A metà degli Anni Trenta, Freya Stark, scrittrice e viaggiatrice anglosassone, si lancia in un'impresa quasi impossibile: attraversare l'impervia regione dell'Hadramaut, nell'Arabia meridionale e ripercorrere la via dell'incenso, seguendo a dorso di cammello, asino, mulo e perfino a piedi, la pista carovaniera lungo la quale veniva trasportata la preziosa resina profumata. Conoscitrice dell'Islam, con una perfetta padronanza della lingua araba, è la prima donna a compiere questa traversata tra insidie e disagi. Ultima erede di una stirpe di grandi viaggiatori inglesi da Kipling a Lawrens, è stata una figura leggendaria del nostro secolo, forse lo stesso nome di battesimo, che i genitori presero dal racconto esotico di Conrad "Freya delle sette isole", fu preludio a quella che sarà la sua esistenza. Non solo taccuini di viaggio, ma il suo contributo si tradusse anche nella redazione di carte e mappe in occasione delle esplorazioni, nell'aggiornamento puntuale della toponomastica,
"Viaggiare significa ignorare i fastidi esterni e lasciarsi andare completamente all'esperienza - scrive questa piccola tenace donna - fondersi con tutto quello che ci circonda, accettare tutto quello che ci succede e così, in questo modo, fare finalmente parte del paese che si attraversa. E questo è il momento in cui si avverte che la ricompensa sta arrivando".
E in un'altra delle tante pagine indimenticabili leggiamo quel che è il pensiero del vero viaggiatore, dalla mente aperta e priva di preconcetti: “Per viaggiare bisogna essere soli: se si va con qualcun altro tutto finisce in chiacchiere. Dobbiamo essere forti e aver fiducia nelle sorprese della vita”. ( )