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Metafisica concreta di Massimo Cacciari
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Metafisica concreta (edizione 2023)

di Massimo Cacciari (Autore)

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Metafisica: ecco la parola ℗±davanti alla quale ognuno, pi©£ o meno, si affretta a fuggire come davanti a un appestato℗ (Hegel). Un fuggire che, a furia di decostruzioni, oltrepassamenti, dichiarazioni di morte o di inesorabile, fatale compimento nelle forme della razionalit© scientifica, ha finito col diventare una sorta di habitus del pensiero contemporaneo. E tuttavia, ripercorrendo contropelo le filosofie classiche e i grandi sistemi del razionalismo moderno, cos©Ơ come le pi©£ ardite e recenti teorie della scienza, ©· possibile riscoprire ci©ø che di quel termine rimane inaudito: la tessitura che collega l ́essente in quanto osservabile e determinabile allo s-fondo della sua provenienza e del suo imprevedibile avvenire; la relazione tra la theor©Ưa della cosa sotto l ́aspetto della sua caducit© , nell ́ordine di Chronos, e quella che cerca di esprimerla nella sua relazione al Tutto e in tale relazione giunge a considerarla res divina. Nessun ́al di l© ́, nessuna Hinterwelt, o mondo ́dietro ́ t© physik©Ł, dietro il manifestarsi di Physis. Questo mondo, e il soggetto che intende conoscerlo conoscendo s©♭ stesso, il cui essere-possibile non si arrende al Muro dell ́Impossibile, esigono di essere interrogati anche secondo una tale prospettiva. Metafisica concreta, dunque, come Florenskij, scienziato, filosofo e teologo, voleva intitolare l ́opera che avrebbe dovuto concludere la sua ricerca. Filosofia e scienza possono in essa ritrovarsi ed esprimere insieme, in forme distinte e inseparabili, l ́integrit© e inesauribilit© della vita dell ́essente. (Fonte: editore)… (altro)
Utente:AntonioGallo
Titolo:Metafisica concreta
Autori:Massimo Cacciari (Autore)
Info:Adelphi (2023), 423 pagine
Collezioni:Mistero, Words, Filosofia, Culture, Bibliomania, In lettura
Voto:****
Etichette:Nessuno

Informazioni sull'opera

Metafisica concreta di Massimo Cacciari (Author)

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Può la metafisica essere concreta? La risposta a questa domanda dipende da come si definisce la “metafisica”. In senso tradizionale, la metafisica è la branca della filosofia che si occupa degli aspetti più profondi e universali della realtà, al di là dell’esperienza sensibile. In questo senso, la metafisica è spesso considerata una disciplina astratta e speculativa, che non ha un impatto concreto sulla realtà.

Tuttavia, è possibile anche concepire la metafisica in un modo più concreto. In questo senso, la metafisica può essere vista come una riflessione sulla natura della realtà che può avere implicazioni concrete per il nostro modo di vivere e pensare. Ad esempio, può aiutarci a comprendere il significato della vita, la natura del bene e del male, o il nostro rapporto con l’universo. Può anche avere un aspetto concreto in diversi modi.

In primo luogo, può aiutarci a dare un senso al mondo che ci circonda. Quando comprendiamo la natura della realtà, possiamo meglio orientarci in essa e prendere decisioni significative. In secondo luogo, la metafisica può ispirarci a vivere in modo più virtuoso. Quando comprendiamo il significato del bene e del male, possiamo essere più propensi a scegliere il bene. In terzo luogo, la metafisica può aiutarci a trovare un senso di connessione con l’universo. Quando comprendiamo la nostra posizione nel mondo, possiamo sentirci più parte di qualcosa di più grande di noi stessi.

Naturalmente, non tutti concordano sul fatto che la metafisica possa avere un aspetto concreto. Alcuni sostengono che la metafisica è intrinsecamente astratta e che non può avere alcuna rilevanza per il mondo reale. Altri, invece, ritengono che la metafisica possa avere un impatto concreto sulla nostra vita, anche se in modo indiretto. La risposta alla domanda se la metafisica possa avere un aspetto concreto dipende dal modo in cui si definisce la metafisica stessa e l’idea di concretezza.

La definizione di “concretezza” in “Metafisica concreta” di Massimo Cacciari sembra essere legata alla riflessione sulla relazione tra la metafisica, la scienza e la razionalità. Secondo quanto sono riuscito a capire, nei miei ristretti limiti intellettuali, il libro vuole esplorare concetti complessi come la relazione tra l’osservabile e l’inesauribile ricchezza dell’essere-relazione, nonché la relazione tra la theoría della cosa e la sua relazione al Tutto.

Si tratta di un sapere concreto che nasce e cresce con la cosa stessa, e viceversa, concentrandosi sull’attenzione per l’inosservabile dello stesso osservabile, avvolto nell’Infinito. Non sono un filosofo, non ho avuto la fortuna di avere insegnanti all’altezza di questa importante disciplina di studio, devo necessariamente usare le armi di quella insostenibile concretezza dell’essere che ogni comune mortale deve possedere quando si accorge di essere al mondo.

Non so come mi trovo ad avere tra le mani un libro di questo tipo. Ricordo di aver letto da qualche parte della sua uscita. Un libro con un titolo del genere è una sfida prima che un invito a leggere, specialmente se fatto da uno scrittore che porta quel nome. Dio mio, definire Massimo Cacciari scrittore è davvero riduttivo. Uno dei volti oltre che delle menti più televisive del pianeta. Filosofo, politico, saggista, polemista, opinionista, e scusate se ignoro altre possibili qualità.

Non saprei dire quale viene prima. Il suo lavoro va visto nel suo duplice essere un soggetto/oggetto sia come contenitore che contenuto. Compare al numero 41 nella collana Biblioteca Filosofica di Adelphi insieme a nomi che potete immaginare. 425 pagine, edizione rilegata, 19 capitoli con un indice dei nomi, per un prezzo poco popolare tanto per mantenerci nella giusta idea di concretezza. Anche la filosofia ha un prezzo, figuriamoci poi la metafisica.

Se questo è il libro di Massimo Cacciari, nella sua fisicità, inteso come contenitore, per quanto riguarda il contenuto non sono ancora in grado di dare un giudizio, fare una valutazione. Non so se mai sarò in grado di pensarli e scriverli, né tanto meno di leggere l’opera fino in fondo. Un libro del genere non può essere “letto” nel modo popolare e tradizionale nel quale si legge un qualsiasi altro libro.

Qui si tratta non solo di filosofia, ma di metafisica. Se avete avuto la fortuna e il piacere poi di vedere e ascoltare Massimo Cacciari dal vivo o in tv, vi renderete conto quanto non sia metafisico il suo pensiero, ma ben radicato sul terreno quanto mai infinito, quello delle sue conoscenze. Una metafisica concreta, appunto. Non mi sono ancora ripreso dalla lettura del primo capitolo.

Ha per incipit questo titolo: “Nos adoramus quod scimus”. Un pensiero ripreso dal Vangelo di Giovanni per dire che “noi adoriamo ciò che conosciamo”. Non so cosa potrò sapere leggendo quello che Massimo Cacciari pensa e scrive in questo suo libro. A quanto ho capito fa parte del suo sistema filosofico composto, a quanto scrive l’editore, da un folto gruppo di titoli creato nell’arco di oltre un trentennio di studi e pubblicazioni. Davvero lunga è allora è la strada che un lettore improvvisato e sprovveduto come me deve percorrere. Saremo davvero in pochi a sapere se la metafisica è “concreta”.

MEDIUM -https://angallo.medium.com/pu%C3%B2-la-metafisica-essere-concreta-aa01349682aa ( )
  AntonioGallo | Nov 17, 2023 |
Massimo Cacciari. «Metafisica concreta» è un testo potente: sfugge da un’astrattezza che snobba la vita quotidiana guardando al fondo degli oggetti d’esperienza e anche al fondo di noi stessi.

Ha radici profonde il mito della separazione tra «le due culture», cioè il divorzio tra una scienza che vuol spiegare ogni fenomeno affermandone la piena calcolabilità e un sapere «umanistico» che, sciolti gli ormeggi dal porto sicuro dei dati, si abbandona alle suggestioni dell’indeterminabile, evoca, affascina ma in ultima istanza, dicono gli scientisti, non «conosce» davvero. Radici che nel sottosuolo della cultura moderna si raccolgono intorno a una torsione fondamentale, vecchia ormai di due secoli, impressa al concetto di metafisica: ora come ricerca di verità intellegibili che trascendano il pantano in cui si agitano i nostri sensi, ora come tentativo di assicurare il tumultuoso divenire sotto l’egida di un principio primo immutabile, ora come fumosa astrazione antiscientifica, metafisica è divenuta la parola, sancisce Hegel, «davanti alla quale ognuno, più o meno, si affretta a fuggire come davanti a un appestato».

Oltre i limiti prospettici imposti da questa fuorviante torsione (limiti che condizionano gran parte della nostra civiltà) ci conduce l’ultima, fondamentale opera filosofica di Massimo Cacciari, Metafisica concreta, compimento di un lungo percorso teoretico avviato nel 1990 con Dell’inizio. Un testo potente che dialoga da pari a pari con i grandi del passato per gettare luce sulla nostra destinazione al pensare, cioè all’atto «che caratterizza quel genere dell’essente che siamo» noi umani e che ha l’episteme, dunque «la scienza di ciò che è», come proprio fine. Cacciari intrattiene dei densi corpo a corpo con, tra gli altri, Parmenide, Platone, Aristotele, Spinoza, Leibniz ma anche con Heidegger ed Emanuele Severino, le cui apparenti assonanze (sulla tecnica, sul destino dell’Occidente, sul nichilismo) nascondono un dissidio decisivo per capire la filosofia del Novecento. Ma dialoga anche con chi nella matematica e nella fisica (Brouwer, Feynman, Heisenberg) ha contribuito a scardinare la fede nell’esaustiva calcolabilità del reale.

In origine e fino all’arrivo del positivismo, chiarisce Cacciari, il termine metafisica non alludeva ad un überwelt, ad un altro mondo rispetto a ta physika, cioè alle realtà portate all’essere da quell’infinito generare, physis, da noi tradotto con la parola «natura». La filosofia nasce in Grecia come ricerca inesauribile della verità dell’essente, di ciò che è in questo mondo, non in qualche regno ideale scisso dalla realtà in cui siamo immersi. Certo poi per conoscere physis è necessario anche «un guardare in alto» che però, scrive Cacciari, «è l’opposto di stare col naso all’insù e cadere nel pozzo suscitando l’ilarità dell’intelligente servetta tracia».

Nessuna astrattezza del pensiero filosofico che snobberebbe la vita quotidiana, insomma: il guardare in alto a cui pensa Cacciari significa, al contrario, guardare al fondo degli oggetti d’esperienza e pure al fondo di noi stessi. Significa capire che ogni essente, percepito dapprima nei confini visibili che lo definiscono, se lo vogliamo conoscere davvero ci rinvia inesorabilmente oltre quei confini, verso un’origine che resta però indeterminata, apeiron, priva di limiti (oggi anche molti scienziati, un secolo dopo la scoperta della relatività e della meccanica quantistica, ne sono ben consapevoli: con loro il dialogo, per il filosofo, è fecondo e necessario). Tale rinvio non separa, non ci allontana di un millimetro da ta physika, bensì ci avvicina al loro cuore in quanto è l’insieme di tutte le possibilità di ogni essente e di tutta la sua storia: un insieme impossibile da ricostruire, certo, ma a cui dobbiamo puntare e su cui dobbiamo indagare senza sosta, perché da esso soltanto emerge ciò che della cosa esperita si offre alla nostra vista e al nostro pensiero. È un trascendere la cosa necessario per poterla davvero comprendere e per prendersene cura. Immagine paradigmatica di questo principio che sta «oltre tutte le essenze» è il sole descritto nel mito della caverna di Platone, di cui Cacciari offre una lettura perfetta. Il filosofo, stimolato dalle contraddizioni del mondo sensibile che risvegliano la sua anima, si libera dai ceppi, dal buio e dalla tirannia delle opinioni, si converte e risale a fatica verso l’uscita della caverna e verso quel Bene, Agathon, che non è affatto un «superente» separato e incorruttibile: è, invece, la luce che rende possibile, ad un tempo, l’essere delle cose e il nostro vederle, è la luce che «ci consente di cogliere i fenomeni come un Tutto e non come un mucchio di apparenze».

Ecco cosa cerca la vera scienza: relazioni oltre l’apparenza che isola i fenomeni nella loro calcolabilità e manipolabilità. Cerca to xynon, «il comune». E «non in un’astratta separazione dall’aisthesis (percezione), ma nel connettere secondo forme necessarie le apparenze che in essa si danno». La metafisica concreta (il prefisso met a, in greco, significa «oltre», certo, ma anche «con») cerca la trama lucente di quel Tutto a cui nessuna scienza, anche la più iperspecialistica, può davvero voltare le spalle. Da qui il compito del filosofo che, lungi dal congedarsi dalle technai, non accontentandosi di una pur virtuosa propensione odierna al dialogo interdisciplinare, incarna il dialogo fitto con chiunque «ricerchi».

Qui si raccoglie da sempre, del resto, l’essenza politica del suo destino, espressa dalla celebre immagine platonica del reggitore-filosofo. Nessuna prevaricazione della teoria che si imporrebbe «dall’alto» sulla vita pratica e sulle scienze particolari (i fallimenti politici di Platone a Siracusa ne sono la conferma e lui ce li racconta nella Settima lettera proprio per farcelo capire). Un ruolo politico del filosofo che, attenzione, non è ancillare o successivo a quello teoretico. Del resto, come afferma Eraclito, «una e una sola è la via che va in alto e la via che va in basso». Non è filosofo, dice Socrate, chi compie solo l’ascesa e poi si sistema fuori della caverna «credendosi migrato in vita nell’isola dei Beati».

La ridiscesa al fondo della caverna per cercar di liberare i concittadini ancora schiavi dell’ignoranza (ma questa è una domanda che pongo io, da lettore) è raccontata da Platone come un momento successivo solo a causa della diacronia necessaria alla narrazione? Narrazione che dunque, a sua volta, rinvia a una sincronia indicibile dei due movimenti del mito, la salita e la discesa? Forse anche il testo platonico, in modo deliberato, è un essente che rinvia ad un principio «oltre tutte le essenze» che non si può definire e tantomeno mettere per iscritto, ma che pure si può e si deve provare a «vivere» per agire filosoficamente e politicamente. Per dare forza, insomma, alla metafisica concreta a cui pensa Cacciari, che a me pare una proposta filosofica tra le più audaci e necessarie del nostro tempo.
aggiunto da AntonioGallo | modificaIl sole24 ore domenicale, Pietro del Soldà (Dec 10, 2023)
 

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Metafisica: ecco la parola ℗±davanti alla quale ognuno, pi©£ o meno, si affretta a fuggire come davanti a un appestato℗ (Hegel). Un fuggire che, a furia di decostruzioni, oltrepassamenti, dichiarazioni di morte o di inesorabile, fatale compimento nelle forme della razionalit© scientifica, ha finito col diventare una sorta di habitus del pensiero contemporaneo. E tuttavia, ripercorrendo contropelo le filosofie classiche e i grandi sistemi del razionalismo moderno, cos©Ơ come le pi©£ ardite e recenti teorie della scienza, ©· possibile riscoprire ci©ø che di quel termine rimane inaudito: la tessitura che collega l ́essente in quanto osservabile e determinabile allo s-fondo della sua provenienza e del suo imprevedibile avvenire; la relazione tra la theor©Ưa della cosa sotto l ́aspetto della sua caducit© , nell ́ordine di Chronos, e quella che cerca di esprimerla nella sua relazione al Tutto e in tale relazione giunge a considerarla res divina. Nessun ́al di l© ́, nessuna Hinterwelt, o mondo ́dietro ́ t© physik©Ł, dietro il manifestarsi di Physis. Questo mondo, e il soggetto che intende conoscerlo conoscendo s©♭ stesso, il cui essere-possibile non si arrende al Muro dell ́Impossibile, esigono di essere interrogati anche secondo una tale prospettiva. Metafisica concreta, dunque, come Florenskij, scienziato, filosofo e teologo, voleva intitolare l ́opera che avrebbe dovuto concludere la sua ricerca. Filosofia e scienza possono in essa ritrovarsi ed esprimere insieme, in forme distinte e inseparabili, l ́integrit© e inesauribilit© della vita dell ́essente. (Fonte: editore)

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Metafisica: ecco la parola «davanti alla quale ognuno, più o meno, si affretta a fuggire come davanti a un appestato» (Hegel). Un fuggire che, a furia di decostruzioni, oltrepassamenti, dichiarazioni di morte o di inesorabile, fatale compimento nelle forme della razionalità scientifica, ha finito col diventare una sorta di habitus del pensiero contemporaneo. E tuttavia, ripercorrendo contropelo le filosofie classiche e i grandi sistemi del razionalismo moderno, così come le più ardite e recenti teorie della scienza, è possibile riscoprire ciò che di quel termine rimane inaudito: la tessitura che collega l'essente in quanto osservabile e determinabile allo s-fondo della sua provenienza e del suo imprevedibile avvenire; la relazione tra la theoría della cosa sotto l'aspetto della sua caducità, nell'ordine di Chronos, e quella che cerca di esprimerla nella sua relazione al Tutto e in tale relazione giunge a considerarla res divina. Nessun ‘al di là', nessuna Hinterwelt, o mondo ‘dietro' tà physiká, dietro il manifestarsi di Physis. Questo mondo, e il soggetto che intende conoscerlo conoscendo sé stesso, il cui essere-possibile non si arrende al Muro dell'Impossibile, esigono di essere interrogati anche secondo una tale prospettiva. Metafisica concreta, dunque, come Florenskij, scienziato, filosofo e teologo, voleva intitolare l'opera che avrebbe dovuto concludere la sua ricerca. Filosofia e scienza possono in essa ritrovarsi ed esprimere insieme, in forme distinte e inseparabili, l'integrità e inesauribilità della vita dell'essente.
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