo conosce”; allo stesso modo nessuno pronuncia mai il nome di quel bambino, che per tutto il romanzo sarà the kid, il ragazzo. Ormai quattordicenne, il ragazzo lascia la casa e il padre alcolizzato per diventare un vagabondo in un vasto territorio desertico i cui confini sono appena stati ridefiniti dalla guerra messicano-statunitense (combattuta tra il 1846 ed il 1848 che costò al Messico metà del suo territorio, con durevole rancore agli Stati Uniti.) Il ragazzo, dopo aver dato prova di ingenuità unendosi agli irregolari del capitano White, viene arrestato in Messico. Riacquista la libertà grazie al capitano Glanton (personaggio realmente esistito) e al giudice Holden, i quali sono a capo di una banda che, su commissione dei governatori messicani, uccide gli indiani (e tutto quello che incontra), li scalpano e portano il loro macabro bottino al committente che li paga in base al numero degli scalpi. I massacri (non solo di indiani ma anche di messicani e americani, insomma di tutti coloro che possono arricchire il bottino di scalpi) si susseguono sino a quando il gruppo si impadronisce di un traghetto sul fiume Gila, vicino a Yuma, per taglieggiare i viaggiatori. Attaccati dagli indiani Yuma (una tribù che aveva convissuto pacificamente con i bianchi sino a quando Glanton e il giudice non avevano cercato di massacrarli), pochi riescono a sopravvivere e tra questi il ragazzo che, dopo una estenuante marcia nel deserto, si ritrova a vagare nuovamente lungo la frontiera tra Messico e Texas, sino a quando a Fort Griffin, ormai quasi trentenne, il suo destino si incrocia nuovamente con quello del giudice Holden. La recensione o i sei consigli per farsi conquistare da questo capolavoro “Meridiano di sangue” è considerato un libro fondamentale della letteratura statunitense contemporanea: basta fare una rapida ricerca sul web per scoprire che è oggetto di tesi di dottorato, di corsi universitari e di saggi di approfondimento. Una recensione diventa quindi impegnativa se non si conoscono, nemmeno per sommi capi, alcuni aspetti della storia e della cultura statunitense: leggendolo, infatti, ho avuto la sensazione che si tratta di un libro che vuole parlare soprattutto agli americani per metterli di fronte alla loro storia (quella non esaltante fatta di massacri ed espropriazioni) e che certe sfumature non le avrei proprio potuto cogliere, e questo mi dispiace perché a me piace sempre contestualizzare. Dunque, il primo consiglio a chi voglia affrontare la lettura di questo (per me) capolavoro è di mettere in conto qualche ricerca su Wikipedia (e sul web in generale) per approfondire (o, come nel mio caso, conoscere ex novo) la guerra contro il Messico e la dottrina del "Destino manifesto" (Manifest Destiny), che mi sembra ancora predominante in una certa politica estera degli USA (è la mia opinione, magari sbaglio: cercherò di saperne di più e nel frattempo siate comprensivi). Il secondo consiglio è quello di dedicare alla lettura di questo libro più tempo di quello che solitamente impiegate. Più tempo e più qualità del tempo. Mi spiego meglio. Non fate come me l’errore di iniziare la lettura in un treno affollato, dovendo costantemente dedicare un occhio ai tre adorabili (per me) pestiferi (per tutti gli altri viaggiatori) marmocchi che sono a voi affidati mentre gli altri genitori si dedicano ad attività più rilassanti (accidenti a loro che si sono accaparrati i posti lontano dai tre pargoli). E non perseverate nell'errore cercando di continuare a leggere in una camera d’albergo in cui la televisione è (quasi) sempre sintonizzata sui Fantagenitori (i genitori capiranno la mia disperazione). Per fortuna (per me ovviamente), l’incipit è così bello che non mi ha fatto desistere dalla lettura, ma mi ha spinto ad alzarmi prima di tutti gli altri per poter leggere in solitudine e scivolare, ombra tra le altre, accanto ai cacciatori di scalpi, agli indiani, ai messicani e a tutti gli altri esseri che si muovono sullo sfondo di una natura magnifica, grandiosa e implacabile. Terza indicazione è di assumerne piccole dosi giornaliere (max 1 capitolo al giorno): in caso contrario rischiate di avere crisi di rigetto verso il linguaggio ricercato (ma affascinante), l’assenza di punteggiatura che introduce il discorso diretto, la cruda descrizione dei massacri, delle scalpature, delle cancrene, della condizione costante di sporcizia e indigenza in cui vivono tutti i protagonisti e della violenza (insensata?) che si ritrova in ogni pagina. Una lettura lenta, invece, consente di apprezzare ogni singola parola (mai una fuori posto), di sviscerare la visione del mondo del giudice Holden e di entrare nel mondo feroce del West. Il quarto suggerimento riguarda lo stato d’animo con cui vi accosterete al libro e alla capacità di essere realmente empatici (cioè di far proprio il punto di vista di tutti i protagonisti guardando il mondo con i loro occhi) non per giustificarli o assolverli (impossibile) ma per assumere i loro riferimenti culturali e i loro valori cercando di dare un senso alle loro azioni e, in definitiva, dare un significato personale a quello che McCarthy vuole comunicare. Un aspetto da considerare è proprio che questo romanzo consente a ciascuno di giungere a conclusioni personali: McCarthy ha una sua visione e la comunica sia attraverso le descrizioni della natura sia attraverso i dialoghi/monologhi tra il giudice Holden e gli altri personaggi, ma poi ogni lettore può decidere quanto riconoscere di quello che legge nella natura dell’uomo. McCarthy non vuole convincere nessuno: presenta i “fatti” (siano questi efferati massacri o disquisizioni intorno alla natura umana) nella loro brutalità mettendo in guardia il lettore che essi possono risultargli indigesti ma che non può ignorarli. La storia umana è ricca di massacri, violenze, genocidi e pensare che ormai tutto questo sia alle nostre spalle è solo una pia illusione (e a me vengono in mente immagini legate a parole come Guantanamo, Rwanda, Olocausto, Palestina, Hiroshima, Dresda, 11 settembre) anzi (questo è il “personale”, e quindi del tutto arbitrario, messaggio che mi lascia McCarthy) bisogna vigilare su noi stessi perché non ci lasciamo affascinare dalla semplicità della violenza e dell’annullamento dell’altro. Altra categoria da abbandonare è quella che differenzia gli uomini in buoni e cattivi. Non esistono buoni e non ci sono cattivi: l’uomo mette in atto la sua natura, uccide perché può farlo, perché è quello che gli viene spontaneo. Seguono la loro natura e, per questo, sono liberi: emblematica mi sembra la figura dell’idiota, un ragazzo con un grave handicap cognitivo che, pur avendo l’opportunità di avere una casa e una famiglia, fugge via per poter rimanere un idiota libero di girare nudo e fissare il fuoco perdendosi nelle scintille che si disperdono nella notte fredda e buia. Il quinto avvertimento è di abituarsi, per quasi tutto il libro, a fare un’inversione figura/sfondo. I protagonisti umani in alcune situazioni diventano comparse, che mai esprimono i loro sentimenti, che non manifestano alcun interesse verso l’altro. Eppure a me tutta la narrazione è sembrata ricca di risonanze emotive che, e questo è il punto, non sono veicolate dalle parole e dagli stati d’animo degli uomini ma dalle descrizioni dei paesaggi naturali. Anche gli animali assumono un ruolo nell’economia affettiva del romanzo: gli unici esseri verso cui i protagonisti (ad eccezione di Holden che non fa mai nulla di spontaneo e disinteressato) manifestano tenerezza sono gli animali. In particolare, Glanton manifesta un forte attaccamento verso i cavalli e i cani, mentre non esita a uccidere chiunque (indiano e meno) abbia uno scalpo che può fargli fruttare del denaro. Il sesto e ultimo consiglio, ovviamente, è di leggere il libro, di farlo come preferite (in fretta, in lingua originale o nella traduzione, odiando McCarthy e il giudice Holden, lamentandovi dello stile epico e grandioso) ma di leggerlo.
This latest book is his most important, for it puts in perspective the Faulknerian language and unprovoked violence running through the previous works, which were often viewed as exercises in style or studies of evil. ''Blood Meridian'' makes it clear that all along Mr. McCarthy has asked us to witness evil not in order to understand it but to affirm its inexplicable reality; his elaborate language invents a world hinged between the real and surreal, jolting us out of complacency. Virtually all of McCarthy's idiosyncratic fiction (The Orchard Keeper, Child of God, Suttree) is suffused with fierce pessimism, relentlessly illustrating the feral destiny of mankind; and this new novel is no exception—though it is equally committed to a large allegorical structure, one that yanks its larger-than-life figures across a sere historical stage. Appartiene alle Collane EditorialiÈ contenuto inHa l'adattamentoÈ ispirato aHa ispiratoHa uno studioPremi e riconoscimentiElenchi di rilievo
Fiction.
Literature.
Author of the National Book Award winner All the Pretty Horses, Cormac McCarthy is one of the most provocative American stylists to emerge in the last century. The striking novel Blood Meridian offers an unflinching narrative of the brutality that accompanied the push west on the 1850s Texas frontier. His birth ended his mother's life in Tennessee. Scrawny and wiry, he runs away at the age of 14. As he makes his way westward, the impoverished and illiterate youth finds trouble at every turn. Then he's recruited by Army irregulars, lured by the promise of spoils and bound for Mexico. Churning a dusty path toward destiny, he witnesses unknown horrors and suffering-and yet, as if shielded by the almighty hand of God, he survives to breathe another day. Earning McCarthy comparisons to greats like Melville and Faulkner, Blood Meridian is a masterwork of rare genius. Gifted narrator Richard Poe wields the author's prose like a man born to speak it. Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
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Google Books — Sto caricando le informazioni... GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)813.54Literature English (North America) American fiction 20th Century 1945-1999Classificazione LCVotoMedia:
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Riconosco che le atmosfere fossero superbe (a volte davvero avevo la sensazione di trovarmi nel deserto in mezzo al nulla), e la prosa per quanto difficile da seguire è indubbiamente ricca ed articolata, sotto certi aspetti perfino affascinante; eppure non c'è mai stato un momento in cui mi sia appassionata alla vicenda o abbia avuto la curiosità di proseguire la lettura.
In sintesi sono consapevole dei meriti oggettivi dell'opera, ma essendo io una persona che non ama le descrizioni d'ambiente, il genere western e tantomeno la violenza, nessuno dei punti forti del libro ha mai avuto presa su di me; quel che resta non è decisamente bastato a farmelo apprezzare. ( )