Fai clic su di un'immagine per andare a Google Ricerca Libri.
Sto caricando le informazioni... Poesie (1923-1976) (1980)di Jorge Luis Borges
Nessuno Sto caricando le informazioni...
Iscriviti per consentire a LibraryThing di scoprire se ti piacerà questo libro. Attualmente non vi sono conversazioni su questo libro. nessuna recensione | aggiungi una recensione
Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
Discussioni correntiNessunoCopertine popolari
Google Books — Sto caricando le informazioni... GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)861.6Literature Spanish and Portuguese Spanish poetry 20th CenturyVotoMedia:
Sei tu?Diventa un autore di LibraryThing. |
esta declaración de la maestría
de Dios, que con magnífica ironía
me dio a la vez los libros y la noche. De esta ciudad de libros hizo dueños
a unos ojos sin luz, que sólo pueden
leer en las bibliotecas de los sueños
los insensatos párrafos que ceden las albas a su afán. En vano el día
les prodiga sus libros infinitos,
arduos como los arduos manuscritos
que perecieron en Alejandría. De hambre y de sed (narra una historia griega)
muere un rey entre fuentes y jardines;
yo fatigo sin rumbo los confines
de esta alta y honda biblioteca ciega. Enciclopedias, atlas, el Oriente
y el Occidente, siglos, dinastías,
símbolos, cosmos y cosmogonías
brindan los muros, pero inútilmente. Lento en mi sombra, la penumbra hueca
exploro con el báculo indeciso,
yo, que me figuraba el Paraíso
bajo la especie de una biblioteca. Algo, que ciertamente no se nombra
con la palabra azar, rige estas cosas;
otro ya recibió en otras borrosas
tardes los muchos libros y la sombra. Al errar por las lentas galerías
suelo sentir con vago horror sagrado
que soy el otro, el muerto, que habrá dado
los mismos pasos en los mismos días. ¿Cuál de los dos escribe este poema
de un yo plural y de una sola sombra?
¿Qué importa la palabra que me nombra
si es indiviso y uno el anatema? Groussac o Borges, miro este querido
mundo que se deforma y que se apaga
en una pálida ceniza vaga
que se parece al sueño y al olvido. *** Poesia dei doni Nessuno riduca a lacrima o rimprovero
questa dichiarazione della maestria di
Dio, che con magnifica ironia
mi diede insieme i libri e la notte Di questa città di libri fece padroni
occhi privi di luce, che soltanto
possono leggere nelle biblioteche dei sogni
gli insensati paragrafi che cedono
le albe al loro affanno. Invano il giorno
prodiga per loro i suoi libri infiniti,
ardui come gli ardui manoscritti
che perirono ad Alessandria. Di fame e di sete (narra una storia greca)
muore un re tra fontane e giardini
io affatico senza rotta i confini
di questa alta biblioteca cieca. Enciclopedie, atlanti, l'Oriente
e l'Occidente, secoli, dinastie,
simboli, cosmi e cosmogonie
offrono i muri, ma inutilmente. Lento nella mia ombra, la penombra vuota
esploro con il bastone indeciso,
io, che mi raffiguravo il Paradiso
sotto la forma di una biblioteca. Qualcosa, che certamente non si nomina
con la parola caso governa queste cose;
un altro ricevette già in altre annebbiate
sere i molti libri e l'ombra. Vagando per le lente gallerie
sento spesso con orrore sacro
che sono l'altro, il morto, che avrà fatto
gli stessi passi negli stessi giorni. Quale dei due scrive questa poesia
di un io plurale e di una sola ombra?
Che importa la parola che mi nomina
se è indiviso e uno l'anatema? Groussac o Borges, guardo questo caro
mondo che si deforma e che si spegne
in una pallida e vaga cenere
che assomiglia al sonno e all'oblio. ( )