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Nel paese della persuasione (2006)

di George Saunders

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1,1003418,358 (3.88)37
From the #1 New York Times bestselling author of the Man Booker Prize-winning novel Lincoln in the Bardo and the story collection Tenth of December, a 2013 National Book Award Finalist for Fiction. Talking candy bars, baby geniuses, disappointed mothers, castrated dogs, interned teenagers, and moral fables--all in this hilarious and heartbreaking collection from an author hailed as the heir to Kurt Vonnegut and Thomas Pynchon.   "The first thing you ought to know is that Saunders is the funniest writer in America... [But] Saunders's laughs are a cover, a diversion, beneath which reside some profoundly serious intentions regarding the morality of how we live and hte power of love and immanent death to transform us into vastly better creatures... I can't think of another writer who would try to do what Saunders is doing, or anything close to it. This is an important book."--The Nation "Saunders is a hilarious, wicked, and pitch-perfect satirist of our times, of course, but for a satirist he has a whole lot of heart."--Esquire… (altro)
  1. 10
    Lightning Rods di Helen DeWitt (zhejw)
    zhejw: Both skewer life in corporate America and the language and thought that rise out of it.
  2. 00
    a dio spiacendo di Shalom Auslander (brianjungwi)
  3. 00
    The Girl on the Fridge: Stories di Etgar Keret (brianjungwi)
  4. 00
    Man V. Nature: Stories di Diane Cook (keywestnan)
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Assurdismo capitalista
Se c’è una cosa della letteratura statunitense che mi ha sempre affascinato, è che molto spesso gli scrittori più profondi e riconosciuti della nazione hanno dato una grande importanza al tema della critica al proprio stile di vita e al cosiddetto “sogno americano”. Oggigiorno, dove anche in Europa la critica alla mentalità statunitense è all’ordine del giorno, la cosa non dovrebbe certo stupire più di tanto.

E, se da una parte questo fenomeno dell’autocritica ci fa piacere, perché ci fa capire che non tutti gli statunitensi vivono in un film della Disney, dove però soffre chi è fuori dai riflettori, non possiamo sempre avere il lusso di sentirci diversi e superiori, nonostante la mancanza di alcuni problemi tipicamente statunitensi.

E le motivazioni sono molte, un docente di storia o di economia potrebbe fare una grande disamina di quanto gli Stati Uniti ci abbiano influenzati nel corso del tempo, ma ciò su cui mi interessava porre l’accento è la prospettiva che questa grande raccolta di racconti, pubblicata nel 2006, ci porta.

In questa piccola raccolta di frecciatine verso la patria, quest’ultima svolge quasi il ruolo di essere un po’ l’archetipo, l’estremizzazione di un sistema socio-economico, di fenomeni mediatici e persino estetici che agiscono anche nel resto del mondo, come si può evincere dalle brevi introduzioni ai quattro blocchi di racconti, che sembrano un po’ dei pezzi di un discorso politico a titolo “manuale per la nuova nazione”, che non pone come soggetto gli Stati Uniti e di conseguenza potrebbe alludere ad ogni luogo. In altre parole, c’è una dialettica singolare-universale che potenzia lo spettro della critica di George Saunders.

Tra di loro, i racconti differiscono molto nei generi. Alcuni, come “Natale” e “le Polacche” sono realistici e legati alla vita quotidiana, altri sono sovrannaturali, come l’omonimo “Nel Paese della Persuasione”, altri ancora come “Parlo anche io!” e “Jon” sono a tema fantascientifico. Nonostante questo apparente ecletticismo, la raccolta stupisce per la sua grande coesione, risultando un’eccellente lezione su come racconti di generi diversi possano sembrare molto simili tra di loro anche più di racconti di generi simili, fintanto che ci siano in comune un certo approccio e alcuni messaggi di fondo.

Le fantasie di Saunders sono in prevalenza caricaturali e legate ai prodotti industriali, attraverso cui vuole mostrare l’alienazione a cui porta il capitalismo. L’approccio non è però reattivo e rivoluzionario alla maniera Marxista, ma è di caricatura satirica, in una sorta di pop art in chiave letteraria. Il metodo di Saunders è infatti quello di replicare, come in un filtro deformante, gli stilemi e l’estetica del capitalismo, anche nello stile di scrittura, dove riesce a rendere semplicità e sperimentazione sinonimi.

Per fare degli esempi, “Parlo anche io!” è un racconto epistolare, dove il narratore è un impiegato di un marchio che vende un’invenzione che permette ad un neonato di simulare la parlata di un adulto, in modo da evitare balbettii e disturbi, ma disumanizzando il bambino e rendendolo un mero oggetto di divertimento anche per il contrasto tra un parlare forbito e i movimenti irrealistici del viso con la natura del pupo. Si tratta di uno dei racconti più surreali e comici della raccolta e si caratterizza non solo per la trovata buffa e di livello domestico (dopotutto un’invenzione del genere non suona grandiosa e non risolve grandi problematiche, a differenza della norma fantascientifica), ma per il linguaggio del racconto, che vuole imitare la parlata carismatica e falsamente appassionata che caratterizza le pubblicità e l’approccio dei venditori.

E’ ne “Il mio estroso nipotino” che figura una frase perfetta un po’ a riassumere tutto il messaggio della raccolta e del suo titolo stesso: “L’America, per me, dovrebbe essere un vocio continuo, un sacco di voci che strillano, quasi sempre cose sbagliate, anche assurde a volte, ma per favore, non una voce monotona che t’incanta parlando in modo ragionevole”.

“Jon” ci mostra una sorta di distopia edonista, dove è possibile modificare in linea temporanea lo stato d’animo per fuggire dal dolore e indurre un artefatto stato di gioia (traducendo in chiave letterale ed estremizzata le esigenze che molti tossici hanno quando, nella vita reale, si drogano). E’ la divergenza tra chi è affetto dalla droga e chi è lucido a mostrarci l'altro lato della medaglia di una simile condizione. A livello stilistico e strutturale, il racconto eccelle anche per la sovrabbondanza di product placement, numeri e formalismi da ufficio, che aumentano l’effetto alienante del racconto, che nell’ultima parte arriva a toccare tematiche a-la Philip K. Dick.

Ma è probabilmente l’omonimo racconto: “Nel paese della persuasione” il vero capolavoro della raccolta e il vertice del suo assurdismo e della sua genialità. Qui siamo in una sorta di “multiverso pubblicitario”, dove tanti personaggi e prodotti viventi (come nonne, barrette, arance, orsi, pacchetti di Doritos) vengono costretti a ricreare continuamente le scenette pubblicitarie e un personaggio finisce per acquisire coscienza delle dinamiche manipolative del proprio mondo. Anche lo stile qui si fa semplice, quasi privo di descrizioni e con ripetizioni cadenzate come in una favola, risultando quindi perfetto sia per la coerenza forma-contenuto che per la ripresa e manipolazione dell’immaginario commerciale e popolare, nonché per la scelta pungente e grottesca di creare un doppio livello di alienazione tra il nostro mondo e un piano di realtà che non esiste.

Ma, d’altra parte, Saunders non si limita a mostrarci le derive del capitalismo, ma compie anche discorsi di critica alla mentalità contemporanea comune, cosa che si vede soprattutto nei racconti realistici come “il mio emendamento”: uno dei racconti più comici e pungenti della raccolta dove il narratore fittizio crea il concetto di “para-omosessualità” per definire e punire i comportamenti al di fuori degli stereotipi di genere che potrebbero, secondo il narratore, rappresentare un desiderio omosessuale represso, come il non avere un comportamento volitivo per i maschi o l’essere “maschiacci” per le femmine e crea un sistema per misurare il tasso di para-omosessualità delle persone e agire in ambito civile sui legami delle coppie e sulla rieducazione. In questo racconto, Saunders adopera una critica non per invettiva personale ma per antitesi, immedesimandosi nel soggetto della critica, ovvero il narratore che nell’esplicare la sua teoria così estrema risulta auto-evidente nella sua assurdità e nella sua esagerazione, suscitando il riso e allo stesso tempo la riflessione sull’argomento dei ruoli che la società contemporanea richiede in noi.

In conclusione, molte delle tematiche trattate in questa raccolta sono, per molti aspetti, diventate più attuali oggi che nel 2006 e anche per questo si tratta di uno dei libri più belli e unici del nuovo millennio, una raccolta lungimirante che, sebbene talvolta altalenante (come spesso succede nelle antologie, ma anche nei momenti morti e di transizione dei romanzi), resta un capolavoro della narrativa breve che sicuramente ricorderemo in futuro. ( )
  Dreamweaver99 | Aug 2, 2022 |
Since his stories first appeared, George Saunders has been one of our most enjoyable writers. But the arrival of his latest collection, In Persuasion Nation, signals a new anxiety in his work, a painful concern about the violent distractions of our post-9/11 entertainment state. These misgivings have driven him to eschew the satisfactions of his previous fiction, in favor of more challenging experiments.
 
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From the #1 New York Times bestselling author of the Man Booker Prize-winning novel Lincoln in the Bardo and the story collection Tenth of December, a 2013 National Book Award Finalist for Fiction. Talking candy bars, baby geniuses, disappointed mothers, castrated dogs, interned teenagers, and moral fables--all in this hilarious and heartbreaking collection from an author hailed as the heir to Kurt Vonnegut and Thomas Pynchon.   "The first thing you ought to know is that Saunders is the funniest writer in America... [But] Saunders's laughs are a cover, a diversion, beneath which reside some profoundly serious intentions regarding the morality of how we live and hte power of love and immanent death to transform us into vastly better creatures... I can't think of another writer who would try to do what Saunders is doing, or anything close to it. This is an important book."--The Nation "Saunders is a hilarious, wicked, and pitch-perfect satirist of our times, of course, but for a satirist he has a whole lot of heart."--Esquire

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