Alan Bennett in questo libro rende un omaggio ai suoi genitori, a suo padre Walt, a sua madre Lilian e alla loro unione decisamente fuori dall’ ordinario. Ambedue provenivano da famiglie piccolo borghesi e nonostante costituissero una famiglia normale non erano mai riusciti ad essere uguali agli altri; in particolare i Bennett odiavano attirare l’attenzione e suscitare i commenti e curiosità nel prossimo, parenti compresi. Dopo il pensionamento del padre decidono di trasferirsi in un piccolo paese per godersi la pace e la tranquillità della campagna; ma il cambio di ambiente causa delle crisi nervose nella madre, motivate dalla paura di essere spiati da vicini e passanti. Da questi episodi partono quasi 30 anni di un ininterrotto via vai da cliniche psichiatriche, con elettroshock e breve periodi di stabilita . Per lo scrittore sono anni di crisi improvvise ed emergenze, ricoveri coatti e terapie d’urto, fino alla scoperta della verità: la vera causa della morte di suo nonno, la fuga di sua zia, i segreti che hanno reso la sua famiglia diversa da tutte le altre. “Una vita come le altre” è una delicata storia di amore, raccontata tramite i ricordi familiari. Alan Bennet la narra senza indulgenze, mantenendo uno sguardo distaccato, a volte ironico ma sempre affettuoso, parlando di due persone che hanno vissuto la tragedia di un male oscuro come un avvenimento quotidiano. ( )

Il genere è quello dell’autobiografia. L’autore, drammaturgo e sceneggiatore britannico di successo, racconta la storia della propria famiglia (prevalentemente anni 60/70), a partire dalla depressione della madre che ne sconvolge i ritmi quotidiani. Due i temi dominanti: la malattia mentale (con un atteggiamento critico che sconfina nel sarcasmo nei confronti dell’antipsichiatria e in particolare di Laing) e la sonnacchiosa vita della provincia inglese degli anni 60/70. ( )