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Stabat Mater (2008)

di Tiziano Scarpa

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1549177,127 (2.98)4
© notte, l'orfanotrofio ©· immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una. Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la fitta grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine pi©£ assoluta. Ogni notte Cecilia si alza di nascosto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona pi©£ intima e pi©£ lontana, la madre che l'ha abbandonata. La musica per lei ©· un'abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Dall'alto del poggiolo sospeso in cui si trova relegata a suonare, pensa Io non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi la versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci. Cos©Ơ passa la vita all'Ospedale della Piet© di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilit© dell'arte eppure vivono rinchiuse, strette entro i limiti del decoro e della rigida suddivisione dei ruoli. Ma un giorno le cose cominciano a cambiare, prima impercettibilmente, poi con forza sempre pi©£ incontenibile, quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. © un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. Si chiama Antonio Vivaldi. Grazie al rapporto conflittuale con la sua musica, Cecilia trover© una sua strada nella vita, compiendo un gesto inaspettato di autonomia e insubordinazione.… (altro)
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Cecilia ha 16 anni ed è orfana. Abbandonata dalla madre alla nascita, è stata allevata nell'Ospitale della Pietà ed è diventata una provetta violinista. Siamo a Venezia, inizio Settecento, e Cecilia, per combattere l'angoscia che rende insonni le sue notti, immersa nel buio dell'immenso collegio, scrive. Scrive brevi pensieri, poche righe alla volta, su pezzi di carta da musica scartata, che poi nasconde. Scrive alla madre ("Signora Madre", così le si rivolge) che non ha mai conosciuto e che prova a immaginare, insegue il suo fantasma, dialoga con la sua morte (la "testa dai capelli di serpente"), scrive per sé stessa e per nessuno.

Scrive della sua solitudine e della sua infelicità. Scrive della sua vita confinata nell'Ospitale, tra le suore e le altre orfane. Racconta come a poco a poco si è resa conto della sua condizione di orfana e della sua condizione di donna, entrambe dolorose. Scrive della musica che le hanno insegnato e che suona in chiesa con le sue compagne, nascosta al mondo da una grata metallica. Fa osservazioni sulla sua situazione, sulla musica, sugli ascoltatori, su molte cose, osservazioni acute che per lo più tiene per sé stessa; a volte si smentisce, si contraddice o si pente ma certamente sa pensare con la sua testa.

Un giorno il maestro di musica Don Giulio, anziano, consunto, inaridito, viene sostituito da un giovane dalla chioma rossa: Don Antonio, e cioè nientemeno che Antonio Vivaldi, che inizia a dirigere le ragazze e sconvolge il modo di fare musica che è sempre stato loro impartito. E Cecilia, che sa suonare alla perfezione, diventa la sua prediletta, con un esito traumatico, e la fuga dal collegio: una conclusione brusca come un taglio (del cordone ombelicale? forse per Cecilia la vita nell'Ospitale è stata la vera gravidanza, e la fuga il vero parto).

Un testo fatto di frammenti, con motivi che ricompaiono continuamente come echi e riprese, che si fronteggiano in contrasti e dissonanze: il buio e la luce; il restar dentro e il tener dentro, e il tirar fuori o il buttar fuori o il partorire; il femminile e il maschile; l'esser madre e l'esser figlia; il corporeo e l'incorporeo; l'acqua e il sangue. E la presenza della morte che si riaffaccia continuamente.

Ma non mi ha del tutto convinto. Alcune situazioni sono un po' improbabili, è scritto in un italiano un po' troppo corrente, è ambientato nel passato ma non ha il sapore del passato, il personaggio Antonio Vivaldi è alquanto anonimo, e la conclusione mi è sembrata poco credibile. Insomma, poteva riuscire meglio. ( )
  Oct326 | Mar 31, 2024 |
le prime 60 pagine sono noiose, poi la storia inizia a farsi interessante e il libro finisce...
si tratta di un divertissement sviluppato sulla passione che Tiziano Scarpa ha per Antonio Vivaldi. In effetti -purtroppo- la parte migliore sono le note finali con bibliografia e discografia consigliata. Per un libro notevole sulla forza della musica leggete il libro raccomandato sopra di Robert Schneider ( )
  supersidvicious | Aug 4, 2010 |
Questo libro mi lascia un pò perplessa. L'idea narrativa è originale ed interessante ma la realizzazione non è all'altezza dell'idea. Il racconto si spiega in frasi brevi, intervallate anche graficamente, a voler quasi assurgere a forma poetica e/o musicale.
Ambientato nel 700 narra di una ragazza sedicenne abbandonata dalla madre e ricoverata nell'Ospitale della Pietà in Venezia ove viene educata alla musica ed in particolare al suono del violino, senza mai comunicare con il mondo esterno. In quell'istituzione Antonio Vivaldi a lungo lavorò facendo eseguire per l'appunto dalle ragazze che vi erano ospitate le sue composizioni. La protagonista vive il dramma dell'abbandono da parte della madre e tutta la prima parte della narrazione è incentrata sulla mancanza della madre e perciò anche della propria identità in un dialogo angosciante oltre che con la madre ignota anche con la morte, dialogo accompagnato da incubi in cui la nascita è associata alla defecazione e la morte in forma di testa di Medusa appare quasi rassicurante. L'incontro con Vivaldi è risolutivo, trovando la ragazza nella musica il senso profondo della propria esistenza che le consente infine di fuggir per mare. Fuggire anche da chi, Vivaldi per l'appunto, aveva intuito il suo talento musicale ma le aveva proposto di rimanere nell'ombra, priva di identità, ad eseguire le sue musiche. ( )
1 vota IoAnnalisa | Oct 21, 2009 |
Tiziano Scarpa con il suo Stabat mater fa parte dei 12 per lo Strega e scommetto sul suo inserimento nella cinquina. Prosa poetica la sua, di un’intensità costante e ricca di evocazioni esistenziali. L’uomo (in questo caso Cecilia, l’orfanella di 16 anni) che si confronta con il (non)senso della vita e con la morte. L’angoscia è protagonista assoluta della narrazione, solo un po’ addolcita dalla potente possibilità espressiva della musica (qui quella di Vivaldi). ( )
  gianoulinetti | May 19, 2009 |
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Nome dell'autoreRuoloTipo di autoreOpera?Stato
Tiziano Scarpaautore primariotutte le edizionicalcolato
Whiteside, ShaunTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato

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Titolo canonico
Titolo originale
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Personaggi
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Epigrafe
Dedica
Incipit
Signora Madre, è notte fonda, mi sono alzata e sono venuta qui a scrivervi. Tanto per cambiare, anche questa notte l'angoscia mi ha presa d'assalto.
Citazioni
Ogni parola che scrivo è soltanto un altro modo per dire il vostro nome, il nome che non conosco. Anche se scrivo cielo, terra, musica, dolore, io sto scrivendo sempre e soltanto mamma.
Noi suoniamo dall'alto, sospese, sui poggioli di fianco alle due pareti della chiesa, a qualche metro da terra, perché la musica pesa, cade giù. Le versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci.
— Non credere di farmela un'altra volta, — ha detto il sacerdote. — Questa è la stonatura di chi vuole imitare una stonatura. Proprio come l'altro giorno, quando vi ho fatto l'esame. È il modo mediocre di suonare che soltanto chi sa suonare alla perfezione riesce a fingere.
Ti farò suonare le cose più inebrianti, scuoterai le fondamenta delle anime, quel punto dove la nostra persona si scioglie in qualcosa che coincide con i brividi del cosmo.
Ultime parole
(Click per vedere. Attenzione: può contenere anticipazioni.)
Nota di disambiguazione
Redattore editoriale
Elogi
Lingua originale
DDC/MDS Canonico
LCC canonico

Risorse esterne che parlano di questo libro

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© notte, l'orfanotrofio ©· immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una. Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la fitta grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine pi©£ assoluta. Ogni notte Cecilia si alza di nascosto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona pi©£ intima e pi©£ lontana, la madre che l'ha abbandonata. La musica per lei ©· un'abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Dall'alto del poggiolo sospeso in cui si trova relegata a suonare, pensa Io non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi la versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci. Cos©Ơ passa la vita all'Ospedale della Piet© di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilit© dell'arte eppure vivono rinchiuse, strette entro i limiti del decoro e della rigida suddivisione dei ruoli. Ma un giorno le cose cominciano a cambiare, prima impercettibilmente, poi con forza sempre pi©£ incontenibile, quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. © un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. Si chiama Antonio Vivaldi. Grazie al rapporto conflittuale con la sua musica, Cecilia trover© una sua strada nella vita, compiendo un gesto inaspettato di autonomia e insubordinazione.

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