È il 1570 e il buio sta calando sul Santa Caterina a Ferrara. Come ogni sera, la sorella guardiana fa il giro dei corridoi misurando lo scorrere del tempo fino a mattutino. I singhiozzi della novizia appena arrivata si odono per tutto il convento. E stata ribattezzata Serafina e avrà quindici o sedici anni. Appartiene a un'illustre famiglia milanese. Il padre ha ubbidito a un comportamento diventato legge nell'Europa della seconda metà del sedicesimo secolo, in cui le doti si sono fatte così dispendiose da costringere l'aristocrazia a maritare una sola figlia e a spedire le altre in convento.

Un romanzo che affronta la storia rinascimentale da un punto di vista particolare, quello dei conventi di clausura: quasi metà delle donne italiane a quei tempi prendevano il velo, costrette dalle famiglie o dal bisogno. Cosa avveniva dietro quelle mura? L'autrice prova a darne una sua intepretazione e devo dire che riesce piuttosto bene a costruire un'atmosfera in cui convivono spiritualità e mondanità; ogni suora è anche una donna, con le sue aspirazioni e i suoi drammi privati. Anche il contesto storico è interessante: siamo all'inizio della controriforma, le restrizioni previste dal concilio di Trento cominciano a far sentire la loro severità e il fanatismo religioso prende sempre più piede.
Lo stile poi è scorrevole: sono più di quattrocento pagine, ma non pesano affatto.
Eppure, qualcosa che non va c'è: è come se mancasse il focus. E' un libro che vuole essere un po' di tutto, senza riuscire ad approfondire nulla. Un po' storico, un po' romanzo d'ambiente e perfino un pizzico di suspense, ma mai abbastanza convincente in nessuno di questi ambiti. Si va avanti a leggere aspettando quella svolta che dia senso al romanzo, ma non arriva mai e alla fine resta l' insoddisfazione di non aver capito dove volesse andare a parare.
Tirando le somme, con un' ambientazione così originale si poteva fare molto ma molto di più. ( )