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di Giuseppe Pontiggia

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Agguantato in un bookcrossing sotto casa, dove faccio di solito dei pessimi affari. Del resto, e me lo ripeto ogni volta, chi abbandona un libro deve avere un buon motivo per farlo e comunque ci tiene molto poco. Nonostante questa saggia considerazione ci ricasco spesso e volentieri ma, per una volta, sono stata premiata. Contrariamente al solito questa volta sono caduta bene. Non solo il libro è nuovo di zecca, chiaramente mai aperto, ma è di gradevolissima lettura. Pontiggia è certo meno graffiante di Manganelli, meno ironico di Flaiano, ma la sua scrittura è caratterizzata da un sano buon senso (molto lombardo, direi) e da un garbato disincanto. Le pagine scorrono veloci tra un elzeviro e un aforisma e per quanto mi riguarda interromperò la catena e mi terrò il libro. Ne ho altri da cedere senza rimpianto. Ho incominciato a leggere in tram e ho proseguito a casa con una matita in mano, necessaria per prendere nota di frasi e passaggi, spesso ancora molto attuali. Forse solo su Grillo Pontiggia scriverebbe oggi qualcosa di diverso da quello che si legge in queste pagine.
Qualche esempio:
p. 20. (Pessimismo). I veri pessimisti sono i venditori di ottimismo. Disperano tanto dell'uomo da ingannarlo con le speranze.
p. 24 (Poesia). Nella poesia la corrente delle parole è risalita dalla controcorreente del ritmo, delle assonanze, della musica. E le parole dicono spesso qualcosa di radicalmente diverso da quello che dicono nella lingua della comunicazione.
p. 42 (Storia). Magistra vitae. La storia è stata definita maestra della vita e se ne vedono gli effetti. ( )
  Marghe48 | Aug 31, 2017 |
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