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Sto caricando le informazioni... Inherent Vicedi Thomas Pynchon
Books Read in 2021 (2,049) » 4 altro Sto caricando le informazioni...
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A volte non sembra neanche un libro di Pynchon, anche se è vero che possiamo trovarci: personaggi a bizzeffe con la tendenza a sparire per pagine su pagine e poi ritornare a sorpresa; le droghe che scorrono a fiumi, a parte eroina e cocaina un po’ in ombra le altre – che siano naturali o sintetiche – sono dispiegate in varia qualità e notevole quantità; una band di surf-music con membri intercambiabili e ugualmente fulminati che però pare non suonare mai; una sorta di Spectre le cui tracce saltano fuori inquietanti un po’ ovunque, contribuendo ad alimentare un’immancabile paranoia; persino l’immagine di un presidente degli Stati Uniti che, da una riproduzione ingrandita di un nichelino, inizia a dialogare col protagonista. Però l’andamento è lineare – per quanto possa esserlo un noir, la cui struttura è, per definizione, caratterizzata dal moltiplicarsi dei doppifondi – e anche la scrittura scorre veloce e senza particolari intoppi: del resto, la sintassi dei testi fondativi del genere è scarna e anche in questo aspetto si può scorgere il divertito omaggio dell’autore. Non manca neppure l’ambientazione losangelina, anche se la città della California è ritratta al tramonto dell’Estate dell’Amore, poco dopo i delitti della Famiglia di Manson, impegnata a fare i conti con l’assedio portato da smog e inquinamento. In essa si aggira il detective privato Doc Sportello, che ben presto si ritrova a seguire una traccia che prende le mosse con un piccolo omicidio e si va allargando, lambendo ambiti insospettabili (altro classico mica male): per farlo, il nostro rimbalza tra le mille figure di cui sopra come una pallina da flipper e riesce a procedere grazie a una combinazione variabile di doti investigative e di casualità. Di suo, il protagonista ci mette una confidenza con gli stupefacenti che lo lasciano in vari stadi di alterazione psichica: l’altro grande tema che caratterizza il romanzo è difatti l’elegia di un mondo hippy che sta ormai finendo, mentre sullo sfondo si profila la rigida figura di Ronald Reagan. Tra spinelli, sesso e lunghi viaggi da una parte all’altra della metropoli (oltre che una puntata a Las Vegas), Doc riesce in ogni caso a sbrogliare pian piano la matassa, rifuggendo la parte del vaso di coccio destinato a fracassarsi tra Dipartimento di Polizia (e i suoi poco raccomandabili contatti), federali e Spectre suddetta, la multiforme Golden Fang. Ovvero Zanna d’Oro, che si materializza vampiresca nei trip cattivi di Doc a testimoniare che Pynchon i nomi non li distribuisce mai a caso (fra i tanti, il mio preferito resta comunque ‘Eddie del piano di sotto’), come pure gli infiniti rimandi e citazioni: la versione ‘light’ dello scrittore di Glen Cove risulta non meno divertente e stimolante di quella presente nelle sue opere più complesse. ( )
Both shorter and easier to read than any of Pynchon’s previous novels apart from The Crying of Lot 49, Inherent Vice gives the impression of having been easier to write, too. It’s less than three years since Against the Day was published, compared to the 17 that passed between Gravity’s Rainbow and Vineland. That may be one reason why, characteristically hilarious and thought-provoking though it is, Inherent Vice lacks much of the menace and the passion of its predecessors. Inherent Vice once again delivers the trademark rollicking with-it-ness of an author who doesn’t create fantasy worlds so much as show us our own world at its most fantastic. This time, however, it’s mostly for fun, a high-five for those who were there then, a glimpse into the groove of it all for those who otherwise can only daydream while sampling what Burbank hath bequeathed, whether Adam-12 re-runs, or those Warners/Reprise samplers on used vinyl. Inherent Vice is by far the least puzzling Pynchon book to enter our airspace: a goof on the Los Angeles noir, starring a chronically stoned PI with a psychedelic wardrobe and a hankering for pizza. At fewer than four hundred pages, it’s also the shortest Pynchon novel to appear since Vineland (1990); you could almost recommend it to your book club, or to your kids, if they still read books. Ultimately – perhaps regrettably – Inherent Vice is a wash. Depending on your angle, it’s either a breezy Something that looks like an airy Nothing, or vice versa. In his zany new novel, Inherent Vice, Pynchon goes to the Golden State again, tunneling back to the early 1970s, to paint a nostalgic portrait of a fictional beach town north of LA. Here, the counterculture has lost out to the forces of control, governmental power and, well, sobriety. Ha l'adattamentoHa ispiratoMenzioniElenchi di rilievo
Reluctantly investigating a kidnapping threat against his ex-girlfriend's billionaire beau, Doc Sportello tackles a bizarre tangle of nefarious characters before stumbling on a mysterious entity that may actually be a tax shelter for a dental group. Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
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