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Che vergogna scrivere

di Luigi Malerba

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A uno che una volta gli ha chiesto "Perché scrive?", lo scrittore Luigi Malerba ha risposto "Per capire quello che penso." Sono d'accordo. Mettendomi in pensione dall'insegnamento pensavo che avrei ridotto il mio impegno a leggere e scrivere. Invece, con il passare del tempo, ormai da più di dieci anni, scopro che la mia attività sia di lettura che di scrittura è andata sempre più aumentando. Non solo in italiano, ma anche in altre lingue. Nessuna meraviglia per questo se si considera che ho sempre avuto questa passione e ho insegnato lingua e letteratura inglese per circa quaranta anni. Il fatto è che da quando appena lasciai la cattedra ed ebbi l'opportunità di conseguire un diploma in "Online Learning and Teaching" all' "Institute of Education" dell'Università di Londra, con l'avvento della Rete e dei siti sociali, la mia visione del mondo e il modo con il quale si può interagire con esso è radicalmente mutato.

Le classiche abilità di apprendimento linguistico: ascoltare, parlare, leggere e scrivere, sono venute man mano a sublimarsi, per così dire, specialmente con l'ausilio della moderna tecnologia. I nuovi media hanno provocato una esaltazione della comunicazione. Quelle antiche abilità si sono diversificate, modificate tanto da diventare da patrimonio comune culturale generale. In passato erano riservate a pochi eletti o a ristrette elites sociali e culturali, patrimonio individuale, personalizzabile di singoli. Oggi non basta più ascoltare, si deve anche saper sentire, assistere, intervenire, intendere, partecipare. Parlare sta per articolare, esprimersi, comunicare, dire, asserire. Leggere è diventato capire, intendere, interpretare. Scrivere significa, comporre, comunicare, creare.

Questa esaltante diversificazione di ruoli e funzioni comunicativi di singoli e gruppi ha avuto nella esplosione della comunicazione audio-visiva la sua massima forza. Ascoltare per parlare, leggere per scrivere, creando nuove realtà fatte di suoni, colori e visioni reali ed immaginarie ha concorso, in maniera considerevole, a creare diverse forme di pensiero mai viste o pensate prima. Il cervello umano ha aumentato in breve tempo la sua capacità creativa e comunicativa mai come prima. Ecco perché oggi è sempre più vera e possibile l'idea che si possa scrivere per capire quello che si pensa. Le abilità linguistiche di base, per mezzo dei nuovi media, hanno generato una sorta di innalzamento, di esaltazione, una sublimazione mediatica, appunto, che ha un suo spirito partecipativo e che porta alla condivisione, alla elaborazione, alla migliore fruizione sia dei contenuti che delle forme.

Quando ci sediamo davanti al PC, quando digitiamo sul nostro cellulare, oppure creiamo un video, misceliamo dei suoni, manipoliamo una immagine, scarichiamo o trasferiamo un messaggio nelle forme più impensabili fino a pochi anni fa, non facciamo altro che comunicare ad altri quello che pensiamo, sollecitati dalla spinta a comunicare che ci offre il mezzo che ci troviamo ad usare. Può essere la penna, il pc, il cellulare, la video-camera, il microfono. In questo modo, anzi in tutti questi modi, con a disposizione tanti strumenti, siamo in grado di capire quello che pensiamo. Se non fossimo stati spinti a farlo non avremmo mai saputo quello che avevamo in mente. Quindi comunichiamo per comprendere quello che pensiamo. Senza comunicazione non ci sarebbe pensiero. A tutto questo, ovviamente, corrisponde un'altra faccia della medaglia che ci porta diritti diritti a quello che viene chiamato "eccesso di comunicazione". Ma questo è un altro discorso. Non è il caso di disturbare Babele che dorme ... ( )
  AntonioGallo | Nov 2, 2017 |
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