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Sto caricando le informazioni... Le particelle elementaridi Michel Houellebecq
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35 livres cultes à lire au moins une fois dans sa vie Quels sont les romans qu'il faut avoir lu absolument ? Un livre culte qui transcende, fait réfléchir, frissonner, rire ou pleurer… La littérature est indéniablement créatrice d’émotions. Si vous êtes adeptes des classiques, ces titres devraient vous plaire. De temps en temps, il n'y a vraiment rien de mieux que de se poser devant un bon bouquin, et d'oublier un instant le monde réel. Mais si vous êtes une grosse lectrice ou un gros lecteur, et que vous avez épuisé le stock de votre bibliothèque personnelle, laissez-vous tenter par ces quelques classiques de la littérature. Trotzdem sind die "Elementarteilchen" kein nihilistisches Buch, denn sie enthalten auch eine positive Utopie. Und die liegt - hier ist Houellebecq wertkonservativ im besten Sinne des Wortes - in der Moral und in der Liebe. Wenn es schon im sechsten Kapitel des ersten Teils heißt, es "ließe sich behaupten, daß eine Gesellschaft, die von den reinen Prinzipien der universellen Moral geleitet wird, ebenso lange besteht wie die Welt", dann wird der Vision des geklonten Menschen eine Existenzform gegenübergestellt, der man sich zumindest annähern kann. Diese positive Utopie ist auch anderen Episoden des Romans eingeschrieben, nicht zuletzt den beiden Liebesgeschichten, die gerade durch ihre Unzulänglichkeiten so ergreifen. Noch hat die "Kampfzone" sich nicht in alle Bereiche menschlichen Lebens ausgeweitet: "Mitten in der großen natürlichen Barbarei ist es den Menschen manchmal (wenn auch selten) gelungen, kleine, warme, von der Liebe besonnte Plätze zu schaffen. Kleine, abgekapselte reservierte Bereiche, in denen Intersubjektivität und Liebe herrschten." Appartiene alle Collane EditorialiPremi e riconoscimentiMenzioniElenchi di rilievo
Michel Djerzinski e Bruno Clément sono fratellastri e sembrano essere accomunati unicamente dall’abbandono della madre. Michel è uno scienziato dedito alla biologia molecolare e vicino al Nobel. Un uomo che ha dedicato la sua esistenza agli studi scientifici che lo hanno portato all’isolamento e all’impermeabilità a qualunque emozione. Il suo sogno è riuscire a clonare gli esseri umani così da poter garantire a essi una vita perfetta. Bruno è un uomo di lettere, fa l’insegnante, è attirato dal sesso in modo morboso, ed è costretto dalla malattia a entrare e uscire dalle cliniche psichiatriche. Sia la morbosità patologica di Bruno sia l’asettica razionalità di Michel sono il risultato dell’ambiente che li circonda: un mondo fatto di solitudini e dominato dal caso in cui i desideri sembrano scaturire dagli spot pubblicitari. Nella descrizione di questo quadro apocalittico, nell’aridità di questa umanità scarnificata si intravedono scenari futuri dai risvolti inquietanti. Uno sguardo disincantato sul corpo agonizzante della civiltà occidentale che ricorda scrittori d’oltreoceano come DeLillo, Carver, D.F. Wallace e T.C. Boyle. Un libro spietato, intenso, bello ed estremo. Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
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Google Books — Sto caricando le informazioni... GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)813Literature English (North America) American fictionClassificazione LCVotoMedia:
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Protagonista non è il solito randagio, ma un uomo ben inserito nella società, sia esso un umanista o uno scienziato. Anzi, è proprio l'inesorabile omologazione a dargli la nausea e a deprimerlo.
E' un uomo colto, intelligente, perfettamente in grado di analizzare lucidamente la condizione umana, e che ha ben chiara l'origine della scandalosa oscenità della società che lo circonda, totalmente votata al consumismo più sfrenato in qualsiasi campo.
Nell'immediato, sono stati i ribelli del '68, hippie, new age, devoti al sesso libero, alla meditazione, al progresso scientifico a scoprirsi umani troppo umani per fare i supereroi ma incapaci di ammetterlo. Di fronte al fallimento hanno preferito coprire il vuoto di valori con la menzogna; davanti al crollo delle speranze si sono girati da un'altra parte, decisi a dichiarare raggiunta la felicità anche a costo di averla dovuta inventare.
E questa verità, sbattuta in faccia al lettore, dà fastidio perché è il pantano da cui non riusciamo ad uscire. Ma H. non fa sconti a nessuno e fa scorrere, in mezzo alla narrazione, delle scene documentaristiche sul comportamento animale (umano) che, volendo scomodare Greenaway ne “Lo zoo di venere”, mostrano 1) come l'ambizione onnipotente dell'uomo di dominare la natura attraverso la scienza - umana e quindi imperfetta - sia fallimentare 2) e che nelle loro gabbie, alcuni esseri umani che si sentono inadeguati, cercano di sopravvivere alienandosi attraverso il cinismo, l'apatia, l'indifferenza, in un tentativo estremo di annientare il desiderio, e le sofferenze connesse, organizzandone l'immediata soddisfazione.
Trovo che quello di H. sia un onesto nichilismo di chi prova vergogna (“vergogniamoci per loro” era una stupenda rubrica di Cuore per esempio) e di chi denuncia con forza che il re è nudo.
Naturalmente dietro c'è tanto bisogno di amore, come in ognuno di noi, ma anche qui per vederlo bisogna liberarsi dai pregiudizi.
Dato che la proposta di H. per il futuro è un po' insoddisfacente, ho pensato ad un alternativo finale borgesiano
Ho paura di una sola cosa: l'eventualità di non morire. Il calcolo delle probabilità ci dice naturalmente che siamo destinati a morire. Ma potrebbe anche essere che nella nostra epoca sia nata una generazione di immortali. Noi quindi potremmo essere non so se dire degli eletti o dei dannati. In ogni caso, non vedo la mia morte come un avvenimento drammatico, piuttosto come una speranza. Come il personaggio di Stevenson, anch'io ho un tesoro nascosto, la morte. Se qui le cose non vanno troppo bene, andranno meglio altrove. O forse sarebbe anche meglio che altrove non ci fosse proprio nulla. Mi ritroverei annientato. Il che sarebbe perfetto.
dal documentario Borges, i giorni e le notti, fine anni '60