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Sto caricando le informazioni... L'incubo di Hill House (1959)di Shirley Jackson
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Francamente mi aspettavo di più da questo libro. Molto belle le atmosfere iniziali, ma poi di fatto non accade nulla. Finale scontato Il difficile discrimine tra fenomeni paranormali e disturbi mentali. Un buon horror, un classico del genere, sufficientemente datato per essere privo di splatterume vario, che qualche ansia me l'ha trasmessa. Ovviamente c'è molto di inspiegato e alla fine ciò è irritante: quel paio di cosette che ti aspetti che qualcuno ti chiarisca, senza nulla togliere al mistero di fondo, ma che, ahimè, nessuno fa Dell'autrice avevo già letto "Abbiamo sempre vissuto nel castello" quindi ho deciso di fare un bis; un buon classicone che si situa nella zona grigia di connessione tra il presunto paranormale e i disturbi mentali, Non sapremo mai se è la casa infestata a catturare le menti deboli o se sono le menti deboli a catturare le case. un po' di rabbia per quanto c'è di non spiegato, quanto meno nei termini di tempi e opportunità ma tutto sommato una lettura piacevole (con pure qualche pennellata umoristica) Era da molto tempo che non mi capitava di esere talmente assorbita da un libro da non riuscire a smettere di leggere, ma questo horror fatto tutto di suggestioni è riuscito a coinvolgermi in un modo che non mi aspettavo: infatti l'inizio è lento, ma l'inquietudine cresce pian piano, in noi come nei protagonisti, e pagina dopo pagina la tensione si fa palpabile. La forza del romanzo sta nel fatto che perfino le situazioni più banali si trasformano sotto i nostri occhi in teatrini grotteschi dove niente è come sembra: a spaventarci non sono i mostri, ma il terrore strisciante che deriva dall'incertezza; è una vicenda giocata sul filo dell'ambiguità e dei non detti, fino all'inevitabile conclusione che solleva più domande di quante non ne risolva. [SPOILER] Eleanor è impazzita per la tensione o è stata posseduta dalla casa? E se fosse lei fin dall'inizio il fantasma di Hill House? [FINE SPOILER] La Jackson si conferma un'ottima scrittrice, in grado di scandagliare l'animo umano per creare personaggi profondamente disturbati ma allo stesso tempo verosimili. Lo stile poi è raffinatissimo, ogni parola calibrata sapientemente per creare un'atmosfera carica di angoscia. L'unica pecca è anche stavolta il finale, un po' troppo "tranquillo" e non all'altezza delle aspettative costruite fino a quel momento. Resta comunque un libro molto valido, un horror fuori dai soliti canoni che può piacere anche a chi non ama il genere, come me. Appartiene alle Collane EditorialiÈ contenuto inHa l'adattamentoÈ riassunto inHa come guida per lo studente
Fiction.
Horror.
HTML: The Haunting Four seekers have come to the ugly, abandoned old mansion: Dr. Montague, an occult scholar looking for solid evidence of the psychic phenomenon called haunting; Theodara, his lovely and lighthearted assistant; Eleanor, the lonely, homeless girl well acquainted with poltergeists; and Luke, the adventurous future heir of Hill House. At first, their stay seems destined to be merely a spooky encounter with inexplicable noises and self-closing doors, but Hill House is gathering its powers and will soon choose one of them to make its own. .Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
Copertine popolari
![]() GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)813.54Literature English (North America) American fiction 20th Century 1945-1999Classificazione LCVotoMedia:![]()
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Se dovessi consigliare un libro horror a qualcuno che non apprezza il filone ma che ha dimestichezza con i classici “non di genere”, l’Incubo di Hill House, pubblicato nel 1959, è sicuramente uno dei più papabili. Uno dei motivi è esemplificabile in maniera sintetica da un’epigrafe che Stephen King dedicò alla scrittrice, che considerava un modello: «in ricordo di Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce».
Ci sono tanti tipi di idiosincrasie verso l’horror: c’è chi si spaventa e odia la stessa sensazione di spaventarsi, chi invece lo considera frivolo e poco utile all’arricchimento personale o chi lo considera troppo pieno di stereotipi per cui l’incubo di Hill House è, a parer mio, un libro adatto a compensare molte di queste idiosincrasie proprio perché non sono le urla, gli omicidi e i mostri i suoi punti di forza.
Non è un horror adrenalinico, basato sull’azione e sulla trama, ma è un libro lento, perlomeno in relazione al suo moderato numero di pagine, dove a contare sono le sensazioni dei protagonisti e la loro psicologia. Se presa da sola, la seguente trama può addirittura dare l’impressione che il libro sia già visto e prevedibile: la protagonista, che si chiama Eleanor Vance, viene invitata a vivere per qualche settimana in una casa semi-abbandonata insieme ad altri tre ragazzi da un antropologo che vuole studiare i fenomeni paranormali (o perlomeno la percezione che si ha di essi).
Leggendolo si vedrà presto che è attraverso l’originale sfruttamento dell’idea preliminare che la scrittrice statunitense dimostra grande maestria, per tanti motivi: come la dimensione che è stata data all’abitazione, denominata Hill House che non è un semplice ponte tra il mondo della veglia e l’aldilà ma è, sostanzialmente, la protagonista assoluta, che in quanto tale viene analizzata su più piani: 1) quello puramente fisico, visto che è stata progettata per avere angoli irregolari ma difficilmente percepibili come tali senza attenzione, in questo modo la pianta dà un’illusione di ordine che riesce comunque a creare confusione e quindi a suggestionare i residenti, 2) quello “antropomorfizzante”: lo stesso fatto che la casa sia considerata intrinsecamente malvagia e che sia un presunto ricettacolo di fantasmi si deve alla risonanza degli animi di coloro che l’hanno abitata.
E’ principalmente Eleanor Vance ad interpretare la casa perché, malgrado consideri Hill House una pessima abitazione, ha comunque uno strano legame con essa, con opinioni contrastanti. Il protagonismo dell’edificio e il suo legame profondo con i personaggi sono temi che si possono vedere anche in un altro dei libri più celebrati della Jackson: Abbiamo Sempre Vissuto nel Castello, una peculiarità narrativa che potremmo attribuire anche alla biografia di Shirley Jackson, discendente di una famiglia che da più generazioni era composta da architetti.
Tornando al discorso iniziale sul genere, il romanzo si basa sulla creazione di un continuo senso di attesa che si dipana con irregolari zig zag tra quiete e tensione, evitando schemi troppo ripetuti per fare in modo che colpisca quando deve colpire, senza che il trucco si possa evincere facilmente dalla struttura. Malgrado io abbia detto che consiglierei l'incubo di Hill House a chi non ama il genere, il romanzo non è un horror “diluito” per adattarsi coscientemente a più fasce di pubblico, ma resta un romanzo non facile se letto con l’atteggiamento di chi vuole intrattenimento puro, di chi vuole avere risposte certe alle svariate domande che vengono poste nel libro. L'incubo di Hill House sfrutta le tematiche del genere in maniera più raffinata del solito e capace di raggiungere risultati simili attraverso la mancanza del macabro e della violenza che vengono compensate con la rappresentazione di stati d’animo, ossessioni e presunte apparizioni.
Per questi motivi, il mood dell’incubo di Hill House non si può percepire nella stessa maniera quando si decide di focalizzarsi su alcuni passaggi decontestualizzati senza collocarli nella sequenzialità di una lettura estensiva e questo lo differenzia ulteriormente da altri horror dove basta inquadrare le scene di omicidio o di terrore per riprovare quelle sensazioni, anche se la lettura estensiva fornisce sempre un quadro più completo. Il romanzo di Shirley Jackson gode certamente di frasi ad effetto, di brani dove la Jackson sfodera la sua squisita ironia e dissertazioni interessanti di per sé che sono anche tante, ma l’atmosfera si coglie e apprezza attraverso i non detti e il flusso tra le scene umoristiche o tenere con le scene più inquietanti, tra i momenti di solitudine e i momenti corali, tra i passaggi descrittivi e i dialoghi. In altre parole, non è la somma delle parti che compongono il testo a creare quel senso di incertezza, di attesa, di inquietudine e di disagio, ma è prima di tutto il rapporto dinamico tra i vari frangenti del libro a plasmare la splendida atmosfera gotica che riesce ad essere penetrante nonostante non sia immediatamente percepibile. (