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NICCOL#65533; MACHIAVELLI (1469-1527) nacque a Firenze. La sua carriera negli uffici cominci#65533; nel 1494, l#65533;anno in cui ebbe principio il governo di Gerolamo Savonarola. Entr#65533; segretario nella seconda Cancelleria del Comune, e dopo alcun tempo fu segretario dei Dieci di Libert#65533; e Balia. La Repubblica gli affid#65533; incarichi vari, inviandolo al papa, all#65533;imperatore, a Caterina Sforza, a Cesare Borgia e tre volte al re di Francia.Nel setembre del 1512, tornati i Medici a Firenze, il Machiavelli perdette l#65533;ufficio e fu confinato per un anno. Poi, sotto l#65533;acusa di aver partecipato alla congiura del Boscoli contro i Medici, fu posto in prigione e subi la tortura. "Il Principe"(1513). La politica ha la sua morale guerriera e il Machiavelli porta al estremo il suo principio della necessit#65533; del male, capovolgendo i termini stessi del bene e del male e dichiarando che la piet#65533; del principe pu#65533; essere invece un delito contro lo stato.… (altro)
2below: Each one is fascinating in its own right but I think reading both (or reading them concurrently, as I did) provides an interesting perspective on two seemingly opposed extremes.
timoroso: Guicciardini, a friend and colleague of Machiavelli, wrote a book of maxims sometimes profound in themselves, other times interesting to compare to Machiavelli's opinions. The subject matter for both is essentially the same: how to act in a politically and ethically thoroughly unstable world.… (altro)
MeisterPfriem: Münkler discusses and places Machiavelli in the context of the political and economic realities facing Florence in the second half of the 15th century as well as within the intellectual history of political thought from Antiquity and Medieval ages. This is an immensely thorough work. Published in 1982 it takes into consideration all important relevant literature .… (altro)
Il sorriso, il riso e il sogghigno sono espressioni graduate e diversificate di stati d'animo con i quali gli uomini osservano la realtà e con essa interagiscono. Quella che ci troviamo a vivere nel mondo d'oggi è certamente una realtà molto diversa da quella che gli uomini hanno vissuto in passato. Essa cambia naturalmente di momento in momento. Le cose non accadono mai allo stesso modo. Ma è certamente mutata la maniera con la quale ci confrontiamo con essa. Restano alcuni momenti e sentimenti che gli uomini condividono da quando vengono al mondo, indipendentemente da dove si trovano o in quale epoca sono vissuti.
Ad una certa età le cose del mondo dovrebbero vedersi in maniera distaccata e disincantata. Possibilmente senza rancore, odio e cattiveria perchè ormai gran parte dei giochi si sono giocati. Si sono conosciute persone ed eventi, ognuno è stato personaggio ed interprete sul palcoscenico della vita. Se “una certa età” è quella che si è formata col susseguirsi di diversi decenni vissuti con un piede in un millennio ed un secolo nuovi e un altro in quelli precedenti, se si sono visti molti e variegati avvenimenti scorrere sotto gli occhi: papi e presidenti, governi e parlamenti, deputati e senatori, guerre e rivoluzioni, illusioni e delusioni, vittorie e sconfitte, disastri e conquiste, allora si dovrebbe avere la capacità di osservare e vivere la realtà del presente, e degli anni che ci restano da vivere, con quello stato d’animo che caratterizza la prima condizione a cui ho accennato all’inizio: il sorriso.
Ed invece, così non accade sia per chi ha “una certa età”, sia per chi si trova nella “mezza età” e, più grave ancora, chi è “giovane”. Come si fa a definire un sorriso? Forse soltanto accompagnando questa parola con aggettivi, di quelli più in uso per descrivere la significativa modifica dell’aspetto e dell’atteggiamento del viso. Quest’ultimo, mai come in questo caso, è l’espressione dichiarata dello stato d’animo della persona che decide di sorridere. Sorriso leggiadro, grazioso, gentile, dolce, amorevole, pietoso, malinconico, mesto, materno, affettuoso, complice. Il sorriso può essere del cielo, della natura, della vita, della primavera, della bellezza, della giovinezza, della fortuna. Insomma uno stato d’animo quasi sempre positivo, gioioso, creativo. Il riso, invece, comporta una modificazione fisica accentuata del volto, molto più forte del sorriso. Può essere mesto, triste, di compassione, di odio, di sprezzo, di sdegno, di rabbia, canzonatorio, sardonico, maligno, mefistofelico, smodato, rumoroso, sguaiato, sgangherato.
Avrete notato il forte aumento nella gradualità rispetto al sorriso. Chi ride decide di dare un giudizio, sceglie una morale da assegnare, quasi sempre negativa, un colpevole da designare, una condanna da emettere. Il cammino porta inevitabilmente a quello che è il terzo grado di giudizio decisamente inappellabile: il sogghigno. La beffa, la provocazione e la malignità caratterizzano il sogghigno. Chi sceglie questo stato d’animo sa che va allo scontro. Ha deciso di dare battaglia e nulla potrà fermarlo. E’ ben sicuro della propria superiorità non solo morale, ma anche culturale, sociale e politica. A questa persona non interessa il dialogo, il dibattito, la discussione. Ciò che conta è la distruzione dell’avversario, la vittoria su di lui ad ogni costo, il suo annientamento morale, spirituale, politico. Spesso si arriva anche alla eliminazione fisica dell’avversario che non ha via di scampo.
Perchè ho voluto parlare di queste tre condizioni della mente, che ho definito “stati d’animo”, è presto detto. In questi giorni mi sono riletto la biografia di Niccolò Machiavelli di Maurizio Viroli, intitolata “Il sorriso di Machiavelli”, pubblicata diversi anni fa da Laterza. Leggendo le vicende del grande Fiorentino ho avuto modo di capire quanto sia importante, arrivati ad un certo punto dell’esistenza e della propria esperienza vissuta, saper guardare gli eventi con distacco e disincanto, con un lievemente accennato sorriso. Lo stesso sorriso che si legge sul ritratto che appare sulla copertina del libro. Non ha nulla di ambiguo, inquietante, spregiudicato, subdolo. Insomma di… machiavellico. E’ piuttosto il sorriso di chi, con questo discreto atteggiamento del volto, era vissuto guardando, osservando e vivendo le vicende degli uomini, del mondo e del suo Paese in particolare.
Un sorriso che “rispondeva alle miserie della vita per non lasciarsi vincere dalla pena, dallo sdegno e dalla malinconia, e per non dare agli uomini e alla fortuna la soddisfazione crudele di vederlo piangere. Il suo sorriso era non solo il suo modo di difendersi dalla vita. Era anche il suo modo di immergersi in essa. Nel suo sorriso c’era quell’amore della libertà e dell’uguaglianza civile che fu sempre fortissimo in lui, perchè è solo fra liberi e uguali, non con i padroni nè con i servi, che si può davvero ridere. E c’era sopratutto un profondo e sincero senso di carità, quella carità che gli faceva amare la varietà del mondo ed era il suo amore per la patria, quella carità benigna, che “non ha invidia, non è perversa, non insuperbisce, non è ambiziosa, non cerca il suo proprio commodo, non si sdegna, non pensa il male, non si rallegra di quello, non gode delle vanità, tutto patisce, tutto crede, tutto spera”, come scrive nell’Esortazione.
Queste parole, che Machiavelli fa sue, sono l’ultima chiave per capire, forse la bellezza del suo sorriso e della sua saggezza di vivere”. Con queste bellissime parole Maurizio Viroli conclude la biografia del grande Fiorentino. Senza dubbio uno dei più grandi Italiani di tutti i tempi. Il grande teatro della politica del suo tempo ha insegnato ben poco ai suoi compatrioti di oggi a distanza di tanti anni. Nessuno in questo Bel Paese è disposto ad imparare dalla Storia. Solo e sempre idee di smodata ed infinita ambizione, invidie piccole e grandi, tempeste provocate e prevedibili, vere e presunte tragedie, la vita come farsa e commedia, aggressioni fisiche e giudiziarie, bizantinismi, moralismi, interessi personali e di gruppo. Firenze e l’Italia di allora si ritrovano e si rinnovano nell’Italia di oggi.
E’ vero, mancano le impiccagioni, il sangue nelle piazze, le esecuzioni pubbliche, i roghi e gli eserciti invasori. Tutto è più sofisticato, subdolo, strisciante, colorato, virtuale e subliminale, in grado di essere recepito, accettato e fatto proprio dall’individuo e dalla massa, in maniera inconscia. Sempre in nome della libertà, una parola usata, questa volta sì, con “ipocrito sorriso”. Non si sa più sorridere con leggerezza, accettazione, distacco, con la volontà di capire anche le ragioni dell’altro, di venirgli incontro, di offrire e trovare convergenze. Si preferisce ridere smoderatamente, applaudire all’unanimità, con crudele sarcasmo, demolire con la satira distruttiva che non fa sconti e non costruisce, sgretola gratuitamente, sovverte demonizzando. Pronti a passare al sogghigno che prelude allo scoppio dell’applauso distruttivo finale, segna l’uscita di scena dell’avversario, stanato e fatto colpevole, pronto allo scherno pubblico, al lancio della monetina, al disprezzo popolare. L’antica gogna, il decisivo rogo, questa volta mediatico. Io, per difendermi e sopravvivere, ho deciso di sorridere prima di me stesso e poi degli altri e del mondo. Ho scelto per questo post Niccolò e vi assicuro di essere stato in buona compagnia.
(Questa recensione l'ho scritta nel mio blog e porta la data 24 febbraio 2012) ( )
Letto anche questo per capire il perchè della definizione di "machiavellico", e del famoso detto "il fine giustifica i mezzi", soltanto che... questo Niccolò Machiavelli NON L'HA MAI DETTO!!!!! sta cosa qui se la sono inventata a posteriori. Il buon Niccolò si limitò a, per così dire, codificare un certo modo di fare politica nella turbolenta Italia dei mille staterelli, prendendo atto e mettendo su carta nient'altro che quello che era consuetudine per quei tempi, facendosi anche dei nemici per questo, cosa che capita ancora oggi, con i dovuti raffronti, se si fa notare a qualcuno che certi sistemi per conquistare il potere e poi restarci aggrappato non sono eticamente corretti. Morale, non ricordare mai a una vipera di essere soltanto un serpente velenoso. Ciao Niccolò... ( )
Credo sia la prima volta che mi capita di leggere un "classico italiano" tradotto e son pentito di non averlo fatto prima. Il Principe di Macchiavelli "tradotto" da Piero Melograni si legge tutto d'un fiato, non presenta difficoltà linguistiche di sorta (e puoi sempre controllare l'originale sulla sinistra se lo ritieni) e ti fa pensare che edizioni simili sono molto, ma molto meglio di un testo originale zeppo di dotte note, che rendono la lettura improba se non impossibile... veramente una grande idea! ( )
Kad je reč o umešnosti vladanja, ovo nezaobilazno delo bilo je i ostalo neprevaziđeno. Postalo je pojam!
Delo nastalo na velikom raskršću istorije, kada se odlučno odbacuje srednjovekovno metafizičko učenje i usvajaju empirički metodi razmišljanja, predstavlja ujedno fascinantno svedočanstvo razlaza između mita i realnosti, između vere i sumnje. Ovaj biser renesansne političke misli karakteriše realistično posmatranje političkih događaja i visoke moralne pobude koje su inspirisale autora. Vladalac je samo prividno apoteoza tiranina i kodeks pravila za ubijanje, čitav traktat o vladaocu svodi se na to da se u Italiji pronađe čovek koji će je ujediniti. Život i delo ovog poznatog firentinca obeležavaju kao teoretičara o osnivanju i održavanju država.
Dati dalle informazioni generali inglesi.Modifica per tradurlo nella tua lingua.
Niccolo Machiavelli to Lorenzo the Magnificent, Son of Piero di Medici
Incipit
Dati dalle informazioni generali inglesi.Modifica per tradurlo nella tua lingua.
All the states, all the dominions under whose authority men have lived in the past and live now have been and are either republics or principalities.
It is customary for those who wish to gain the favour of a prince to endeavour to do so by offering him gifts of those things which they hold most precious, or in which they know him to take especial delight.
Citazioni
Ultime parole
Dati dalle informazioni generali inglesi.Modifica per tradurlo nella tua lingua.
Valour against fell wrath Will take up arms; and be the combat quickly sped! For, sure, the ancient worth, That in Italians stirs the heart, is not yet dead.
NICCOL#65533; MACHIAVELLI (1469-1527) nacque a Firenze. La sua carriera negli uffici cominci#65533; nel 1494, l#65533;anno in cui ebbe principio il governo di Gerolamo Savonarola. Entr#65533; segretario nella seconda Cancelleria del Comune, e dopo alcun tempo fu segretario dei Dieci di Libert#65533; e Balia. La Repubblica gli affid#65533; incarichi vari, inviandolo al papa, all#65533;imperatore, a Caterina Sforza, a Cesare Borgia e tre volte al re di Francia.Nel setembre del 1512, tornati i Medici a Firenze, il Machiavelli perdette l#65533;ufficio e fu confinato per un anno. Poi, sotto l#65533;acusa di aver partecipato alla congiura del Boscoli contro i Medici, fu posto in prigione e subi la tortura. "Il Principe"(1513). La politica ha la sua morale guerriera e il Machiavelli porta al estremo il suo principio della necessit#65533; del male, capovolgendo i termini stessi del bene e del male e dichiarando che la piet#65533; del principe pu#65533; essere invece un delito contro lo stato.
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Descrizione del libro
Niccolò di Bernardo dei Machiavelli nacque a Firenze il 3 maggio del 1469. Terzo figlio dei guelfi Bernardo e Bartolomea Nelli, iniziò a studiare latino quando aveva sette anni. In seguito si dedicò anche allo studio di altre discipline, tra cui la grammatica, la matematica e l’aritmetica. Fin da giovane nutrì un forte interesse per la politica, passione che lo portò a ricoprire la carica di segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica Fiorentina, intrattenendo rapporti diplomatici con la Francia e con altri paesi stranieri e svolgendo un ruolo fondamentale nella vita politica fiorentina di quel periodo. Mantenne l’incarico fino al 1512, quando i Medici rientrarono a Firenze. Esiliato dal mondo politico, Machiavelli si dedicò alla scrittura. In questo periodo iniziò “Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio” e scrisse quella che divenne la sua opera più conosciuta, il “De principatibus”, divenuto successivamente noto con il titolo “Il Principe”. Nonostante i numerosi tentativi di rientrare a svolgere un ruolo attivo nella politica fiorentina, tutti i suoi sforzi risultarono vani. Storico, drammaturgo, filosofo, e uno dei maggiori teorici della politica italiani di tutti i tempi, Niccolò Machiavelli morì a Firenze il 21 giugno del 1527. (piopas)
Ad una certa età le cose del mondo dovrebbero vedersi in maniera distaccata e disincantata. Possibilmente senza rancore, odio e cattiveria perchè ormai gran parte dei giochi si sono giocati. Si sono conosciute persone ed eventi, ognuno è stato personaggio ed interprete sul palcoscenico della vita. Se “una certa età” è quella che si è formata col susseguirsi di diversi decenni vissuti con un piede in un millennio ed un secolo nuovi e un altro in quelli precedenti, se si sono visti molti e variegati avvenimenti scorrere sotto gli occhi: papi e presidenti, governi e parlamenti, deputati e senatori, guerre e rivoluzioni, illusioni e delusioni, vittorie e sconfitte, disastri e conquiste, allora si dovrebbe avere la capacità di osservare e vivere la realtà del presente, e degli anni che ci restano da vivere, con quello stato d’animo che caratterizza la prima condizione a cui ho accennato all’inizio: il sorriso.
Ed invece, così non accade sia per chi ha “una certa età”, sia per chi si trova nella “mezza età” e, più grave ancora, chi è “giovane”. Come si fa a definire un sorriso? Forse soltanto accompagnando questa parola con aggettivi, di quelli più in uso per descrivere la significativa modifica dell’aspetto e dell’atteggiamento del viso. Quest’ultimo, mai come in questo caso, è l’espressione dichiarata dello stato d’animo della persona che decide di sorridere. Sorriso leggiadro, grazioso, gentile, dolce, amorevole, pietoso, malinconico, mesto, materno, affettuoso, complice. Il sorriso può essere del cielo, della natura, della vita, della primavera, della bellezza, della giovinezza, della fortuna. Insomma uno stato d’animo quasi sempre positivo, gioioso, creativo. Il riso, invece, comporta una modificazione fisica accentuata del volto, molto più forte del sorriso. Può essere mesto, triste, di compassione, di odio, di sprezzo, di sdegno, di rabbia, canzonatorio, sardonico, maligno, mefistofelico, smodato, rumoroso, sguaiato, sgangherato.
Avrete notato il forte aumento nella gradualità rispetto al sorriso. Chi ride decide di dare un giudizio, sceglie una morale da assegnare, quasi sempre negativa, un colpevole da designare, una condanna da emettere. Il cammino porta inevitabilmente a quello che è il terzo grado di giudizio decisamente inappellabile: il sogghigno. La beffa, la provocazione e la malignità caratterizzano il sogghigno. Chi sceglie questo stato d’animo sa che va allo scontro. Ha deciso di dare battaglia e nulla potrà fermarlo. E’ ben sicuro della propria superiorità non solo morale, ma anche culturale, sociale e politica. A questa persona non interessa il dialogo, il dibattito, la discussione. Ciò che conta è la distruzione dell’avversario, la vittoria su di lui ad ogni costo, il suo annientamento morale, spirituale, politico. Spesso si arriva anche alla eliminazione fisica dell’avversario che non ha via di scampo.
Perchè ho voluto parlare di queste tre condizioni della mente, che ho definito “stati d’animo”, è presto detto. In questi giorni mi sono riletto la biografia di Niccolò Machiavelli di Maurizio Viroli, intitolata “Il sorriso di Machiavelli”, pubblicata diversi anni fa da Laterza. Leggendo le vicende del grande Fiorentino ho avuto modo di capire quanto sia importante, arrivati ad un certo punto dell’esistenza e della propria esperienza vissuta, saper guardare gli eventi con distacco e disincanto, con un lievemente accennato sorriso. Lo stesso sorriso che si legge sul ritratto che appare sulla copertina del libro. Non ha nulla di ambiguo, inquietante, spregiudicato, subdolo. Insomma di… machiavellico. E’ piuttosto il sorriso di chi, con questo discreto atteggiamento del volto, era vissuto guardando, osservando e vivendo le vicende degli uomini, del mondo e del suo Paese in particolare.
Un sorriso che “rispondeva alle miserie della vita per non lasciarsi vincere dalla pena, dallo sdegno e dalla malinconia, e per non dare agli uomini e alla fortuna la soddisfazione crudele di vederlo piangere. Il suo sorriso era non solo il suo modo di difendersi dalla vita. Era anche il suo modo di immergersi in essa. Nel suo sorriso c’era quell’amore della libertà e dell’uguaglianza civile che fu sempre fortissimo in lui, perchè è solo fra liberi e uguali, non con i padroni nè con i servi, che si può davvero ridere. E c’era sopratutto un profondo e sincero senso di carità, quella carità che gli faceva amare la varietà del mondo ed era il suo amore per la patria, quella carità benigna, che “non ha invidia, non è perversa, non insuperbisce, non è ambiziosa, non cerca il suo proprio commodo, non si sdegna, non pensa il male, non si rallegra di quello, non gode delle vanità, tutto patisce, tutto crede, tutto spera”, come scrive nell’Esortazione.
Queste parole, che Machiavelli fa sue, sono l’ultima chiave per capire, forse la bellezza del suo sorriso e della sua saggezza di vivere”. Con queste bellissime parole Maurizio Viroli conclude la biografia del grande Fiorentino. Senza dubbio uno dei più grandi Italiani di tutti i tempi. Il grande teatro della politica del suo tempo ha insegnato ben poco ai suoi compatrioti di oggi a distanza di tanti anni. Nessuno in questo Bel Paese è disposto ad imparare dalla Storia. Solo e sempre idee di smodata ed infinita ambizione, invidie piccole e grandi, tempeste provocate e prevedibili, vere e presunte tragedie, la vita come farsa e commedia, aggressioni fisiche e giudiziarie, bizantinismi, moralismi, interessi personali e di gruppo. Firenze e l’Italia di allora si ritrovano e si rinnovano nell’Italia di oggi.
E’ vero, mancano le impiccagioni, il sangue nelle piazze, le esecuzioni pubbliche, i roghi e gli eserciti invasori. Tutto è più sofisticato, subdolo, strisciante, colorato, virtuale e subliminale, in grado di essere recepito, accettato e fatto proprio dall’individuo e dalla massa, in maniera inconscia. Sempre in nome della libertà, una parola usata, questa volta sì, con “ipocrito sorriso”. Non si sa più sorridere con leggerezza, accettazione, distacco, con la volontà di capire anche le ragioni dell’altro, di venirgli incontro, di offrire e trovare convergenze. Si preferisce ridere smoderatamente, applaudire all’unanimità, con crudele sarcasmo, demolire con la satira distruttiva che non fa sconti e non costruisce, sgretola gratuitamente, sovverte demonizzando. Pronti a passare al sogghigno che prelude allo scoppio dell’applauso distruttivo finale, segna l’uscita di scena dell’avversario, stanato e fatto colpevole, pronto allo scherno pubblico, al lancio della monetina, al disprezzo popolare. L’antica gogna, il decisivo rogo, questa volta mediatico. Io, per difendermi e sopravvivere, ho deciso di sorridere prima di me stesso e poi degli altri e del mondo. Ho scelto per questo post Niccolò e vi assicuro di essere stato in buona compagnia.
(Questa recensione l'ho scritta nel mio blog e porta la data 24 febbraio 2012) ( )