Nel 1961 Moravia in compagnia di Pasolini e della moglie Elsa Morante affronta l'India, un paese che allora assai faticosamente tentava il riscatto sociale. L'occasione fu data da un convegno organizzato per il centenario della nascita del poeta Tagore. Moravia e Pasolini rimasero in India un mese e mezzo, un lasso di tempo che consentì di cogliere un' idea abbastanza autentica del paese. Nel reportage quel che colpisce non è tanto l'attenzione ai paesaggi, né le annotazioni topiche, ma la capacità di cogliere l'immensità e la complessità del paese. L'India travolge chi la visita tanto da far dire allo scrittore "Ci si va sempre per la prima volta. O per l’ultima" La tragica indigenza del paese, il peso delle superstizioni, le aberrazioni sociali vengono descritte con la determinazione del giornalista.
Moravia è viaggiatore laico che evita di cadere nelle trappole della commiserazione dinanzi alla miseria e alla sofferenza,
a differenza di Pasolini che costruisce la sua idea dell'India sui sensi e sull'osservazione dei dettagli, dei palpiti, dei più piccoli frammenti empirici, filtrandola intimamente.
E alla fine Moravia scriverà giustamente che "l’idea dell’India esiste, ma non si può raccontare nel modo in cui ti aspetti: non ha formula, non ha definizione, non si riduce ad una mera descrizione". Ciò vale assolutamente per qualsiasi esperienza di viaggio, ma soprattutto per l'India.